COFFEE LEX: IL REDDITOMETRO “PRONTO” ALLA LINEA DI PARTENZA
di Dott.ssa Anna Maria Marini (Dottore Commercialista)
Ancona, 4 agosto 2013 – Negli ultimi tempi si è sentito spesso parlare di “redditometro”, sia da parte dell’Agenzia delle Entrate che ne ha fatto il fiore all’occhiello nella campagna mediatica della lotta al sommerso, sia nel mondo politico, durante l’ultima campagna elettorale, quando gli esponenti politici di ogni schieramento si sono mossi reciproche accuse circa la paternità del “nuovo” strumento di accertamento a disposizione degli Uffici Finanziari.
In pochi però si sono presi la briga di dire ai contribuenti “cosa” fare materialmente per mettersi al riparo da un improbabile ricostruzione del reddito loro attribuibile, a parte lo slogan “chi è in regola e ha pagato le tasse non ha nulla da temere”.
L’obiettivo di questo approfondimento non è quello di trovare o fornire soluzioni magiche ad un problematica di cui solo il tempo e l’esperienza pratica (i confronti con l’ufficio) potranno fornirci l’effettiva portata, quanto quello di offrire qualche elemento in più per capire cosa è il Redditometro e quali sono le possibili difese del contribuente in presenza di un accertamento basato su tale strumento.
Prima di tutto cerchiamo di capire cosa è il redditometro.
Il redditometro è un metodo di accertamento c.d. sintetico, alternativo a quello analitico, che per sua natura è applicabile esclusivamente alle persone fisiche e riguarda solo le imposte sui redditi, IRPEF e relative addizionali, escludendo pertanto l’Iva e l’Irap.
In termini molto semplicistici il redditometro permette all’amministrazione finanziaria di quantificare in capo al contribuente un maggior reddito, rispetto a quello dichiarato, sulla base di indici di ricchezza (individuati con appositi decreti ministeriali) che lasciano “presumere” una maggiore capacità reddituale.
In apertura ho parlato di nuovo strumento di accertamento, in realtà il redditometro è noto al nostro ordinamento tributario fin dagli anni ’70, tuttavia le modifiche apportate con il DL 78/2010 e il contenuto del decreto MEF del 24/12/2012, con il quale sono stati individuati gli elementi indicativi di capacità contributiva, lo hanno reso oggi uno strumento con nuove vesti rispetto a quello previgente.
In prima battuta, per capire la portata di un accertamento da redditometro, credo sia utile delineare brevemente la differenza tra l’accertamento fondato sul metodo analitico da quello fondato sul metodo sintetico.
L’accertamento con metodo analitico del reddito delle persone fisiche, disciplinato dall’art. art. 38, co.1-3, del D.P.R. 600/1973, ha l’obiettivo di ricostruire l’imponibile fiscale in capo al contribuente facendo riferimento alle singole categorie reddituali di cui all’art. 6 del TUIR, quindi redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi d’impresa e redditi diversi, che normalmente vengono dichiarati dal contribuente con il modello Unico o 730 e assoggettati ad Irpef e relative addizionali.
La rettifica basata sul metodo analitico, si traduce pertanto in una attività dell’amministrazione finanziaria volta ad individuare specifiche fonti di reddito ascrivibili al contribuente, rientranti nelle categorie sopra delineate, e non dichiarate regolarmente dal contribuente stesso. In poche parole, l’amministrazione finanziaria facendo uso dei propri poteri di verifica ricostruisce un reddito occultato in capo al contribuente e conseguentemente il reddito complessivo attribuito al contribuente medesimo sarà dato dalla somma dei redditi accertati di tutte le categorie.
Il metodo analitico è stato concepito come metodo generale di accertamento mentre quello sintetico come metodo integrativo, e per certi versi sostitutivo del primo, chiamato sostanzialmente ad operare in via sussidiaria, tanto è vero che fino ai primi anni novanta prima di procedere con l’accertamento di tipo sintetico (redditometro) si doveva esperire quello analitico.
Oggi tale pregiudiziale non esiste più, di conseguenza l’amministrazione finanziaria può liberamente e direttamente procedere già in prima battuta con l’accertamento di tipo sintetico.
