Terrence Eugene Bollea è un signore nessuno il cui nome non suggerisce nulla.
Hulk Hogan, invece,è una delle prime immagini che ti viene in mente quando pensi all’America anni ’80, alle sue stranezze e nevrosi, alla capacità di entusiasmarsi ed entusiasmare.
Anche questa dicotomia è sintomatica del popolo americano: ognuno è quello che interpreta, ognuno ha il suo ruolo nel mondo e diventa un ingranaggio della gigantesca macchina del successo. E non importa chi sia veramente.
Hulk Hogan è tutto questo e molto altro ancora. Hulk Hogan ha visto trent’anni di storia americana passare nelle suggestioni della folla che affollava i ring in cui combatteva.
Combatteva uno sport che forse sport non è, una lotta che spesso lotta non è: combatteva per lo spettacolo, uno spettacolo forse finto. O forse no. Un grande carrozzone in grado di regalare sogni. Il wrestling. Ma forse anche la grande madre a stelle e strisce.
Ma quei sogni, a volte, servono per tenere unito un popolo, e farlo diventare un “grande popolo”.
“Hulkamaniacs” erano soprannominati i suoi tifosi nella World Wrestling Federation.
Negli anni ’80 si impone al successo sul ring e alla fama straordinaria in tutto il mondo. Lui diventa il wrestling, quello strano sport tutto yankee che entra nelle nostre case grazie alle televisioni commerciali e alla strepitosa voce di coach Dan Peterson, che dal basket al ring diventa l’emblema degli sport oltreoceano in Italia.
Dopo aver iniziato con il baseball, il giovane Terrence Eugene Bollea viene notato da due wrestler mentre si allena in una palestra e convinto a provare il ring. Per il giovane Terrence è amore a prima vista. Inizia ad allenarsi sotto la guida del leggendario Hiro Matsuda che – narra la leggenda- durante il primo allenamento gli ruppe di proposito una gamba.
Dopo i primi anni nelle federazioni minori, nel 1979 Bollea passò nella World Wrestling Federation dove adottò il nome di “The Incredible” Hulk Hogan.
Solo un mese dopo, il 17 dicembre, Hogan fece il suo debutto nel tempio del wrestling newyorkese, il Madison Square Garden. sconfiggento il più anziano campione Ted Di Biase.
Hulk Hogan ha una dote in più rispetto agli altri. Riesce ad infiammare la folla, si strappa la canottiera gialla sbuffando e urlando contro il cielo come in preda ad un delirio di forza e follia. Dialoga con la gente, batte il cinque a tutti mentre raggiunge il ring. Ogni americano si identifica con lui.
Hulk Hogan può battere chiunque, grazie ai suoi muscoli sempre abbronzati e unti, grazie al coraggio e alla determinazione che lo fa resistere agli avversari più forti e ai colpi più scorretti.
E’ l’americano chiamato alle armi: lotta, regole, coraggio, forza, intelligenza e amora per la patria.
Combatte contro il grande gigante dal cuore delicato André The Giant, poi lotta qualche anno in Giappone nella grande lega wrestling nipponica che annovera campioni come Antonio Inoki e l’uomo mascherato Tiger Man, che ispira il famoso cartone animato L’Uomo Tigre.
In Italia il wrestling diventa la passione dei bambini, un grande gioco dove tutti se le danno di santa ragione ma nessuno si fa mai male per davvero.
Sono gli anni di Bud Spencer e Terence Hill, di Hulk Hogan e della saga di Rocky.
Hulk ha un ruolo importante in Rocky 3, dove interpreta il wrestler Thunderlips (Labbra tuonanti) con cui Rocky combatte quando abbandona il pugilato, prima di tornare a combattere contro il giovane emergente campione nero interpretato da MR.T.
Sono gli anni in cui Hulk Hogan combatte in WWF anche in coppia con Mr.T contro
i forti e odiati russi Nikolaj Volkov e Boris Zuchov. La Guerra Fredda sul ring; poi l’evolversi della Storia, i rapporti tra le due superpotenze che migliorano grazie a Gorbaciov e Regan, i russi del wrestling improvvisamente passano dalla qualifica di “cattivi” a quella di “buoni”. Il pubblico non li fischia più.
La storia passa anche attraverso la sua simbolizzazione mitologica e fantastica del ring del Wrestling. Grandi eventi su succedono infiammando il pubblico di tutti gli States. Nasce la WrestleMania. Nel 1985 Hulk Hogan in coppia con Mr.T sconfigge i grandi rivali Rowdy Roddy Piper, pazzo soggetto di origini scozzesi in kilt e Paul Orndorff.
