PER LA CEDU SONO TRATTAMENTI INUMANI E DEGRADANTI, E’ COSI’ ANCHE PER IL DELITTO DI TORTURA DISCUSSO IN PARLAMENTO?
di dott.ssa Barbara Fuggiano (praticante avvocato)
La prima condanna della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) per le violenze perpetrate dalle forze dell’ordine all’esito del G8 di Genova del 2001, nella notte tra il 21 e il 22 luglio, è finalmente arrivata, nero su bianco. Condanna giusta e forte, ma certamente non inaspettata, anzi “anticipata” nelle motivazioni da più di qualche autore.
La sentenza sul ricorso n. 6884/2011 (caso Cestaro c. Italia, 7 aprile 2015) rende sicure altre condanne, considerando che per i fatti accaduti a Genova nel 2001 nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto sono oggetto di numerosi ricorsi individuali ancora pendenti di fronte alla CEDU.
Arnaldo Cestaro, 62 anni all’epoca dei fatti, era un militante di Rifondazione Comunista e subì diverse fratture al costato, agli arti e alla testa, sottoponendosi successivamente a interventi chirurgici per porre rimedio a quell’indebolimento permanente dell’organo della prensione e della deambulazione che, nell’immediatezza, venne rilevato dai medici genovesi. 45 mila euro sono il risarcimento per i danni morali che la Corte di Strasburgo gli ha riconosciuto, dopo aver ritenuto ammissibile il ricorso proposto ai sensi dell’art. 34 CEDU perché Cestaro è ritenuto ancora una “vittima” non avendo ricevuto “adeguato ristoro” dall’ordinamento nazionale.Ricorso ammissibile, ma anche – e soprattutto – fondato, perché le autorità italiane non hanno adempiuto agli obblighi sostanziali e procedurali imposti dall’art. 3 CEDU che, come noto, sancisce il divieto della tortura e di pene o trattamenti inumani e degradanti.La Corte, infatti, ha rilevato un difetto strutturale nell’ordinamento giuridico italiano che, ad oggi, impedisce in pratica ogni punizione non solo dei responsabili di atti di tortura ma anche degli autori di trattamenti inumani e degradanti; occorre, quindi, l’adozione di “misure generali” in tal senso e, in particolare, di strumenti giuridici idonei a sanzionare gli atti vietati dall’art. 3 CEDU.
Occorre, in parole povere, che – a distanza di ben 27 anni dalla ratifica della Convenzione ONU contro la tortura – l’Italia introduca il delitto di tortura.Arnaldo Cestaro ha commentato la condanna con parole forti: “I soldi non risarciscono il male che è stato fatto. È vero, è un primo passo quello di oggi, ma mi sentirò davvero risarcito solo quando lo Stato introdurrà il reato di tortura. Oggi ho 75 anni ma non cancellerò mai l’orrore vissuto. Ho visto il massacro in diretta, ho visto l’orrore del nostro Stato.
Dopo quindici anni, le scuse migliori sono le risposte reali, non i soldi”. Il G8 di Genova e il blitz alla scuola Diaz. Il 21 luglio 2001 si chiudeva il G8 di Genova, dopo tre giorni di manifestazioni e accesi scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, dopo la morte di un ragazzo che tutti noi italiani sicuramente ricorderemo, Carlo Giuliani, e dopo il ferimento di più di mille persone. Mentre alcuni manifestanti erano tornati a casa, molti, soprattutto stranieri, si erano fermati nel capoluogo ligure almento per un’altra notte.
Il Genoa Social Forum – aggregazione di movimenti, partiti e civili per la contestazione della globalizzazione – aveva fissato la propria sede, in occasione del G8, nel complesso scolastico Armando Diaz e, in particolare, nell’edificio Diaz-Pascoli per gli avvocati, gli operatori sanitari e i mezzi d’informazione, e nell’edificio Diaz-Pertini per i manifestanti non genovesi.Probabilmente per rispondere alle critiche mosse dall’opinione pubblica e dai media di non aver scongiurato i danni provocati dai black bloc nei giorni precedenti e per riaffermare la propria forza, nella sera del 21 luglio circa 300 poliziotti circondarono la scuola e iniziarono una perquisizione violenta nei confronti dei presenti, molti dei quali neanche comprendevano bene l’italiano.
La violenza gratuita degli agenti prese il sopravvento: decine di persone furono picchiate selvaggiamente, seppur in palese segno di resa e senza aver opposto alcuna resistenza. Gli arrestati di quella sera furono smistati tra gli ospedali della zona e la caserma di Bolzaneto, dove furono sottoposti ad altre violenze oggetto di un’altra (parallela) vicenda giudiziaria. Tutti conosciamo le tristi vicende di quella sera, perfettamente ricostruite dalla CEDU e oggetto anche di un film e un libro nonché di diversi articoli di questa rivista.
I tre gradi di giudizio in Italia.
Sulle accuse (falso ideologico, calunnia, abuso d’ufficio, porto abusivo di armi – in particolare, due molotov – e lesioni personali aggravate), il Tribunale di primo grado (sentenza n. 4252/2008, depositata il 13 novembre 2008) ha dichiarato solo 12 condanne, riconoscendo a Cestaro 35.000 euro di risarcimento danni e affermando che “in uno Stato di diritto non è invero accettabile che proprio coloro che dovrebbero essere i tutori dell’ordine e della legalità pongano in essere azioni lesive di tale entità, anche se in situazioni di particolare stress”.Con la sentenza di secondo grado (n. 1530/2010, depositata il 18 maggio 2010), la Corte d’appello di Genova riforma la sentenza precedente e condanna tutti i vertici della Polizia che erano stati assolti, per un totale di 25 condanne su 28 imputati.
