Euro digitale e Blockchain: prospettive e perplessità

di LUCIA SENESI **

129212509_2808687932699380_3031781839382305903_nLo scorso 12 ottobre la Banca centrale europea ha lanciato una consultazione pubblica per decidere se emettere una propria valuta digitale (Central Bank Digital Currency, in acronimo CBDC), progetto lanciato circa un anno fa e che prevederebbe la creazione di una moneta elettronica da introdurre nei 19 paesi che utilizzano l’euro. La decisione in merito, stando a quanto dichiarato da Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, sarà presa già all’inizio del prossimo anno. L’euro digitale sarebbe, dunque, una moneta virtuale parallela alle banconote, con corso legale e garantito dalla Banca centrale europea. Tale progetto integrerebbe il contante ma non lo sostituirebbe. La vera novità risiederebbe nel fatto che si tratterebbe di una valuta digitale accessibile a tutti; infatti già gran parte del denaro che viene emesso dalle banche centrali, attraverso le operazioni di credito all’ingrosso con le controparti, è digitale. Lo scopo sarebbe quello di rendere più veloci i pagamenti e più semplice il tracciamento e il contenimento dei reati finanziari. La Banca centrale europea, infatti, vuole che la moneta unica sia idonea ad affrontare le sfide del futuro, mirando all’obiettivo di contrastare l’avanzamento delle altre valute digitali, tanto delle criptovalute (le quali, a seguito della crisi dovuta alla diffusione del covid-19, hanno registrato un notevole aumento di popolarità), quanto quello delle altre monete di stato digitali. Il funzionamento dell’euro digitale sarebbe ancorato all’utilizzo della blockchain, proprio come le criptovalute, però il sistema sarebbe implementato e controllato centralmente.

La blockchain è una tecnologia nata nel 2009, dietro le criptovalute, il cui meccanismo di funzionamento è molto complesso. La si potrebbe definire, secondo la descrizione del fenomeno pubblicata da parte del sole 24ore, un registro digitale. Essa contiene una struttura dati condivisa e garantita crittograficamente. Gli utilizzi, quindi, sono gli stessi di un registro. Essendo un registro digitale, però, differisce dal cartaceo, in quanto ha una struttura decentralizzata e permette di fare a meno di intermediari, ovviamente con un notevole abbassamento dei costi. Viene utilizzata per registrare informazioni verificabili.

Il professor Emanuele Borgonovo dell’università Bocconi ha dichiarato nella propria intervista, concessa al sito web di informazione Business Insider, che con le criptovalute c’è un problema di riciclaggio perché si riesce più facilmente a nascondere le identità di coloro che mettono denaro nel sistema. Le criptovalute non sono in grado di proteggere i detentori, in quanto manca un quadro normativo affidabile riconducibile ad esse. Nel proprio sito ufficiale la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa), autorità preposta alla tutela dei risparmiatori, nella sezione dedicata alle criptovalute, puntualizza l’impossibilità di attuare un’efficace tutela, tanto legale quanto contrattuale. Si segnala che l’Unione europea sta cercando di regolamentare le criptovalute, giungendo a una precisa definizione delle stesse e con l’intento di fornire certezza giuridica. È, infatti, recentemente trapelata in rete una bozza del disegno di legge volto alla regolamentazione delle criptovalute a livello europeo, il MICA (Europe’s Markets in Crypto-Assets) che difficilmente, però, entrerà in vigore prima del 2022.

Con una valuta digitale centralizzata la privacy di chi ne fa uso viene conservata (seppur l’identità è nota alla Banca centrale europea) e le transazioni sono pulite. Tuttavia, il professor Borgonovo ha puntualizzato che la politica in merito all’utilizzo di una moneta centrale digitalizzata non è ancora chiara, per cui, il valore di essa potrebbe essere ancorato tanto al valore degli euro, quanto potrebbe seguire il valore degli scambi. Il fondamento giuridico andrà a dipendere dallo scopo per il quale l’euro digitale prenderà forma. È però supponibile che la Banca centrale europea scelga di ancorarne il valore a quello dell’euro, così da contrapporre la propria valuta digitale alle altre criptovalute. L’euro digitale, infatti, non subirebbe le oscillazioni legate all’utilizzo della blockchain. Inoltre, essendo posto che l’euro digitale sarebbe emesso dalla Banca centrale europea, la liability resterebbe in capo alla stessa e quindi sarebbe garantita l’attuazione di un’efficace tutela.

Il progetto ha destato molto interesse e si attendono i nuovi sviluppi, a quanto pare imminenti, a riguardo. Non mancano, però, scetticismi e perplessità da parte di chi evidenzia la presenza di alcune complicanze in merito. Si nota, infatti, che l’euro digitale sarebbe emesso da una Banca centrale ed è quindi una “contraddizione in termini” supporre di legarne il funzionamento all’utilizzo della blockchain, la cui fondamentale caratteristica è proprio quella della decentralizzazione. Inoltre, l’utilizzo dei computer per gestire la blockchain comporterebbe elevati costi. Non mancherebbero, poi, conseguenze sull’impatto energetico che sarebbero dovute all’elevato consumo per le transazioni. Un’ulteriore considerazione che interessa specialmente alcuni degli stati membri dell’Unione europea, tra i quali il nostro, è come non si sembri tener conto della probabilità che un eventuale successo dell’euro digitale possa portare a una penalizzazione delle banche locali, i depositi alle quali diminuirebbero sensibilmente, con la conseguenza di renderle impossibilitate alla concessione di prestiti. Si avrebbe, dunque, un impatto devastante sulle piccole e medie realtà imprenditoriali locali. In alternativa, per continuare a concedere prestiti, le banche locali potrebbero attuare dei meccanismi che, difatti, le metterebbero in competizione con la politica della Banca centrale europea. Si troverebbero, altrimenti, costrette a chiedere prestiti alla Banca centrale europea (che li concede in cambio di esigenti garanzie), ovvero a ricorrere al mercato dei capitali, prospettiva altrettanto poco rassicurante. Non è, inoltre, certo che il successo dell’euro digitale scongiuri la diffusione delle altre monete digitali, soprattutto delle criptovalute, alle quali, si è cercato di sottolineare sopra nell’articolo, l’Euro digitale, per natura e caratteristiche, non sarebbe sostituibile.

A onor del vero, a modesto parere di chi scrive, occorre sottolineare che nella nostra nazione il contante è ancora molto utilizzato, principalmente per 2 motivi: l’elevato costo delle transazioni e la garanzia dell’anonimato, elemento di fondamentale interesse per coloro che commettono illeciti legati al flusso di denaro. Ciò porterebbe, in parte e sempre a modesto parere di chi scrive, a sperare di poter ridimensionare le prospettive apocalittiche di cui sopra, almeno con riferimento al credito alle nostre piccole realtà locali.

SITOGRAFIA:

 

 

**ARTICOLO SELEZIONATO COME VINCITORE  DELLA CATEGORIA “DIRITTO ED ECONOMIA” del progetto di Law Review realizzato in collaborazione tra Associazione Culturale Fatto&Diritto e ELSA Macerata

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