Henry Cartier-Bresson: una Leica e l’occhio del secolo per fotografare l’eternità

Non si deve pensare di vivere per la fotografia. Bisogna vivere e basta. Poi sarà la vita a darti delle immagini da prendere!“. Come un frase può raccogliere una vita intera, una vita in cui le fotografie scattate diventano momenti capaci di regalare squarci di eternità.
Henry Cartier-Bresson, basta pronunciare il suo nome per pensare alla storia della fotografia. “L’occhio del secolo”, questo il suo soprannome, nacque in Francia a Chanteloup-en-Brie nel 1908, ha sempre girato per ogni angolo di mondo e ogni istante della sua vita così speciale con una Leica 1- 35 mm in tasca.Ottica fissa 50 mm per decrivere la vita attraverso il suo punto di vista.

La scintilla del suo amore per la fotografia, al ritorno da un viaggio in Costa d’Avorio nel 1930, gli proviene da una foto di Martin Munkacsi: “è stata quella foto a dar fuoco alle polveri, a farmi venir voglia di guardare la realtà attraverso l’obiettivo“.

Dopo gli studi giovanili, infatti, Henri fu inizialmente attratto dalla pittura, grazie allo zio Louis, e comincerà i suoi studi con Jacques Emile Blanche e Andre Lhote, che lo inizieranno all’ambiente dei surrealisti francesi.

Fu poi il cinema ad attrarlo nella sua rete. Nel 1931 lavora come assistente alla regia del francese Jean Renoir, poi nel 1937 firma personalmente il film Return to life.
L’attimo decisivo della sua carriera, però, lo ebbe nel 1934, quando conobbe il fotografo e intellettuale polacco, David Szymin, che poco più tardi divenne David Seymour. I due divennero ottimi amici, con una grande passione comune: la fotografia. Seymour presentò a HC-B un fotografo ungherese, Endré Friedmann, per tutti noto come Robert Capa, un fotografo di guerra e di reportage.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Henry Cartier-Bresson entra nella resistenza francese, e continua a riprendere il mondo dietro la sua Leica. Catturato dalle truppe naziste nel 1940, riesce a fuggire dal carcere al terzo tentativo. Al suo rientro si unirà a un’organizzazione di assistenza ai prigionieri evasi. Nel 1945 lo scatto più atteso: la liberazione di Parigi.

Con la sua Leica HC-B era libero. Ebbe modo di descrivere questa macchina come una estensione dei suoi occhi. La discrezione data dalle dimensioni ridotte della Leica in mezzo alla folla o in momenti di intimità fu essenziale per prevenire le pose innaturali e scontate che i soggetti fotografati avrebbero potuto assumere.

Aumentò l’anonimato della Leica pitturando di nero tutte le parti metalliche. La Leica aprì nuove strade e nuove possibilità per la fotografia; la possibilità di catturare il mondo esattamente com’era, senza aumentare o ridurre le distanze. Un mondo che si stava trasformando giorno dopo giorno, e lui era lì, a riprendere quegli attimi e a renderli sospesi nel tempo.
Andavo in strada tutto i giorni per tutto il giorno, ansioso di attaccare la vita, di catturarla”.

Robert Capa ebbe un enorme influsso culturale su Henry. “Non attaccarti addosso l’etichetta di fotografo surrealista. Sii un fotogiornalista, altrimenti diventerai un fotografo di maniera. Tieni il surrealismo nel tuo cuore. Non devi mai stare fermo. Muoviti!

Nel 1947 fonda, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour detto “Chim”, e William Vandivert l’agenzia fotografica Magnum e inizia la sua carriera di fotografo di reportage in tutto il mondo. Bisognava attendere l’attimo, per renderlo eterno con uno scatto, incuranti dei pericoli, delle mine e delle guerre, soltanto mossi da un fuoco che ardeva dentro e rendeva immortali.

L’idea dell’agenzia Magnum fu di Capa: il team di fotografi divise i compiti e i reportages tra i membri. Rodger, che aveva coperto la seconda guerra mondiale da Londra come reporter per Life, sarebbe stato inviato in Africa e medio Oriente. Chim, che parlava molte lingue europee, avrebbe lavorato nel vecchio continente. A Cartier-Bresson furono assegnate India e Cina. Vandivert, altra ex firma di Life, si occupò dell’America e Capa fece un po’ da jolly, decidendo di volta in volta dove andare e cosa fare. La missione della Magnum era quella di “registrare i battiti” dei tempi che cambiavano, del mondo che correva veloce verso un futuro pieno di aspettative.

Robert Capa era famoso anche per la sua temerarietà, che lo aveva portato ad andare all’attacco con la prima ondata nello Sbarco in Normandia e a paracadutarsi da un aereo assieme ai militari professionisti per ritrarre da vicino l’attraversamento del Reno. L‘amore per la fotografia di guerra lo conduce a morte nel 1954, durante la Prima guerra d’Indocina, saltando in aria dopo essersi inoltrato inavvertitamente in un campo.

Dopo la morte di Capa nel 1954, Chim Seymour divenne il presidente della Magnum Photos. Rivestì la carica fino al 10 novembre 1956, quando fu ucciso dal fuoco di un fucile mitragliatore egiziano mentre documentava la crisi di Suez.
HC-B documentò con gli scatti della sua Leica 35 mm alcuni dei più importanti avvenimenti del XX secolo: la guerra civile spagnola, la liberazione di Parigi nel 1945, il movimento studentesco del ’68, la caduta del Kuomintank in Cina e l’ascesa dei comunisti, l’assassinio di Gandhi e tanti altri. Ritrasse molti artisti e personaggi famosi dell’epoca, anzi di sempre: Sartre, Colette, Pablo Picasso, Henri Matisse, Pound, Giacometti, John Houston, William Faulkner.

Ma le sue fotografie più famose, quelle in cui c’è la sua anima e tutta la sua poetica, sono immagini di vita ordinaria e quotidiana.

HC-B riduce progressivamente la sua attività di fotoreporter per dedicarsi al suo primo amore per la pittura, altra faccia della stessa medaglia.

Nel 2000, assieme alla moglie Martine Franck ed alla figlia Mélanie crea la Fondazione Henri Cartier-Bresson, che ha come scopo principale la raccolta delle sue opere e la creazione di uno spazio espositivo aperto ad altri artisti.

HC-B muore in Francia nel 2004, a 95 anni. 95 anni intensi, vissuti con una fedele Leica in tasca, a cercare l’attimo in cui tutto il mondo è in equilibrio con la propria anima.

E, sono sicuro, una delle sue frasi più belle lo avrà accompagnato verso l’eternità:

“Si muore tutte le sere, si rinasce tutte le mattina: è cosi. E tra le due cose c’è il mondo dei sogni”.

Quei sogni che tu ha saputo donarci attraverso la lente della tua macchina fotografica.

 

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