AD OGGI I 2000 BRACCIALETTI A DISPOSIZIONE SONO GIA’ TUTTI TERMINATI. CADE UNO DEI PILASTRI DEL SISTEMA C.D. SVUOTA-CARCERI?
di Avv. Valentina Copparoni (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni di Ancona)
In questi mesi si parla tanto dell’uso del cosidetto “braccialetto elettronico” ma quel è la storia di questo dispositivo? