L’ANNUNCIO FINALMENTE è UFFICIALE: DOPO 8 ANNI DI CARCERE TORNA IN LIBERTA’
di Alessia Rondelli (praticante avvocato presso lo studio legale RPC)
IRAN, 23 MARZO 2014- Sakineh Mhommadi Ashtiani è la protagonista della vicenda che dal 2006 fa il giro del mondo, provocando le reazioni dell’opinione pubblica mondiale ed anche delle varie associazioni a difesa dei diritti umani. La donna, oggi 47enne, è stata condannata nel maggio del 2007 a morte per lapidazione per il reato di adulterio, oltre che per il concorso nell’omicidio del marito perpetrato assieme al presunto amante. Ci troviamo a Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran, sotto la presidenza di Mahmud Ahmadinejad, quando la donna viene accusata per la prima volta di adulterio e condannata a 99 frustate, poi eseguite, ed infine alla pena capitale. La vicenda sconvolgente ha richiamato l’attenzione dei media di tutto il mondo ed anche dei governi occidentali, che riuscirono nel 2010, insieme alle associazioni del settore, a fare pressioni sull’Iran affinché non eseguisse la pena. Nel frattempo però la tv di stato iraniana trasmise dalla prigione di Tabriz la confessione della donna dell’adulterio e del suo coinvolgimento nel delitto del marito, ma sin da subito il figlio ed il suo avvocato raccontarono che si trattava di una confessione estorta con la tortura. La condanna a morte in realtà riguarda due distinti processi, uno per omicidio e l’altro per adulterio: per il primo si decise per l’impiccagione, mentre per il secondo fu comminata la lapidazione. Dopo anni in cui si susseguirono svariate notizie oscillanti tra imminenti esecuzioni e sospensioni di pena, solo nel 2012 arrivò la lieta notizia: il regime decise per la revoca dell’impiccagione e la sua commutazione in dieci anni di carcere e poco dopo sospese la condanna alla lapidazione in attesa di un nuovo esame. Tale decisione sarebbe stata presa proprio in seguito alla mobilitazione internazionale in cui è stato chiesto a gran voce di risparmiare la vita alla donna. Mobilitazioni partite in primis dalla campagna attivata dai suoi due figli, che le sono stati sempre accanto, riuscendo a sospendere l’esecuzione della pena, appello poi accolto da varie organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch così come vari membri di spicco del panorama internazionale. Tale caso era stato portato all’attenzione anche del Parlamento europeo con la predisposizione di un dossier che documentava l’innocenza della donna e le violenze subite da lei e dal suo avvocato Hutan Kia. Fra i governi che si mobilitarono in suo favore, in prima linea quello francese di Sarkozy, ci fu anche quello italiano dell’allora Primo Ministro Berlusconi e l’allora Ministro degli Esteri Frattini. È di pochi giorni fa invece la vera svolta attesa da tanti anni: la donna è stata finalmente graziata e rimessa in libertà dopo otto anni di carcere. Si tratta di un provvedimento di clemenza riconosciuto alla donna per buona condotta che le riconosce un periodo di libertà, ma non si capisce ancora se sia definitivo oppure no. L’annuncio è stato dato dall’avvocato Bruno Malattia, che aveva patrocinato il caso al Parlamento Europeo, precisando: “Il provvedimento è stato adottato in coincidenza con l’anno nuovo secondo il calendario iraniano. Anche se le autorità e la stampa iraniane hanno cercato di attribuire la decisione all’equità e alla magnanimità del sistema giudiziario, il felice epilogo è in realtà dovuto alla campagna internazionale realizzata contro l’ingiusta condanna”. A dare la notizia a Teheran è stato Mahamad Javad Larijiani , Segretario Generale del Consiglio Superiore iraniano per i diritti umani: “E’ stata scarcerata per la sua buona condotta e perché la nostra religione ha misericordia nei confronti delle donne”. Tale gesto viene quindi spiegato come frutto della benevolenza religiosa e come distensione del ‘nuovo corso’ della politica estera impresso dal presidente Hassan Rohani, ma è difficile credere che senza quella ingente mobilitazione internazionale sarebbe finita allo stesso modo.