Fisco e scuola: i benefici fiscali legati alle spese per l’istruzione

COFFEE LEX CI SPIEGA COME RISPARMIARE SULLE SPESE PER L’ISTRUZIONE DEI FIGLI

di dott.ssa Anna Maria Marini (dottore commercialista)

UnknownSettembre è ormai alle porte, e ogni famiglia comincia a pianificare le spese che dovranno essere sostenute nella prossima stagione, non per ultime quelle legate alla “formazione”(nel senso più ampio del termine) dei ragazzi, dai più piccini ai più grandi, che ormai coprono una fetta sempre più rilevante del nostro budget.

E’ tempo allora di pensare alle spese per l’asilo nido, per la scuola (di ogni stato e grado), e per gli studenti universitari che hanno scelto di frequentare corsi o master in università fuori dal proprio comune di domicilio è anche tempo di pensare all’alloggio.

Ritengo allora che possa essere utile guardare anche agli aspetti fiscali e in particolare ai benefici che possono essere legati a talune tipologie di spese, in primis per esserne consapevoli, secondo poi per non farsi trovare impreparati in merito alla documentazione necessaria al loro riconoscimento e che dovrà essere prodotta in occasione della elaborazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2013 (indicativamente da aprile 2014).

In particolare in questa sede ci occupiamo dei seguenti aspetti:

– detrazione per spese asili nido;

– detrazione per spese di istruzione;

– detrazione per canoni di locazione sostenute da studenti universitari fuori sede.

Una premessa mi sembra doverosa, ovvero chiarire brevemente cosa significa che una determinata spesa è fiscalmente detraibile, perché così risulterà molto più semplice comprendere che tipo di beneficio possiamo aspettarci in occasione della liquidazione dell’Irpef.

In particolare, la detrazione fiscale si contrappone alla deduzione fiscale, anche se spesso i due termini vengono utilizzati come sinonimi, ed è la legge a stabilire se una determinata spesa è fiscalmente detraibile o deducibile.

Parliamo di spesa o onere fiscalmente deducibile, quando la legge o provvedimento ad essa equiparato, riconosce al contribuente la possibilità di sottrarla, per intero o quota parte, dal suo reddito complessivo. Quindi il contribuente liquiderà l’imposta su un reddito “al netto” di tali spese ed il beneficio che può trarne in termini di risparmio di imposta sarà pari alla sua aliquota marginale Irpef applicata all’importo della spesa dedotta. Un esempio ci aiuterà a capire. Ipotizziamo un reddito complessivo di Euro 18.000 e una spesa deducibile di Euro 1.000. Il contribuente calcolerà l’Irpef su un reddito netto di euro 17.000 e conseguirà un risparmio di imposta di Euro 270 pari al 27% (aliquota marginale in questo caso) di Euro 1.000.

Parliamo invece di spesa o onere fiscalmente detraibile, quando il contribuente ha la possibilità di sottrarre quella spesa o quota parte di essa dall’imposta lorda calcolata sul suo reddito complessivo. Anche qui un esempio ci aiuterà a comprendere meglio.

Riprendiamo le stesse cifre dell’esempio precedente, e quindi un contribuente con un reddito complessivo di euro 18.000 e una spesa di Euro 1.000 detraibile in misura pari la 19% (che è la % media di detrazione attualmente prevista nel nostro ordinamento). L’Irpef lorda dovuta dal contribuente sarebbe pari ad Euro 4.260 a cui va sottratta la detrazione di euro 190 che rappresenta quindi anche l’entità del risparmio conseguito.

In entrambi i casi, sia che si tratti di spesa detraibile che deducibile, come sopra specificate, l’onere normalmente in se e per se non da diritto a rimborso d’imposta; questo significa che se il contribuente non ha reddito o non ha reddito capiente oppure non ha imposta o non ha imposta capiente a coprire le deduzioni o le detrazioni queste non genereranno un credito nei confronti dello stato.

Le spese di cui parlerò di seguito, sono tutte spese che danno diritto ad una detrazione fiscale, nella misura pari al 19% del loro ammontare e a seconda dei casi entro limiti di alcune franchigie prestabilite e che vedremo.

