di Dott.ssa LAURA FRANCESCHI (Scienze e Tecnologie dell’ambiente e del territorio Università Bicocca di Milano)*
Sabato 22 maggio 2021 si è celebrata la 21° Giornata Mondiale della Biodiversità. Infatti, questa è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in ricorrenza dell’adozione della “Convenzione sulla Diversità Biologica”. Il termine biodiversità fu coniato proprio durante questa cosa conferenza che aveva come temi centrali l’ambiente e lo sviluppo.
Cos’è la biodiversità?
L’errore più comune che si compie quando si parla di biodiversità è quello di associare questo termine a qualcheidilliaco paesaggio insulare da cui svettano gioiosi animali che, in città bene che vada, si incontrano solo nel primo servizio di Superquark. Ma la realtà è un’altra. Secondo la definizione ufficiale “la biodiversità, o diversità biologica, è ogni tipo di variabilità tra gli organismi viventi, compresi, tra gli altri, gli ecosistemi terrestri, marini e altri acquatici e i complessi ecologici di cui essi sono parte. Essa comprende la diversità entro specie, tra specie e tra ecosistemi“.
Sono dunque riconosciuti tre ordini gerarchici di diversità che rappresentano aspetti abbastanza differenti dei sistemi viventi: la diversità genetica, quella specifica e quella ecosistemica. Questo significa che ciascun essere vivente, animale o vegetale che sia, rappresenta un importante tassello per la diversità biologica.
Quanta ne abbiamo?
Tuttavia la biodiversità, intesa nel senso più classico del termine, è quella che risponde alla domanda “quante specie vivono insieme a noi su questo Pianeta?” a cui poi segue il secondo interrogativo “siamo sicuri di conoscerle tutte?”. Certo, la biodiversità tassonomica nota alla scienza è già di per sé molto ampia ma non sarebbe corretto avere la presunzione di conoscere già tutto. Le specie note e descritte ammontano a poco meno di 2 milioni e per di più, tra questi, abbiamo un milione di specie che appartengono alla categoria tassonomica degli insetti, o più correttamente agli artropodi (Phylum Arthropoda).
Per capire come sia possibile tutto questo, basta andare in giardino. A colpo d’occhio potreste ammirare: le farfalle, che fin da subito, inondano la vostra visuale e, in fondo al giardino, un albero da frutto sul quale un tenero uccellino si diletta nell’arte canora. Avvicinandovi di soppiatto potreste notare, tra la verde chioma dell’albero, una coccinella intenta a fare colazione con dei gustosissimi afidi. Poco più in là, anche un’ape sta consumando il suo pasto su un meraviglioso fiore appena sbocciato mentre vi godete tutto questo arriva una mosca a importunarvi e così decidete di rientrare in casa dove anche il vostro gatto reclama la colazione. In non più di due minuti avete incontrato: una pianta, 2 vertebrati e ben 5 esponenti del gruppo degli artropodi.
La più nota delle stime di biodiversità risale al 1995, secondo la stessa il numero totale delle specie si dovrebbe aggirare attorno ai 10 milioni, mentre le stime condotte sulle evidenze tratte dagli artropodi, allungano le ipotesi portando queste cifre fino a 50 milioni. Se così fosse, questo significherebbe che, ad oggi, è noto solo lo 0,04% della biodiversità.
Inoltre la biodiversità non è sempre stata la stessa durante la storia della vita, possiamo parlare di vera e propria evoluzione della diversità biologica nel tempo. La biodiversità è stata promossa da fattori di competizione che hanno visto come vincente la soluzione di trovare risorse alternative a quelle utilizzate dagli altri organismi, per questo diciamo che la diversità biologica è evoluta secondo un processo dinamico.
Perché la biodiversità è così importante?
Come viene affermato da un importante studio, le società umane sono interamente costruite sulla biodiversità in quanto questa permette all’uomo di soddisfare i propri bisogni, siano essi primari o putativi. Se ne deduce che la biodiversità è sempre stata parte integrante dell’esperienza umana.
Ciò che è meno riconosciuto, o meglio sul quale non è ancora stata posta la giusta attenzione, è che la diversità della vita sulla terra è “drammaticamente influenzata” dalle alterazioni antropiche le quali, a loro volta, possono influenzare il benessere umano. Questo significa che a causa delle nostre azioni potremmo presto veder venir meno delle risorse che gratuitamente la natura mette a nostra disposizione.
È proprio in questo tipo di situazione che viene coniato il termine “servizi ecosistemici”. I servizi ecosistemici sonoquell’insieme di beni e di processi dai quali gli esseri umani traggono un diretto vantaggio. Data questa definizione appare chiaro come la perdita di biodiversità si presenti come una grande minaccia per il benessere delle società umane. Generalmente i servizi ecosistemici vengono suddivisi in servizi di fornitura, servizi di regolazione, e servizi di supporto e servizi culturali.
Con servizi di fornitura si intende la messa a disposizione di materie prime come ad esempio il legno, l’acqua o in generale il cibo, mentre nella seconda tipologia annoveriamo servizi come la regolazione del clima, il mantenimento delle concentrazioni chimiche dell’oceano o dell’atmosfera. Tra i servizi di supporto più importanti abbiamo il riciclo di nutrienti e la formazione dei suoli, ultimi ma non ultimi si hanno i servizi culturali ossia tutti quei servizi che hanno a che fare col valore estetico-religioso che risiede intrinsecamente nella natura.
