Grande guerra e “Trame disperse”

SAGGIO A CURA DI MARCO SEVERINI

x Fed copertina disperse copertina– ANCONA – di Giampaolo Milzi – Tra i numerosissimi saggi editi a ridosso del biennio 2014-2015 legato al centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale, “Trame disperse” già dal titolo evoca l’originale filo conduttore seguito dai 25 studiosi – tra storici e specialisti di discipline legate alla storia contemporanea – che hanno firmato i tasselli scritti di questo volume-mosaico. Ricostruttivo di “esperienze di viaggio, di conoscenza e combattimento nel mondo della Grande Guerra 1914-1918”. “Trame disperse” nel senso che si tratta di itinerari di vissuto personale a volte difficili da rintracciare, dimenticati o poco conosciuti. Trame di percorsi – e ciò rende questa opera curata da Marco Severini, docente di Storia contemporanea all’Università di Macerata, particolarmente intrigante – non solo compiuti da chi fu travolto dall’immane tragedia bellica in qualità di militare e/o combattente soprattutto nel fronte italiano, ma da giornalisti, corrispondenti, artisti, filosofi. Tutti testimoni, moltissime le donne, da punti di vista “altri” di un’odissea che costò circa 650mila morti fra l’esercito italiano, scandita da atti di eroismo militare e civile, da immani sacrifici, che sconvolse la vita quotidiana di città e paesini. Testimoni di “una drammatica e sconvolgente vicenda collettiva che spostò milioni di persone attraverso imperi, nazioni e le periferie più disparate”. Come recita la nota di copertina di “Trame disperse”, che – va ricordato – è la raccolta degli atti dell’omonimo convegno internazionale di studio organizzato dall’Associazione di Storia Contemporanea (con sede a Senigallia, presieduta dallo stesso Severini) e svoltosi nel novembre 2014.

Il saggio è diviso in quattro parti: “Paradossi, limiti e periferie dell’odissea bellica”; “Viaggiare, combattere, comunicare”;

Testimonianze dal fronte”; “Interpretazioni, visioni, svolte”.

Per brevità ci soffermiamo su una “trama” per ciascuna di esse.

Iniziando con “All’ultima spiaggia”, la stupefacente missione, compiuta il 5 e 6 aprile 1918 da un drappello di 62 uomini della marina austro-ungarica al fine di impadronirsi dei motosiluranti Mas ormeggiati nel porto di Ancona nei pressi della Mole Vanvitelliana. Un’impresa caratterizzata da “genialità di ideazione e da una semplicità di esecuzione” che “non fu portata a compimento solo per cause fortuite” e per il coraggio di due finanzieri italiani di guardia che all’ultimo momento intervennero con le armi.

Poco valorizzato e ricordato dalla storiografia l’importantissimo e delicatissimo ruolo di snodo svolto dagli “Uffici notizie per le famiglie dei militari ”, una delle tantissime iniziative di assistenza e propaganda avviate in Italia (ma non solo) che videro protagoniste migliaia e migliaia di donne, appartenenti ad associazioni laiche e cattoliche, femminili e femministe. Un esercito in rosa armato di “gentile energia femminile”, appunto, costituito da “visitatrici” che raccoglievano nei depositi e negli ospedali militari informazioni sulla sorte dei soldati e cercavano e comunicavano le cattive notizie relative ai caduti mostrando “il volto umano della nazione per attutire il dolore” dei parenti. Gli Uffici Notizie, inoltre, compilarono un enorme schedario di straordinario valore testimoniale. E per quelle donne “rappresentarono un tirocinio particolarmente formativo per un possibile accesso alla vita politica nel dopoguerra”.

La cosiddetta “Guerra bianca”, combattuta sulle Alpi, è al centro del contributo di Severini, che ricostruisce la figura di Arnaldo Berni, una delle moltissime vittime de “La battaglia più alta della storia”. Una delle tante combattute in Trentino, in particolare sulla Cima San Matteo, una delle vette che dominano la Val di Peio. Battaglie di una guerra se possibile ancora più assurda e sofferta, sviluppatasi tra cunicoli, posamenti di mine nel sottosuolo, vertiginosi e chilometrici percorsi, lavori di trincea su crinali impervi, in un ambiente durissimo, reso ancora più invivibile dal gelo e dalle bufere di neve. Il capitano Arnaldo Berni, mantovano, giovane colto e sensibile, morì il 3 settembre 1918 durante uno scontro sul San Matteo. L’esame dei due quadernetti e delle lettere che scrisse in tre anni di fronte raccontano “vicende militari e personali” davvero toccanti, pagine dove il pur presente patriottismo sfida il sistema di censura denunciando senza peli sulla lingua lo strazio di quelle infinite “ore infami”.

Gli “Episodi di guerra di Osvaldo Licini” mettono a fuoco la lunga riflessione maturata dal grande pittore e artista marchigiano tra il 1915 e il 1920. Giovane futurista, indossò la divisa, fu ferito ad una gamba, restò profondamente segnato dalle esperienze di guerra. Alcune delle sue opere, in particolare “l’iconografia liciniana degli arcangeli – scrive Stefano Bracalente – prende forma e meglio si comprende nel contesto di quegli sconvolgimenti . Fugge il soldato protagonista di “Arcangelo” (olio su tela del 1919, ndr.), nudo nella sua impotenza di fronte all’apocalisse, che è coltre sulfurea di nubi in un paesaggio desolato”

(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

 

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Back To Top