VEDIAMO DI COSA SI TRATTA E QUAL’E’ L’ANDAMENTO DEL 2016
del dottor Giorgio Rossi (Oncologo)
Lo scorso 27 settembre a Roma presso il Ministero della Salute è stato presentato l’annuale censimento ( giunto alla sesta edizione ) sull’andamento dei tumori in Italia nell’anno 2016 redatto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM).
Nella prefazione al libro, il Ministro Beatrice Lorenzin, evidenzia la qualità del nostro sistema assistenziale : “la sopravvivenza nel nostro Paese è allineata alla media europea e per molti tipi di tumore è superiore. Quello che veniva un tempo considerato un male incurabile è divenuto, in moltissimi casi, una patologia di cui si può guarire o, comunque, con cui si può convivere”.
Ogni giorno circa 1000 persone ricevono diagnosi di tumore e in prevalenza si tratta di donne; infatti i nuovi casi di tumore aumentano tra le donne e diminuiscono tra gli uomini.
Nel 2016 le italiane colpite dalla malattia sono 176.200 ( erano 1689.900 nel 2015) : in particolare quest’anno sono stimati 50.000 nuovi casi di tumore al seno /( 48.000 nel 2015). Un incremento che può essere anche ricondotto all’ampliamento della fascia d’età degli screening mammografici in alcune Regioni, che ha prodotto un aumento significativo dell’incidenza tra i 45 e i 49 anni.
Per gli uomini, invece, si assiste a un fenomeno opposto, con 189.600 nuove diagnosi e un calo del 2,5% ogni 12 mesi( erano 194.400 nel 2015) : perché i big killer iniziano a far meno paura, in particolare le neoplasie del polmone, prostata , colo-retto e stomaco.
Nel 2016 sono stimate complessivamente più di 365.000 nuove diagnosi di cancro. Escludendo i carcinomi della cute ( non melanomi), il tumore più frequente, nel totale di uomini e donne, risulta quello del colon-retto con 52.000 nuove diagnosi stimate per il 2016 ( 29.500 uomini e 22.900 donne) , seguito dal tumore della mammella con circa 50.000 nuovi casi; seguono il timore del polmone con oltre 41.000 nuovi casi ( 27.800 uomini e 13.500 donne), della prostata con 35.000 nuove diagnosi e della vescica con circa 26.600 nuovi casi ( 21.400 tra gli uomini e 5.200 tra le donne).
Negli uomini prevale il tumore della prostata che rappresenta il 19% di tutte le neoplasie diagnosticate; seguono quello del polmone (15%), del colon retto (13%), della vescica (11%) e dello stomaco (4%).
Tra le donne il cancro della mammella rappresenta il 30% delle neoplasie, seguito da colon-retto (13%), polmone (6%), tiroide (5%) e corpo dell’utero (5%).
Dai confronti nazionali, il Rapporto conferma ancora una differenza nel numero di nuovi casi fra Nord e Sud. Da un lato al Sud persistono fattori protettivi che rendono ragione di una minore incidenza di alcune neoplasie ( come ad esempio prostata, rene, melanoma , esofago ). Dall’altro però, la minore attivazione degli screening programmati al Sud ( con conseguente ritardo diagnostico) spiega i valori di sopravvivenza che per alcune sedi tumorali rimangono inferiori di quelli registrati al Nord.
Per la prima volta quest’anno nel volume si approfondiscono alcuni temi di prevenzione.
In particolare viene sottolineato il ruolo del test per la determinazione dell’Antigene Prostatico Specifico (PSA) la cui introduzione negli anni ’90 ha modificato profondamente l’epidemiologia del tumore della prostata, ma che, ancor oggi, presenta l’aspetto negativo del rischio di sovradiagnosi, cioè l’individuazione di tumori che non avrebbero dato luogo a sintomi e non sarebbero stati mai diagnosticati a causa della loro lenta crescita . I risultati riportati nella letteratura internazionale, non sono ancora sufficienti a giustificare un’attività di screening su tutta la popolazione e servono strategie migliori per minimizzare sovradiagnosi e sovratrattameti e individuare gruppi a rischio più specifici oltre al fattore età.
Altro focus sulla prevenzione riguarda il tumore della cervice uterina; uno dei più frequenti nelle giovani donne (under 50), al 5° posto con 2.300 nuove diagnosi stimate in Italia nel 2016. Alcuni programmi di screening hanno sostituito il Pap-test con il test Hpv ( Human Papilloma Virus), nell’ambito di progetti pilota o attività di routine .
Numerosi studi hanno evidenziato una maggiore sensibilità del test Hpv nell’individuazione di lesioni tumorali rispetto al tradizionale Pap-test. Attualmente in Europa diversi documenti di indirizzo lo propongono come test primario e l’ Italia, insieme all’Olanda , primi in Europa, hanno iniziato questo cambiamento che sta progressivamente prendendo piede sulla base delle raccomandazioni emanate dai rispettivi Ministeri della Salute nel Piano Nazionale della Prevenzione.
Al momento il test Hpv viene proposto a partire dai 30-35 anni con intervallo quinquennale, mentre nella fascia di età precedente, fra i25 e i 30 anni, si continuerà ad utilizzare il Pap-test con intervallo triennale.
I dati raccolti nel libro, come ogni anno, rispondono ad elevati standard di qualità in termini di completezza e permettono di offrire una stima molto precisa dell’incidenza anche nelle aree non coperte dai Registri Tumori e quindi rappresenta un riferimento indispensabile per il clinico e per chi ha la responsabilità della programmazione sanitaria.