Il valore dei servizi ecosistemici è stato poi riconosciuto anche da un progetto internazionale che si chiama “The Economy of Ecosystems and Biodiversity” il cui scopo è quello di assegnare un valore economico, in dollari, ai servizi ecosistemici. Questo permette di considerare, nelle valutazioni economiche, i servizi ecosistemici alla pari di tutti gli altri servizi.
Un servizio ecosistemico che ci è costato molto caro
Tutti i servizi ecosistemici sono beni non patrimoniali ma patrimonialmente rilevanti e il controllo delle malattie infettive umane è proprio uno di quei servizi strettamente correlati alla conservazione della biodiversità. L’intensificarsi della comparsa di agenti patogeni infettivi ha molte ragioni di fondo, ma quasi tutte hanno in comune il crescente impatto antropico sulla natura. L’intensificazione di questo tipo di emergenza può essere attribuita a un tasso crescente di contatti tra fauna selvatica e uomo.
Alcuni studi condotti sull’argomento hanno mostrato che il numero di zoonosi è aumentato in tutto il pianeta negli ultimi decenni, aumentando la probabilità di epidemie e pandemie nella popolazione umana. Infatti, il 75% dei patogeni umani emergenti sono zoonotici, il che significa che hanno un’origine animale. I patogeni sono una componente importante in natura e sono lo strumento attraverso il quale la natura si autoregola. Infatti, le malattie portano alla morte solo degli individui più deboli, meno adattati, rendendo la popolazione rimanente più adatta all’ambiente in cui abita. La crisi causata dal coronavirus (COVID-19) è l’esempio più ovvio e urgente di un patogeno zoonotico emergente. Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, l’ammontare dei danni economici dovuti alla pandemia è di 10 trilioni di dollari, in un certo senso questo è il costo che il mondo ha pagato per non aver considerato la biodiversità.
La perdita di biodiversità non è solo scienza ma anche società!
La vita sulla terra è in continua evoluzione ed è sempre stato così; tuttavia negli ultimi decenni gli scienziati hanno registrato un rapido aumento del tasso di estinzione: si estinguono molte più specie di quelle che si formano. Nel 1992 Willson ha condotto uno studio su una stima di 10.000.000 specie e ne dedusse ogni anno venivano perse più di 25.000 specie circa 3 ogni ora. Tali tassi sono circa 10.000 volte più elevati rispetto al tasso di estinzione naturale tanto che un recente rapporto dell’IPBES (Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services dell’ONU) li definisce senza precedenti.
La perdita di biodiversità non può essere circoscritta all’interesse scientifico, infatti, da essa scaturiscono una serie di problematiche sociali. Esistono delle persone che dipendono maggiormente dai servizi ecosistemici, come gli agricoltori di sussistenza e le persone appartenenti alle società tradizionali che a causa del loro basso potere economico e politico non possono sostituire i benefici perduti con beni e servizi acquistabili.
Ad esempio, le società più povere non sono in grado di acquistare acqua sicura quando la qualità dell’acqua si deteriora a causa dell’eccessivo uso di fertilizzanti e pesticidi da parte dell’agricoltura industriale. Allo stesso modo, i meno abbienti non saranno in grado di accaparrarsi la giusta quantità di nutrienti quando le proteine e le vitamine provenienti da fonti locali diminuiscono diminuiranno a causa della perdita di habitat.
La perdita di servizi ecosistemici dipendenti dalla perdita biodiversità diviene così un problema sociale di cui tutti siamo chiamati a farci carico, infatti ad oggi essa è una delle prime cause di accentuazione della disuguaglianza e l’emarginazione. Il cambiamento e la perdita di biodiversità sono profondamente legati alla povertà, la più grande minaccia, identificata dalle Nazioni Unite, per il futuro dell’umanità.
Purtroppo solo tardi si è presa coscienza delle relazioni tra ecosistemi e benessere umano e di conseguenza tardi è arrivato il contributo da parte delle istituzioni che hanno riconosciuto soggetti plurali come portatori dell’interesse ambientale favorendo la nascita della disciplina ambientale del diritto. Uno degli interventi più consistenti circa il contrasto della perdita di biodiversità è stato quello della Comunità europea.
In particolare l’Europarlamento si è mosso chiedendo la stipulazione di accordi legalmente vincolanti a livello sia locale che globale, al fine di aumentare le ambizioni riguardo alla tutela e al ripristino della biodiversità. Inoltre è stato proposto l’aumento delle aree naturali che dovrebbero costituire il 30% del territorio UE entro il 2030 affinché gli ecosistemi danneggiati possano essere ristabiliti. Per poter garantire finanziamenti sufficienti, il Parlamento propone che 10% del prossimo Bilancio a lungo termine dell’UE sia destinato alla salvaguardia della biodiversità. Il Parlamento ha anche chiesto una migliore protezione degli impollinatori, tra cui le api, la cui Giornata mondiale procede solo di due giorni quella dedicata alla biodiversità.
Nell’occasione della Giornata mondiale della biodiversità dovremmo riflettere sul fatto che molti servizi ecosistemici sono sostenuti dalla biodiversità. Affinché possa iniziare una concreta inversione di marcia per quanto riguarda la perdita della biodiversità è necessario che per la prima volta da quando è apparso sulla Terra, l’uomo si astenga dal fare ciò che è nelle sue possibilità perché è ormai evidente che l’incidenza che egli ha sulle risorse e sull’ambiente non è più sostenibile.
* articolo pubblicato anche su iWrite