A differenza di quello analitico, con il metodo sintetico, disciplinato dall’art. 38, co. 4 e ss del DPR 600/1973, il reddito complessivo del contribuente viene determinato prescindendo dalla individuazione delle specifiche fonti reddituali, essendo invece basato sulle spese e sugli investimenti riconducibili al contribuente. In pratica il fatto concreto (o fatto noto) che il contribuente ha sostenuto una determinata spesa o effettuato un determinato investimento, lascia presumere che abbia nella disponibilità fonti di reddito sufficienti a consentirne la copertura. Pertanto se il reddito complessivo dichiarato dal contribuente non è sufficiente a finanziare l’entità delle spese o degli investimenti a lui riferibili, l’amministrazione finanziaria presume che ci sia stato un occultamento di reddito (non importa a quale categoria potrebbe appartenere) e lo ricostruisce “sinteticamente”.
All’interno del metodo sintetico, distinguiamo:
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l’accertamento sintetico “puro”, con il quale l’Agenzia delle Entrate determina il reddito complessivo del contribuente sulla base delle “spese”, nel senso più ampio della parole, da lui sostenute. In questo caso è compito dell’Ufficio di verificare la situazione del contribuente per individuare voci di spesa o di investimenti indice di redditi omessi;
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l’accertamento sintetico c.d. redditometro, con il quale il maggior reddito accertabile viene determinato in funzione di beni indice e spese (individuate con apposito decreto ministeriale) comunque riferibili al contribuente in un determinato periodo di imposta, e quantificato grazie ad un software che si fonda su tecniche statistiche molto simili a quelle utilizzate per l’elaborazione degli studi di settore e che in base ai dati di “spesa” inseriti elabora un presunto reddito complessivo necessario per finanziarle. Il tutto tenendo conto, secondo l’attuale formulazione dello strumento, sia del nucleo familiare cui appartiene il contribuente sia delle caratteristiche del territorio in cui si trova.
Presupposti del “nuovo” redditometro.
Il redditometro nelle sue nuove vesti verrà applicato agli accertamenti relativi all’anno d’imposta 2009 e successivi, e con la circolare n. 24/E del 31/07/2013 dell’Agenzia delle Entrate sono state fornite le prime indicazioni operative agli uffici periferici nell’applicazione del nuovo strumento.
Come si legge anche nella circolare ministeriale appena richiamata, la determinazione sintetica del reddito avviene:
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mediante la presunzione relativa che tutto quanto è stato speso in un determinato periodo d’imposta è stato finanziato con i redditi del medesimo periodo;
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a detta presunzione se ne affianca un’altra di pari efficacia basata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva (quelli individuati con i decreto MEF del 24/12/2012) differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza;
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in entrambi i casi il contribuente, oltre a poter dare prova contraria di quanto emerso dal controllo, è tutelato da una «clausola di garanzia» in base alla quale la determinazione sintetica è consentita, ovvero l’attività può concludersi con una pretesa del fisco, solo se tra reddito complessivo dichiarato e quello presunto ci sia uno scostamento almeno pari al 20% del dichiarato. Con l’ulteriore specifica che tale scostamento può riguardare anche uno solo dei periodi d’imposta sottoposti a controllo. Chiaramente l’accertamento verrà attivato solo relativamente al periodo d’imposta interessato dallo scostamento;
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dal reddito complessivo determinato sinteticamente sono deducibili gli oneri di cui all’art. 10 del TUIR (oneri per contributi previdenziali..etc) e le eventuali detrazioni fiscali (per spese mediche, carichi di famiglia, interessi passivi su mutui…etc) spettanti al contribuente.
Essendo un accertamento basato su “presunzioni” è data possibilità al contribuente di fornire la prova contraria di quanto emerge dalla ricostruzione sintetica e più avanti vedremo anche come.
Intanto cerchiamo di capire cosa significa e cosa implica un accertamento basato su presunzioni.
La presunzione è un ragionamento logico e verosimile che consente di risalire ad un fatto non noto (in questo caso il maggior reddito posseduto) da un fatto noto (in questo caso la spesa o l’incremento di ricchezza).
In campo tributario, se la presunzione è semplice (comunque dotata degli elementi di gravità precisione e concordanza) significa che è l’Amministrazione finanziaria a dover supportare la presunzione e quindi a dover provare che il contribuente ha occultato un reddito imponibile; viceversa se la presunzione è legale è la legge che attribuisce forza a quella presunzione per cui il fatto ignoto si intende provato e l’onere di provare il contrario (la c.d. inversione dell’onere della prova), quando si tratta di presunzione relativa, spetta al contribuente.