  1. Detrazione per spese di frequenza asili nido

La detrazione connessa alla frequenza di asili nido è stata introdotta nel nostro ordinamento per la prima volta dall’art. 1, comma 335, della L.266/2005, e dopo una serie di proroghe è stata resa permanente nel sistema tributario per effetto dell’art. 2, comma 6, della L. 203/2008.

In particolare, l’agevolazione prevista riguarda le spese sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, pubblici o privati, che sono detraibili per un importo complessivamente non superiore ad euro 632,00 annui per ogni figlio.

La detrazione spetta al genitore che ha il figlio fiscalmente a carico ed eventualmente ad entrambi i genitori se tale onere è ripartito; in questo secondo caso, in linea generale la detrazione spetta in misura pari al 50% ciascuno, ma può essere ripartita diversamente se la spesa è stata effettivamente pagata e quindi sostenuta con percentuali diverse, annotando in questo caso tale circostanza nel documento di spesa da conservare per la successiva eventuale esibizione agli uffici finanziari.

Merita menzione a mio avviso la risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 13/E del 9 maggio 2013, paragr.3.3.

In particolare, l’Agenzia chiarisce che ai fini della detrazione in esame, sono da considerarsi asili nido tutte“le strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi ed i tre anni e a sostenere le famiglie e i genitori (..) e che è possibile fruire della detrazione in relazione alle somme versate a qualsiasi asilo nido, sia pubblico che privato”.

Nello specifico l’Agenzia equipara alle spese sostenute per asili nido in senso stretto anche quelle sostenute per le cosiddette “sezioni Primavera” cioè quelle classi formate da bambini tra i 2 ed i 3 anni che vengono organizzate anche all’interno di scuole che non offrono il servizio di asilo nido ma solo di scuola d’infanzia.

Queste sezioni, infatti, sono state incentivate proprio dallo Statoper fare fronte alla crescente domanda di servizi educativi per i bambini al di sotto dei tre anni di età, ed istituite per effetto della legge 296 del 2006 che ha previsto l’attivazione di “progetti tesi all’ampliamento qualificato dell’offerta formativa rivolta a bambini dai 24 ai 36 mesi di età, anche mediante la realizzazione di iniziative sperimentali improntate a criteri di qualità pedagogica, flessibilità, rispondenza alle caratteristiche della specifica fascia di età”.

Su tali premesse l’Agenzia ha ritenuto doveroso una loro equiparazione anche ai fini del beneficio fiscale della detrazione.

  1. Detrazione per spese di istruzione

L’articolo 15 del TUIR riconosce al contribuente la possibilità di detrarre dall’Irpef lorda, come sopra chiarito, un importo pari al 19% delle spese sostenute per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali.

Sono pertanto riconosciute soltanto le spese strettamente legate alla frequenza del corso (retta pagata) e sono escluse quelle connesse all’acquisto di libri o altro materiale didattico seppur indispensabile per la frequenza del corso stesso.

Relativamente agli istituiti privati la norma specifica che l’agevolazione è ammessa ma nel limite di quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali.

Il dato letterale della norma di per se circoscrive il beneficio alle sole spese sostenute per la frequenza delle scuole superiori e le tasse universitarie.

Nel corso del tempo, tuttavia si sono susseguiti numerosi chiarimenti dell’amministrazione finanziaria, contenuti in documenti di prassi, che hanno permesso di individuare situazioni similari a cui può essere esteso il beneficio.

In particolare, l’amministrazione finanziaria ha avuto modo di chiarire che sono detraibili le spese sostenute per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca presso università così come le spese sostenute per i corsi rivolti ad ottenere l’abilitazione ad insegnare nelle scuole medie inferiori e superiori; sono altresì detraibili le spese sostenute per la partecipazione alle prove di accesso ai corsi universitari a numero chiuso che prevedono test di verifica della preparazione e le spese sostenute per i corsi di specializzazione frequentati da laureati a condizione che essi siano riconosciuti dall’ordinamento universitario.

Sono parimenti detraibili le spese sostenute per la frequenza di master universitari, se per durata e struttura dell’insegnamento sono assimilabili a corsi universitari di specializzazione e sono gestiti da istituiti universitari sia pubblici che privati.

