LUNEDI’ E MARTEDI’ SCORSO, 17 – 18 GIUGNO, AL G8 SI E’ PARLATO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE, CONTRASTO ALL’EVASIONE FISCALE E SIRIA
– di Mosè Tinti
Belfast, 23 giugno 2013 – Barack Obama (USA), Vladimir Putin (Russia), Francois Hollande (Francia), Enrico Letta (Italia), Angela Merkel (Germania), Stephen Harper (Canada), Shinzo Abe (Giappone), David Cameron (Regno Unito): ecco gli otto grandi che si sono incontrati al Lough Erne Resort, hotel cinque stelle con campo da golf annesso, situato sull’omonimo lago Lough Erne, nel territorio di County Farmanagh, Irlanda del Nord. E’ la sesta volta che il G8 si tiene nel territorio del Regno Unito.
Il premier Letta per la prima volta si è trovato a confrontarsi con gli altri grandi del mondo ed è arrivato all’appuntamento con molta fiducia, ritornando a casa soddisfatto. Infatti, quello che premeva più di tutto al Presidente del Consiglio era un risultato sul fronte della disoccupazione giovanile, piaga che se in Europa sta toccando picchi preoccupanti, al di fuori del Vecchio Continente, come in Giappone e negli Stati Uniti, ha dimensioni senz’altro più contenute. Nonostante ciò ecco l’incipit della bozza d’accordo: “La nostra urgente priorità è promuovere la crescita e il lavoro, in particolare per quanto riguarda i giovani e i disoccupati di lungo termine”. Anche se Cameron prima dell’apertura del G8 aveva ironizzato, chiedendo se esistesse un cimitero per i comunicati del G8 e ponendo l’attenzione sulla reale portata degli accordi che in questa sede sono stati e saranno presi dai leader mondiali, il fatto che l’attenzione degli 8 grandi si sia incentrata proprio sul problema della disoccupazione è uno strumento che Letta potrà utilizzare i prossimi 27 e 28 giugno al Consiglio Europeo, dove tenterà di ottenere fondi finalizzati a dare un futuro alle nuove generazioni. L’accordo, infatti, continua sottolineando che la lotta alla disoccupazione resta un punto “critico nelle nostre agende interne e collettive”. I leader assicurano supporto “ad ogni sforzo per la ripresa globale” attraverso il sostegno alla domanda e riforme delle economie “per garantire la crescita”. Obiettivi da raggiungere “rendendo sicure le nostre finanze pubbliche e sfruttando tutte le fonti di crescita”. L’urgente priorità rimane “promuovere la crescita ed il lavoro, particolarmente per i giovani ed i disoccupati a lungo termine”, intervenendo soprattutto nel “sostegno alla domanda, sicurezza delle finanze pubbliche e riforme”.
Il padrone di casa David Cameron punta il dito contro l’evasione fiscale. Nel discorso conclusivo dice che il prelievo fiscale è importantissimo per l’economia di un paese e che tutti i governi dovrebbero accordarsi per evitare che ingenti capitali di aziende o di privati possano trovare riparo in luoghi definiti paradisi fiscali, sottraendo così preziose ed importanti risorse alla crescita economica. Nell’accordo finale è contenuto anche un elenco di 10 punti, una road-map anti furbetti, che mira a individuare le prescrizioni che tutti i paese dovrebbero adottare per coordinarsi in maniera efficace contro la lotta all’evasione ed al riciclaggio (per leggerli http://www.corriere.it/esteri/13_giugno_18/g8-lotta-evasione-fiscale-paradisi_9dd81572-d827-11e2-98e6-97ca5b2e4e27.shtml ). In estrema sintesi, i punti si riallacciano con il discorso di Cameron: sostenere un accordo dei vari Stati per la condivisione delle informazioni per combattere l’evasione fiscale; rendere più difficile la fuoriuscita di capitali e profitti oltre confine; obbligare le multinazionali a dichiarare quante tasse pagano in ogni paese in cui operano.
Obama, invece, aveva annunciato in un’intervista televisiva il cambio al vertice della politica monetaria americana: Ben Bernanke sarà sostituito a gennaio dall’economista democratica Janet Yellen alla guida della banca centrale USA.
