I rischi dell’elettromagnetismo sulla salute

UNO STUDIO DELLLA COMMISSIONE EUROPEA SUI CAMPI ELETTROMAGNETICI

del dottor Giorgio Rossi

imagesCi preme tornare su un argomento più volte trattato in questa rubrica per riferire l’opinion dello SCENIHR (Scientific Committee on Emerging and Newly Indentified Health Risks ) Comitato scientifico sui rischi sanitari emergenti della Commissione Ue pubblicato nel marzo scorso e riguardante l’elettromagnetismo e i potenziali effetti sulla salute. Si tratta di upgrade dell’opinion del 2009, un aggiornamento necessario vista la comparsa in letteratura di nuovi studi sull’argomento, in particolare sono stati presi in esame gli studi sui campi elettromagnetici non ionizzanti, svolti nel periodo 2009-2014, per valutare l’eventuale insorgenza di effetti non termici. Infatti gli effetti non termici sono quelli che possono derivare da esposizioni a lungo termine a bassi livelli di campo, quali quelli a cui siamo sottoposti nella vita di tutti i giorni.

Va ricordato che quando parliamo di elettromagnetismo o, con termine giornalistico, di elettrosmog , si intendono radiazioni non ionizzanti, emesse da campi elettrici e magnetici, formate da onde e non da particelle, a differenza delle radiazioni ionizzanti formate, invece, da particelle, come i raggi X, gli elettroni, ecc. con usi ed effetti notevolmente differenti. Inoltre nell’ambito dei campi elettromagnetici bisogna distinguere due fondamentali tipi di onde: a bassa frequenza -Extremely Low Frequency- (ELF) ( da 0 a 10 kHz) e ad alta frequenza che a sua volta comprende le radiofrequenze (RF) (da 30 kHz a 300 MHz) e le onde MW (medium wave) (onde medie) (da 300 MHz a 300 Ghz). Tra gli effetti prodotti dai campi elettromagnetici bisogna distinguere due fondamentali tipologie: a) effetti biologici che si verificano quando l’esposizione provoca qualche variazione in un sistema biologico (ad esempio una cellula dell’organismo) che resta comunque nell’ambito fisiologico, b) effetti sulla salute quando l’effetto biologico è tale da non poter essere compensato naturalmente dall’organismo. Questi ultimi vanno poi distinti in acuti e cronici . I primi sono quelli a breve termine con presenza di soglia di esposizione ( tipo l’effetto termico); i secondi sono a lungo termine senza presenza di soglia e entrano in un quadro molto più complesso a tutt’oggi non ancora del tutto determinato.

 

Il team dello SCENIHR, a cui hanno partecipato anche ricercatori italiani del CNR, ha analizzato circa 900 lavori scientifici, tra cui studi epidemiologici, studi in vivo e in vitro e studi sull’uomo, prendendo in considerazione solo quelli più rigorosi e già passati al vaglio di revisioni precedenti. Sotto esame i campi elettromagnetici a radiofrequenza (cellulari, wi-fi, stazioni radio-televisive, cordless), a bassa frequenza (linee di trasmissione dell’energia elettrica) e anche la banda dei terahertz (RaggioT) utilizzata nelle applicazioni industriali e biomedicali.

I risultati emersi per ogni tipo di frequenza in relazione alle varie patologie sembrano scagionare le onde elettromagnetiche , o comunque non poterle condannare con certezza.

Per quanto riguarda le radiofrequenze (RF) gli studi epidemiologici non mostrano indicazioni di un legame tra utilizzo dei cellulari e aumentato rischio di tumori cerebrali o della regione testa-collo.

Per i disordini neurodegenerativi, come la demenza di Alzheimer, e i danni al sistema riproduttivo, gli studi presi in analisi non mostrano prove evidenti di un aumentato rischio.

Ne caso delle basse ffrequenze, gli studi epidemiologici esistenti confermano l’eventuale rischio di leucemie infantili in caso di esposizione media giornaliera superiore a 0,3-0,4 microtesla; tuttavia manca la prova di un’associazione causa-effetto.

Per quanto la banda dei terahertz (Raggio T) ancora pochi sono i dati disponibili data la recente comparsa di questa banda, ma viene comunque fatta la raccomandazione di approfondire gli effetti a lungo termine di basse esposizioni sulla cute, mentre a breve termine di alte esposizioni sulla cornea.

Non mancano reazioni ai risultati dell’opinion; infatti alcune associazioni hanno giudicato il documento SCENIHR come di parte sostenendo che avrebbe preso in considerazione solo gli studi negazionisti del rischio sulla salute.

Eppure i risultati dell’opinion non sono in contrasto su quanto riportato in precedenza da altre istituzioni come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e gli americani Ceenters for Disease Control and Prevention che hanno affermato che non ci sono evidenze scientifiche di anni alla salute derivanti dai cellulari e che servirebbero ulteriori studi per determinare la correlazione causa-effetto.

D’altro canto anche la revisione svolta nel 2011 dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) che finì per classificare i campi elettromagneti a radiofrequenze come possibili cancerogeni in classe 2B, non ha mai messo una parola definitiva sul nesso tra cellulari e maggiore insorgenza di tumori cerebrali trovando un’evidenza scientifica “limitata; infatti, la categoria 2B viene utilizzata quando un’associazione causa-effetto è ritenuta credibile ma non è possibile escludere con certezza il ruolo del caso e di distorsioni nell’ambito degli studi analizzati.

 

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