RILEVANTE PRONUNCIA IN MATERIA LOCATIZIA: IL CONDUTTORE VA RIMBORSATO DI QUANTO CORRISPOSTO IN NERO.
di Dott.ssa Gaia Giulietti
“Nel contratto di locazione e in caso di inadempimento da parte del conduttore, il locatore – in presenza di una pattuizione per una parte fatta in nero – non può pretendere che le venga restituito anche ciò che resta fuori dal contratto ufficiale”.
Quanto dinnanzi esposto, si evince dalla lettura della recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sezione Civile, Sent. n. 20395/16. Mediante tale pronuncia, gli ermellini hanno reso vani i tentativi del locatore volti a far valere le ragioni poste a fondamento dello sfratto per morosità nei confronti di un inquilino che, per svariati anni, ha corrisposto, a titolo di godimento dell’immobile locato, un importo maggiore rispetto a quello contrattualmente pattuito.
Le ragioni che ispirano tale orientamento, sono da rinvenire, oltre che nella tutela del contraente debole, identificato nel conduttore, altresì nel difetto della forma scritta dell’ulteriore pattuizione e, pertanto, nel difetto di un requisito che la legge pone a fondamento della validità dell’atto medesimo.
Infatti, la locazione è il contratto mediante il quale una parte, il locatore, concede in godimento ad un’altra, il conduttore, una cosa mobile o immobile, per un determinato periodo di tempo nonché a fronte di un corrispettivo in denaro. Questo, qualora il bene concesso in uso sia un’abitazione o altro bene immobile, è denominato canone e deve essere corrisposto periodicamente.
La locazione degli immobili urbani è disciplinata dalla Legge n. 392 del 07 luglio 1978 nonché dalla Legge n. 359 dell’ 08 agosto 1992, così come modificata dalla Legge n. 431/98, la quale ha introdotto rilevanti novità, tra le quali assume particolare rilievo l’elemento della forma scritta ab substantiam cui devono essere soggetti i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo.
Una volta stipulato, il contratto in questione deve essere assoggettato a registrazione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari competente per territorio. La registrazione determina la misura degli oneri fiscali imposti a carico del locatore medesimo in proporzione alla misura del canone pattuito.
Pertanto, non è infrequente che, al fine di sottrarre all’imposizione fiscale parte dell’introito goduto dal locatore a titolo di canone locatizio, il contratto di locazione, pur essendo stipulato in forma scritta e legittimamente registrato, preveda la corresponsione di un canone fittizio, inferiore rispetto a quello realmente corrisposto dal conduttore. In tale fattispecie, le parti stipulano in tal senso un accordo verbale, il quale ha ad oggetto la corresponsione di un canone ulteriore rispetto a quello desumibile dal contratto di locazione sottoscritto e registrato.
Sul punto, è intervenuta a più riprese la Corte di Cassazione, la quale, ha ritenuto valido il contratto registrato. Contrariamente, si è espressa nel senso della nullità della pattuizione con cui le parti convenivano la corresponsione dell’ulteriore importo.
La comminata nullità, trova la propria ratio altresì nell’illegittima sostituzione del canone convenuto con uno diverso, attraverso la pattuizione di una clausola palesemente in contrasto con il primario divieto, imposto al locatore dall’art. 13 L 431/98, di pretendere un maggior importo in modo da occultare il fisco.
Appurata la nullità del contratto che prevede un canone annuo maggiore rispetto a quello risultante dal contratto registrato e stante l’impossibilità di sanatoria attraverso la successiva registrazione del medesimo, gli ermellini si sono soffermati sulle azioni esperibili dal conduttore.
E’ posta in capo al medesimo, infatti, la facoltà di esperire l’azione avente ad oggetto la restituzione delle maggiori somme versate rispetto al minor canone fittiziamente previsto nel contratto registrato.
L’azione in questione può essere esperita in qualsiasi momento di durata del rapporto contrattuale e, in caso di rilascio dell’immobile, entro i sei mesi successivi.
Si tratta di una forma di tutela rafforzata, posta dall’ordinamento in favore del conduttore, il quale, potrà recuperare quanto indebitamente corrisposto senza il rischio di incorrere nei limiti prescrizionali.
Un fenomeno parimenti diffuso nella prassi e teso a sottrarre all’imposizione fiscale parte dell’introito goduto dal locatore, si ravvisa qualora il contratto venga stipulato oralmente, ovvero stipulato in forma scritta ma non assoggettato a registrazione.
In tali ipotesi, la locazione viene definita “di fatto” e, perseguendo lo scopo di disincentivare il fenomeno in questione, la conseguenza giuridica cui si incorre si rinviene nella nullità della relativa pattuizione.
Tuttavia, al fine di tutelare il contraente debole, da identificare nella fattispecie in esame con il conduttore, la giurisprudenza si è orientata nel senso di estendere gli effetti della nullità del contratto viziato esclusivamente nei confronti del conduttore, rimanendo, pertanto, il medesimo valido e produttivo di effetti nei confronti del locatore.
Tale orientamento ha delle rilevanti conseguenze pratiche, tra le quali assume preminente rilievo in tale sede, quella per cui si prevede che nell’ipotesi di mancata corresponsione dei canoni da parte del conduttore, l’azione di sfratto non sarà esperibile dal locatore in quanto, stante la nullità del contratto, difetta il titolo da porre a fondamento dell’azione medesima.
Si può dunque agevolmente desumere come gli interventi volti a disincentivare il fenomeno delle c.d. “locazioni in nero”, si siano dispiegati sia a livello normativo, che sul piano interpretativo, attraverso le pronunce della Suprema Corte.
Tuttavia, non si esclude la necessità di ulteriori interventi normativi nonché di ulteriori pronunce della giurisprudenza volte a reprimere tale fenomeno che, ad oggi, nonostante quanto sin ora esposto, continua ad essere notevolmente diffuso nella prassi.