Il fenomeno wrestling e Hulk Hogan diventa un enorme business: il merchandising del campione abbronzato e in mutandoni gialli supera i confini americani e si radica in tutto il mondo.
Nel 1987 Hulk combatte contro André the Giant., gigante di 520 libbre imbattuto nei ring da un ventennio. Hulk lo “schiena” con la sua mossa finale tipica, il Bodyslam, una schiacciata dell’avversario al ring dopo averlo sollevato. Hulk rimase campione della WWF per oltre 4 anni, per poi riperderlo a vantaggio di André The Giant.
Poi è la volta dell’epopea nel doppio insieme a “Macho Man” Randy Savage. Ma la coppia scoppia e i Randy inizio a sospettare che il buon Hulk Hogan avesse una simpatia non proprio da amico con la sua compagna e manager Miss Elizabeth che lo accompagnava sul ring.
Messa in scena, realtà, circo o sport? Perchè trovare una risposta, il wrestling è tutto questo, e soprattutto è divertimento leggero con popcorn e CocaCola. I due ex amici si battono per il titolo che apparteneva a Macho Man e Hulk torna campione. Poi nel 1990 riperde il titolo in un grande match contro Ultimate Warrior, l’ultimo guerriero. Un abbraccio commovente di congratulazioni sincere dopo la battaglia sancisce una nuova amicizia di quelle che spuntano sul ring. Mentre la nuova rivalità di Hulk Hogan è con il gigantesco cattivissimo scorrettissimo Earthquake, “il Terremoto” che gli ruppe due costole durante un match.
Ecco che la storia si lega di nuovo al ring del wrestling: il nuovo nemico del Hulk e di tutto il popolo americano è SGT. Slaughter, militare americano simpatizzante irakeno, traditore fischiatissimo negli anni che portarono alla prima guerra in Iraq con Bush senior.
Tutti i nuovi campioni si alternano sul ring, sempre più forti , sempre più odiati dal pubblico. Ma lui c’è sempre, e resiste. E’ la volta di Jake The Snake, di Undertaker, il “becchino”, del giapponese Yokozuna e di molti altri.
Poi Hulk si ritira e lascia la WWF. Viene chiamato a testimoniare nel 1994 nel processo contro la Federazione wrestling per l’uso di doping, di cui lo stesso Hulk fece ammissione.
Hulk tornò negli anni successivi in altre federazioni, combatte anni contro l’odiatissimo Ric Flair, il biondo ossigenato ultra fichetto che trattava con sprezzo la gente che affolava le arene del wrestling.
La popolarità di Hulk però non è più la stessa. La gente inizia a preferire lottatori più giovani e spettacolari come Chris Benoit e Eddi Guerrero.
E’ la svolta, Hulk per la prima volta inizia a fare scorrettezze e diventa uno dei “cattivi”, gli eroi negativi fischiati e odiati dal pubblico.
Cambia il suo personaggio, si rinomina in “Holliwood Hogan”. Gli anni passano, il wrestling perde appeal, il grande gioco, il carrozzone gioioso dei mitici e leggeri anni ’80 si è appesantito di intrighi, bulli, pupe e troppo troppo denaro.
La sceneggiatura non sembra più come un tempo quella divertente di un cartone animato, ma quella noiosa e intricata di una soap opera.
Gli stessi lottatori di venti anni prima si affannano in movimenti sempre più lenti e farseschi mentre ogni giorni gli organizzatori hanno la necessità di inventare nuove formule e sorprese.
Hulk Hogan cambia ancora varie volte nome e federazioni, gli story board ormai lo rendono un giorno un “buono ” e un giorno “un cattivo”. Combatte sui ring di mezzo mondo fino al 2010, poi inizia la sua carriera di manager all’interno del magnifico circo ormai diventato un carrozzone un po’ stanco e noioso.
In quei lunghi capelli tinti biondissimi, in quei muscoli plasticosi e lo sguardo un po’ vitreo degli ultimi anni c’è lo specchio di una Nazione che forse ha perso la sua purezza quasi infantile con cui amava i suoi miti, la sua capacità di credere in se stessa sempre e comunque. Hulk Hogan sembra ormai il vecchio triste campione impersonato da Micke Rourke in “The Wrestler”.
Anni di guerre reali e non sul ring hanno forse sancito un distacco da quella bandiera che gli “eroi del wresting” impersonavano in ogni sua stella, una disillusione che è stata vissuta anche attraverso i muscoli dell’eroe americano Hulk Hogan. Anche i buoni a volte diventano cattivi, e gli eroi in cui un popolo credeva con tutto se stesso certe volte levano la maschera e non sono quel che sembrano.
T.R.