Glifosato “condannato” a risarcire giardiniere morto per tumore

STORICA SENTENZA DI UN TRIBUNALE AMERICANO

del dottor Giorgio Rossi (oncologo)

unknownLa multinazionale di biotecnologie agrarie Monsanto è stata condannata a pagare un risarcimento di 289 milioni di dollari a favore del 46enne Dewayne Johnson, custode e giardiniere di istituti scolastici nella zona di San Francisco, a cui è stato diagnosticato un linfoma non-Hodgkin dopo aver utilizzato alcuni prodotti dell’azienda a base di glifosato, il famoso potente erbicida utilizzato in tutto il mondo.

La sentenza pronunciata dal tribunale di San Francisco è storica . Intanto perché Johnson, padre di due figli di 10 e 13 anni, è il primo tra migliaia di persone ad aver portato in tribunale e fatto condannare il gigante dell’agrochimica.

E poi, nel merito, perché il Tribunale ha assunto una chiara posizione sull’annosa questione della cancerogenicità del glifosato riconoscendolo definitivamente responsabile della malattia tumorale.

Nel 2014 il custode aveva notato alcune macchie sulla pelle. Aveva 42 anni quando ha iniziato a sviluppare un’eruzione cutanea e gli è stato diagnosticato un linfoma non-Hodgkin, oggi in fase terminale.

 

Secondo l’accusa la multinazionale, non avrebbe adeguatamente avvertito sui rischi dell’utilizzo del prodotto contenenete glifosato.

 

Una tesi sposata anche dal tribunale che ha anche riconosciuto come cancerogeno il glifosato contenuto nel Roundup e nel Ranger Pro, i due prodotti con i quali il 46enne irrorava gli spazi esterni delle scuole a Benicia, nella Bay Area.

 

La Monsanto respinge le accuse. Durante il processo i legali della multinazionale hanno sostenuto la tesi secondo cui il linfoma non-Hodgkin impiega diversi anni prima di manifestarsi e che quindi il custode si sarebbe ammalato prima di iniziare a lavorare nel distretto scolastico.

 

Nel frattempo la multinazionale è stata acquistata per più di 63 miliardi di dollari dalla tedesca Bayer.

 

Questo non cambierà l’iter delle altre querele, circa 5 mila negli Usa, già avviate e che ora potranno contare su un precedente importante.

 

Comunque resta una diatriba ancora aperta quella sul possibile legame tra il glifosato e il cancro.

 

Nel 2015 l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare ( EFSA) ha stabilito che il glifosato da solo non presenta potenziale genotossico e che nessuna prova di cancerogenicità è stata osservata nei ratti e nei topi (RILEGGI L’ARTICOLO).

 

Stando, invece, all’Agenzia Internazionale sulla Ricerca sul Cancro ( IARC) ,organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è stata constatata la presenza di prove evidenti di genotossicità e sufficienti evidenze di cancerogenicità per gli animali.

 

L’EFESA ha però riconosciuto che il potenziale genotossico delle formulazioni a base di glifosato deve essere valutato e che la tossicità a lungo termine, la cancerogenicità, la tossicità riproduttiva e il potenziale di interferenza endocrina delle formulazioni dovrebbero essere chiariti.

 

Una contrapposizioni di pareri che si riscontra anche sul fronte dei divieti:

nel 2017 i paesi UE hanno votato a favore del rinnovo dell’autorizzazione dell’erbicida glifosato per 5 anni. A favore si sono espressi 18 Paesi, 9 i contrari (tra cui l’Italia), astenuto il Portogallo.

 

In Italia resta il divieto di uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili, come parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree giochi per bambini, cortili e aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie.

 

Un divieto scattato per effetto del Ministero della Salute in vigore dal 22 agosto 2016 che non è stato modificato dalla decisione dell’Unione Europea.

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