La Corte, discostandosi dalle motivazioni della sentenza del Tribunale, ha affermato che “non è possibile descrivere i fatti in esame come la somma di singoli episodi delittuosi occasionalmente compiuti dagli operatori indipendentemente l’uno dall’altro in preda allo sfogo di bassi istinti incontrollati; al contrario, trattasi di condotta concorsuale dai singoli agenti tenuta nella consapevolezza che altrettanto avrebbero fatto e stavano facendo i colleghi, coerente con le motivazioni ricevute dai superiori gerarchici e con l’esplicito incarico di usare la forza per compiere lo sfondamento e l’irruzione finalizzati all’arresto di pericolosi soggetti violenti, senza alcuna preventiva o successiva forma di controllo sull’uso di tale forza.
La responsabilità di tale condotta e, quindi, delle lesioni inferte, è pertanto ravvisabile in capo ai dirigenti che organizzarono l’operazione e che la condussero sul campo con le modalità e le finalità sopra descritte […] perché scatenare una così rilevante massa di uomini armati incaricandola di sfondare gli accessi e fare irruzione nella scuola con la motivazione che all’interno soggiornavano i pericolosi Black Bloc che i giorni precedenti avevano messo a ferro e fuoco la città di Genova e si erano fatti beffe della Polizia, senza fornire un chiaro e specifico incarico sulla c.d “messa in sicurezza” o alcun limite finalizzato a distinguere le posizioni soggettive, significa avere la certa consapevolezza che tale massa di agenti, come un sol uomo, avrebbe quanto meno aggredito fisicamente ed indistintamente le persone che si trovavano all’interno, come in effetti è accaduto senza alcun segnale di sorpresa o rammarico manifestato da alcuno dei presenti di fronte all’evidenza del massacro”.
La Cassazione (sentenza n. 38085/2012, depositata il 2 ottobre 2010) conferma le condanne della sentenza di appello e dichiara prescritti i reati di lesioni aggravate, rimarcando con parole forti e chiare che “le violenze, generalizzate in tutti gli ambienti della scuola, si sono scatenate contro persone all’evidenza inermi, alcune dormienti, altre già in atteggiamento di sottomissione con le mani alzate e, spesso, con la loro posizione seduta in manifesta attesa di disposizioni, così da potersi dire che s’era trattato di violenza non giustificata e punitiva, vendicativa e diretta all’umiliazione e alla sofferenza fisica e mentale delle vittime”.
Le novità sul ddl per l’introduzione del reato di tortura. Lo scorso 5 marzo 2014 il Senato aveva approvato in prima lettura il disegno di legge n 2168 – risultante dall’unificazione di diverse proposte già presentate – sull’introduzione in Italia del delitto di tortura, del quale questa Rivista si è già occupata in più occasioni. Ci è voluto più di un anno perché la Camera avviasse la discussione sul testo già approvato: lo scorso 23 marzo l’esame è stato avviato e il 9 aprile – probabilmente in seguito al monito della CEDU – è stato approvato un testo definitivo che tornerà al vaglio del Senato, viste le modifiche.In particolare, sono state aggravate le pene (fino a 15 anni di reclusione) per il reato commesso da pubblici ufficiali, i tempi di prescrizione sono stati raddoppiati e si è introdotto il delitto (proprio dei pubblici ufficiali) di istigazione alla tortura.Vi è già chi storce il naso, perché il delitto così introdotto non risponde alle richieste della CEDU e non sarebbe applicabile, per esempio, proprio ai casi come quello della scuola Diaz (per i quali la CEDU è, invece, chiara: si tratta di tortura) perché l’ambito delle persone offese viene circoscritto a quello delle “persone affidate all’agente, o comunque sottoposte alla sua autorità, vigilanza e custodia”, dunque alle sole persone già arrestate e con l’esclusione delle violenze gravi e gratuite perpetrate nei confronti di chi non sia ancora stato tratto in arresto.
Incalzato sul punto, proprio il senatore Luigi Manconi, firmatario di uno dei ddl convogliati in quello attualmente in discussione, ha ammesso che il testo approvato è “mediocre, ma meglio di niente” e che, oltre a quello della scuola Diaz, si potrebbe fare un altro “esempio: nella vicenda di Federico Aldrovandi (il ragazzo ferrarese ucciso dalla polizia nel 2005, ndr) probabilmente questa legge non sarebbe stata applicata. Lo considero un grave limite. Allo stesso tempo dico che, in quella circostanza, i magistrati in tre gradi di giudizio hanno condannato i poliziotti responsabili di quell’omicidio.
Quindi, in presenza di un testo mediocre come quello approvato ieri, tutto torna alle decisioni della magistratura, la quale in passato ha lamentato l’assenza di una legge simile e oggi, pur con tutti i limiti di questo provvedimento, verrebbe dotata di uno strumento in più con cui intervenire laddove si commettono efferate violenze”.
L’Italia è già in spaventoso ritardo e il compito della magistratura è proprio quello di dare contenuto e applicazione alle leggi: i tempi sono maturi, gli strumenti ci sono… Si faccia presto.