Nell’era del telematico non poteva certo mancare la possibilità di detrarre le spese per corsi tenuti dalle università telematiche purché istituite e riconosciute con Decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Per quanto riguarda i corsi presso istituti o università straniere, le relative spese di frequenza (quindi esclusi vitto, alloggio e soggiorno) sono detraibili facendo riferimento alla spesa sostenuta per la frequenza di corsi equipollenti tenuti presso una università statale italiana più vicina al domicilio fiscale del contribuente e comunque considerando quale importo massimo detraibile quello calcolabile sulla spesa sostenibile frequentando l’analogo corso tenuto presso l’istituto italiano.

Come chiarito dalla circolare ministeriale n. 20 del 13/05/2011 (parg. 5.3.) sono detraibili anche le spese sostenute per l’iscrizione ai nuovi corsi istituiti ai sensi del DPR n. 212 del 2005 presso i Conservatori di Musica e gli Istituti musicali pareggiati; mentre le spese sostenute per l’iscrizione ai corsi di formazione relativi al precedente ordinamento possono essere detratte, in quanto equiparabili a quelle sostenute per la formazione scolastica secondaria.

Ritengo doverosa un osservazione; sono escluse dal beneficio le spese sostenute per la frequenza di corsi di preparazione istituiti dagli ordini professionali per il sostenimento dell’esame di abilitazione. Vista anche in questo caso l’obbligatorietà dell’esame da sostenere per accedere alla professione scelta, sarebbe accolta senz’altro positivamente una apertura dell’amministrazione finanziaria nel riconoscere quanto meno la detraibilità della spesa per la frequenza a corsi di preparazione, patrocinati dall’ordine di appartenenza ma tenuti e strutturati con il supporto dell’Università di riferimento.

Tute le spese sopra richiamate sono detraibili secondo il principio di cassa e quindi il beneficio è riconoscibile nel periodo d’imposta di effettivo sostenimento, spettano sia in proprio (studente lavoratore) sia se sostenute nell’interesse di familiare fiscalmente a carico (genitori).

Per quanto riguarda le tasse universitarie possono essere portate in detrazione anche se pagate per annualità c.d. “fuori corso”.

  1. Detrazione per canoni di locazione di studenti fuori sede

Il medesimo art. 15, comma 1, lett. i-sexies, del TUIR prevede una detrazione fiscale legata alle spese sostenute da studenti universitari iscritti ad un corso di laurea presso una Università situata in Comune diverso da quello di residenza. In particolare la detrazione è commisurata all’importo dei canoni di locazione pagati e derivanti da contratto stipulato o rinnovato ai sensi della L.431/1998.

Come specificato nelle istruzioni ministeriali di Unico, la detrazione spetta anche per i canoni relativi ai contratti di ospitalità e agli atti di assegnazione in godimento o locazione stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti ed enti senza fini di lucro o cooperative.

Per poter fruire della detrazione, l’Università deve essere ubicata in un Comune diverso da quello in cui lo studente ha la propria residenza e distante da questo almeno 100 Km e deve comunque trovarsi in una provincia diversa.

La detrazione è pari al 19% dei canoni effettivamente pagati nel periodo d’imposta da calcolare su un limite massimo di spesa di Euro 2.633 per ciascun periodo di imposta.

Del beneficio può usufruire sia lo studente in proprio (titolare di reddito e che ha sostenuto la spesa in autonomia) sia il/i genitori che hanno il/i figli fiscalmente a carico. In quest’ultimo caso il contratto di locazione può essere intestato anche al/i genitori.

Come chiarito di recente dall’Amministrazione Finanziaria il limite massimo di spesa su cui calcolare la detrazione e pari ad euro 2.633 si riferisce al singolo contribuente che beneficia della agevolazione; pertanto in caso di due figli studenti fuori sede e titolari di due distinti contratti di locazione entrambi fiscalmente a carico dei genitori il limite massimo di spesa di cui può fruire ciascun genitore sarà pari al 19% di Euro 2.633 (Circolare 20/2011 parag. 5.10).

Ritengo non superfluo ribadire che la detrazione spetta in relazione ai canoni effettivamente pagati e nel periodo di imposta in cui il pagamento è avvenuto pertanto sarà fondamentale conservare tanto il contratto stipulato quanto le ricevute che quietanzano il relativo pagamento o qualunque altro documento da cui emerge inequivocabilmente la causale del pagamento (es. bonifici bancari o postali).

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