BREVE RIFLESSIONE E ANALISI SULLA NORMATIVA ATTUALE.
di Dott.ssa Serena Cantarelli
“A 16 anni le opzioni sono due visto che
O diventi pugile o diventi come me
Che sono debole”
Canta Michele Salvemini, in arte Caparezza. Un testo autobiografico di un singolo pubblicato nel 2006 e che appare quanto mai attuale. E sì! Perché i dati forniti dall’Istat, a marzo dello scorso anno, sono allarmanti: più del 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni riferisce di essere stato vittima, nei 12 mesi precedenti l’intervista, di un episodio offensivo o non rispettoso o violento; uno su cinque dichiara di aver subito azioni tipiche di bullismo una o più volte al mese e per quasi la metà di questi casi si tratta di una ripetizione degli atti decisamente asfissiante, una o più volte a settimana. Il cyberbullismo, invece, ha colpito il 22,2% di tutte le vittime di bullismo e nel 5,9% dei casi si è trattato di azioni ripetute più volte al mese.
Il 7 febbraio scorso è stata la Quarta Giornata Nazionale contro il bullismo. Un momento importante, certo, ma la battaglia per lo sviluppo dell’empatia, all’educazione al reciproco rispetto, alla risoluzione dei conflitti nei rapporti interpersonali, alla capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo dell’altro, deve essere condotta con perseveranza.
Tanto più in un’epoca, quella dell’era digitale, in cui la tecnologia sta rapidamente trasformando lo stile della comunicazione umana, in cui l’essere connessi rappresenta un dato di fatto, un’esperienza connaturata alla quotidianità, ma anche dove il contatto con l’altro si fa più labile, impalpabile, sino a perdersi.
Ma cosa sono bullismo e cyberbullismo? E quali le difficoltà incontrate nell’arginare tali fenomeni?
Con il termine bullismo s’intende definire un comportamento aggressivo e ripetitivo nei confronti di che non è in grado di difendersi, normalmente ragazzi in giovane età.
Le principali caratteristiche di tale fenomeno sono rinvenibili nella intenzionalità del comportamento offensivo, nella la sistematicità delle azioni aggressive e nell’asimmetria di potere tra vittima e persecutore.
Il cyberbullismo, che peraltro non caratterizza solo il mondo degli adolescenti ma, in buona misura, anche quello degli adulti, è invece definito come un atto aggressivo e intenzionale, condotto da un individuo o un gruppo, usando varie forme di contatto elettronico ripetuto nel tempo. Tale fenomeno peraltro presenta delle caratteristiche sue proprie come la possibile anonimità dell’aggressore, l’assenza di confini spaziali e temporali, la “vastità del pubblico”, ecc.
Nonostante le definizioni non è facile cogliere le emergenze sociali in atto, specie quelle legate al fenomeno del cyberbullismo: il rischio è quello di ascrivere determinati comportamenti a semplici “ragazzate” o stili di vita; allo stesso modo però, si rischia di demonizzare semplici interessi o “mode” di una nuova epoca.
Appare comunque chiaro che i ragazzi non sembrano pronti ad affrontare tali fenomeni di violenza e consci dei danni spesso irreparabili che possono essere arrecati alle vittime e, cosa ancor più grave, che i genitori e gli insegnanti lo siano ancora meno.
Nella dichiarazione universale dei diritti del fanciullo si legge che “l’umanità ha il dovere di dare al fanciullo il meglio di se stessa” e che “il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione e godere di possibilità e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti, in modo da essere in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico intellettuale morale spirituale e sociale in condizioni di libertà e di dignità”.
Oggi sappiamo quali e quanto dannose possano essere le conseguenze del bullismo per la vittima e (non va dimenticato) per l’oppressore, dunque diventa sempre più importante creare un sistema di misure sociali che stimolino e favoriscano la cultura del rispetto del prossimo.
I primi passi sono stati fatti: il 18 giugno del 2017 è entrata in vigore la legge n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, dedicata a Carolina Picchio, la ragazza quattordicenne che, 4 anni prima, si tolse la vita a causa di un video che la riguardava e che in poche ore aveva fatto il giro del web.
Il sistema elaborato da tale normativa è sicuramente apprezzabile laddove diretto a contrastare il fenomeno attraverso “azioni a carattere preventivo”. Tuttavia, gran parte degli interventi postulati dalla norma sono destinati a trovare applicazione all’interno delle scuole (viene introdotta la figura del docente referente, responsabilizzata la figura del dirigente della scuola, promossa l’educazione scolastica all’uso della rete internet, ecc.) e l’unica misura sanzionatoria introdotta riguarda l’applicazione, in assenza di denuncia, della disciplina sull’ammonimento da parte del questore.
Ancorché incompleta, la legge ha il pregio di aver fornito una definizione giuridica del cyberbullismo e di aver affrontato per la prima volta il fenomeno.
E’ un inizio, ma oramai la strada è tracciata ed altre iniziative hanno preso o stanno prendendo corpo.
Il vuoto lasciato dalla normativa è sovente colmato da leggi regionali, intervenute sia prima sia dopo la legge del 2017. Tra tante, merita di essere segnalata Legge regionale 22 maggio 2017, n. 11, della regione Campania, la quale offre una definizione di bullismo come “i comportamenti e gli atti offensivi o aggressivi che un individuo o un gruppo di persone compiono ripetutamente ai danni di una o più vittime, per umiliarle, marginalizzarle, dileggiarle o ridicolizzarle per ragioni di lingua, etnia, religione, orientamento sessuale, aspetto fisico, disabilità ed altre condizioni personali e sociali della vittima”.
Il 29 gennaio 2020, dopo il lungo applauso alla testimonianza del deputato Filippo Sensi, esso stesso vittima di bullismo, la Camera ha approvato la proposta di una nuova legge di contrasto al bullismo, una sorta di estensione della legge del 2017, volta alla “repressione” del fenomeno.
Per prima cosa il nuovo testo modifica il codice penale, intervenendo sul delitto di atti persecutori, per estendere l’illecito penale alle condotte di “reiterata minaccia e molestia che pongono la vittima in una condizione di emarginazione”.
Vengono, inoltre, appesantite le sanzioni a carico dei soggetti adulti che esercitano la responsabilità genitoriale, in particolar modo laddove omettano di impartire o far impartire l’istruzione obbligatoria ai minori, e ribadito il ruolo delle scuole nella educazione e nel monitoraggio del fenomeno.
Queste sono solo alcune delle novità contenute nella proposta di legge approvata dalla Camera. In attesa della conclusione dell’iter legislativo echeggiano le parole del deputato Sensi: “Il confine tra la vita e la morte è il nostro corpo, nella fragile esistenza delle persone, e quella vergogna indotta, quello specchio deformante può interrompere traumaticamente quel processo di individuazione che siamo, nella nostra fragile esistenza”.