Bene, il redditometro è uno strumento a cui fino ad oggi è stata attribuita efficacia, valenza, di presunzione legale relativa, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente. Cosa significa dal punto di vista pratico? E’ il contribuente che a distanza di anni dovrà ricostruire e quindi dimostrare all’Ufficio che ha attivato il controllo, che quanto presunto dal redditometro non corrisponde a realtà o comunque ci sono valide giustificazioni. Cosa tutt’altro che semplice.
Con le modifiche apportate, il nuovo redditometro si delinea all’insegna del “dialogo” con il contribuente; rivestono infatti un ruolo fondamentale:
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in prima battuta, il contraddittorio che è divenuto obbligatorio e quindi l’Ufficio dovrà convocare il contribuente in una fase preliminare per consentirgli di fornire dati o notizie rilevanti ai fini dell’accertamento, le quali se ritenute congrue e sufficienti potranno già determinare la conclusione dell’attività dell’Ufficio;
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a seguire, l’obbligo di avviare il procedimento di adesione ovvero l’obbligo dell’Ufficio, una volta che si sia individuato un presunto maggior reddito (e quindi le notizie fornite in via preliminare, in tutto o in parte, non sono state ritenute sufficienti dall’amministrazione finanziaria) di convocare ulteriormente il contribuente segnalando il maggior reddito accertabile, le maggiori imposte dovute e la proposta di adesione ai contenuti dell’invito. L’adesione del contribuente alla proposta comporta una significativa riduzione delle sanzioni applicate.
Vediamo come prende avvio l’attività dell’Ufficio.
L’attività dell’Ufficio si sostanzia preliminarmente nel selezionare i contribuenti che in base a specifici indici, anche e soprattutto sulla scorta di tutte le informazioni presenti in Anagrafe tributaria o comunque disponibili all’amministrazione, risultano aver occultato per un certo periodo d’imposta (o più) reddito imponibile.
Con il già richiamato decreto del 2012 sono state individuate circa 100 voci di spesa che assumono rilievo ai fini del redditometro e riconducibili a 11 macrocategorie:
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Consumi di generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature;
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Abitazione;
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Combustibili ed energia;
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Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa;
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Sanità;
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Trasporti;
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Comunicazioni;
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Istruzione;
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Tempo libero, cultura e giochi;
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Altri beni e servizi;
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Investimenti.
Relativamente alla determinazione dell’ammontare di spesa attribuibile al contribuente vanno distinte:
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le spese certe, oggettivamente riscontrabili, ovvero le spese concretamente sostenute dal contribuente nel periodo d’imposta verificato;
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spese per elementi certi, determinate in funzione di elementi presenti in anagrafe tributaria (es.potenza dell’auto, i mq degli immobili..etc) o di valori medi dell’Istat o di settore;
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spese per beni e servizi di uso corrente, il cui ammontare è pari alla spesa media risultante dall’indagine annuale sui consumi delle famiglie;
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spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi durevoli.
La ricostruzione sintetica del reddito tiene inoltre conto della quota di risparmio riscontrata e formatasi in quell’anno.
Le spese certe e le spese per elementi certi sono oggetto di confronto con il contribuente in sede di contraddittorio, unitamente alla eventuale quota di risparmio formatasi nell’anno.
In via residuale, se le informazioni e i chiarimenti forniti dal contribuente su tali aspetti non è ritenuta esaustiva saranno oggetto di contraddittorio anche le spese medie Istat.
Il tutto è finalizzato verificare se la capacità di spesa riconducibile al contribuente e come sopra ricostruita è coerente con il reddito dal medesimo dichiarato o se vi sono redditi occultati.
Di particolare rilievo, è che il nuovo redditometro, a differenza di quanto avveniva in passato, considera anche il nucleo familiare del contribuente, questo significa che se il reddito complessivo dichiarato dalla famiglia è coerente con il livello di spesa sostenuta dallo stesso nucleo l’attività di accertamento non avrà motivo di proseguire.
Una volta che l’Ufficio ha selezionato una posizione ritenuta “rilevante” per lo scostamento evidenziato, laddove anche a seguito di contraddittorio continuano a sussistere elementi di incoerenza oppure se il contribuente non si presenta, l’amministrazione finanziaria può valutare l’opportunità di avvalersi di poteri di indagine più incisive (verifica delle movimentazioni finanziarie o richiesta di dati e notizie rilevanti a soggetti terzi che abbiano intrattenuto rapporti con il contribuente controllato).