E’ un dato di fatto che il vertice G8 abbia una valenza pressoché simbolica, in quanto nessun orientamento adottato di comune accordo può avere un’efficacia diretta nei paesi rappresentati, ma occorre un coordinamento ed uno sforzo successivo di natura interna. Tuttavia, l’attenzione alla disoccuppazione, alla lotta all’evasione fiscale, il cambio in testa alla Federal Reserve, può essere vista come una speranza di un effettivo sforzo ed impegno, nonché anche di una svolta nella gestione politica della crisi economica iniziata cinque anni fa. Pare si voglia andare oltre il semplice aumento del prelievo fiscale (che si abbatte sempre e solo su chi le tasse le ha sempre pagate) e fare in modo che i governi si diano da fare con politiche concrete volte a risolvere problemi di occupazione e di evasione. Oggi pare che vi siano i margini per interventi attivi e concreti, perchè ad oggi è cessata l’emergenza per l’euro, ufficialmente dichiarato fuori pericolo proprio qui al G8 dal presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. L’ostacolo rimane quello dei vincoli di bilancio per gli Stati più indebitati, quali Italia, Gran Bretagna, Francia e anche Stati Uniti. Se la Germania si oppone all’esclusione degli investimenti dal calcolo del deficit e le tasse non devono essere alzate, allora occorre rendere più efficiente e “democratico” il sistema del prelievo fiscale, andando a recuperare il denaro che viene ogni anno sottratto alle casse pubbliche dal “nero” e dal “riciclato”.
Non poteva mancare il confronto sulla questione Siria con Obama e Putin su posizioni agli antipodi. Il presidente americano ha insistito per rifornire di armi i ribelli perchè ormai ritiene provato e fuori di dubbio l’utilizzo di armi chimiche da parte del regime, mentre il leader russo, alleato di Assad, ha risposto freddamente che non si danno armi “a chi mangia le viscere dei suoi nemici”. Pensieri lontani, che hanno trasformato l’incontro dei due leader in un “businesslike”, termine che definisce l’incontro di due uomini di affari che non si stanno per niente simpatici e che condividono pochissime o nessuna idea, ma che comunque affrontano pragamaticamente le questioni che devono affrontare sulla base del senso di responsabilità nei confronti, in questo caso, dei loro popoli, mantenendo aperto il dialogo. Infatti, a seguito dell’incontro tra Obama e Putin, Usa e Russia sono rimaste sulle loro posizioni, senza nessun sostanziale avvicinamento, ma almeno si è riconosciuta una comune volontà: tenare una nuova Conferenza di Pace a Ginevra. Ma anche in questo caso la strada è piena di curve ed insidie: i leader occidentali difficilmente accetteranno di sedersi al tavolo con Assad, mentre dalle sue mani gronda il sangue delle migliaia di civili uccisi; dall’altro lato i ribelli, ora in difficoltà, vorranno attendere un momento diverso da questo che li vede con le spalle al muro anche a seguito del sostegno che gli Hezbollah dal Libano stanno dando all’esercito siriano. La Conferenza verrà tentata ad agosto.
Tuttavia, nonostante l’ottimismo di Cameron, sulla Siria quasi nulla di concreto è venuto fuori, se si eccettua l’intesa per avviare una investigazione dell’ONU sull’utilizzo di armi chimiche, che pure Putin ha avallato, precisando però che, nel caso ne fosse accertato l’utilizzo, “non è detto che siano stati i militari del regime i primi a farne uso”. In merito alla fornitura di armi da parte della Russia al regime di Damasco, Putin ha glissato laconicamente: “Nel fornire armi al governo siriano la Russia rispetta contratti legali”. Un altro accordo è quello in materia di ostaggi: preferibilmente non pagare riscatti.
Un G8 dalle due facce, economica ed umanitaria. Dalla generalità dei concetti espressi ci può essere l’auspicio che il tutto venga tradotto in misure realmente benefiche per i cittadini che soffrono ogni giorno la crisi economica. Per quanto riguarda la Siria, invece, difficilmente si potranno raggiungere accordi significativi fintanto che anche in una situazione di estrema sofferenza e disgrazia umana prevalgono interessi di natura economica e vecchi dissapori che sanno di guerra fredda.