A questo punto la domanda sorge spontanea, ovvero quando una posizione può ritenersi rilevante agli occhi del fisco.
Nella circolare in commento si parla di selezione di “coloro che presentano scostamenti significativi tra reddito dichiarato e capacità di spesa manifestata, avendo cura di evitare situazioni di marginalità economica e categorie di contribuenti che, sulla base dei dati conosciuti, legittimamente non dichiarano, in tutto o in parte i redditi conseguiti”.
Nei mesi scorsi in occasione degli incontri con la stampa specializzata l’Agenzia delle Entrate si era espressa nel ribadire e sottolineare che il redditometro non sarebbe stato un arma di accertamento di massa, piuttosto che il redditometro sarebbe stato utilizzato soltanto per divari molto elevati e quindi per colpire i c.d. “evasori spudorati” o i “finti poveri”.
Oggi che la circolare dell’amministrazione finanziaria è stata emanata e si è chiuso il cerchio dei provvedimenti necessari per l’effettivo avvio dell’utilizzo del nuovo strumento, l’auspicio è che il buon senso farà da guida all’operato degli Uffici periferici, che non si agisca con l’obiettivo di fare cassa a tutti i costi e che vengano realmente colpite le posizioni più eclatanti.
La difesa del contribuente
La prova contraria che un contribuente può e deve fornire quando viene raggiunto da un invito al contraddittorio è che il finanziamento delle spese a lui ascritte in base al redditometro è avvenuto con mezzi che legittimamente non sono transitati nella dichiarazione dei redditi. Quindi in linea generale con redditi esenti, redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, oppure che le somme sono state stanziate da terzi.
Il contribuente può dimostrare che la spesa è stata sostenuta con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta accertato, e quindi proveniente da periodi d’imposta precedenti in cui è stato possibile accumulare ricchezza. In questo caso il punto critico che potrebbe sorgere è che l’amministrazione finanziaria si interessi a quel o quei periodi d’imposta per verificare la capienza del reddito rispetto alle spese sostenute.
Per contestare le spese certe (come sopra definite) vanno segnalati eventuali errori di identificazione del soggetto, mentre per le spese di estrazione statistica il contribuente può dimostrare che non sostiene un certo tipo di spesa o che la sostiene in misura inferiore.
Va segnalato se taluni beni presi a riferimento per il redditometro sono beni utilizzati esclusivamente o promiscuamente nell’esercizio di impresa arte o professione; vengono infatti esclusi dall’accertamento redditometrico nel primo caso riproporzionati se l’uso è promiscuo.
L’unica cosa certa in tutto questo panorama di elementi che potranno essere utilizzati dal contribuente è la necessità di dare supporto documentale alle affermazioni fornite specie con riferimento alla contestazione delle spese certe e le spese per elementi certi come sopra delineate. Quindi il suggerimento fondamentale è “tracciabilità delle spese sostenute” (evitiamo il più possibile l’uso del contante di cui si perde facilmente memoria). Il che può creare non pochi problemi, nell’ambito di una gestione familiare, e in ogni caso quasi certamente per gli anni d’imposta 2009 e 2010 quando ancora il nuovo redditometro non era in vigore e probabilmente non sarà stata adottata alcuna precauzione in merito.
Diversamente, per le spese figurative ovvero quelle basate su medie Istat o di altra fonte, si legge nella circolare 24/E, l’ufficio dovrà considerare “anche le evidenze e le argomentazioni in concreto rappresentate dal contribuente, logicamente sostenibili, pur se non supportate da documentazione, nell’ottica di assicurare l’economicità e l’efficacia dell’azione amministrativa”.
In ultimo, relativamente alla variabile nucleo familiare di appartenenza, va segnalato che l’amministrazione finanziaria farà riferimento ai soggetti indicati nel prospetto dei familiari a carico della dichiarazione dei redditi. Ovviamente tutte le situazioni non rappresentate, legittimamente, in tale prospetto (ad esempio genitori che vivono con i figli sposati) andranno segnalate in sede di contraddittorio perché potrebbero determinare da subito il venire meno dello scostamento reddituale calcolato dall’Ufficio in base al redditometro e quindi la cessazione dell’attività di controllo.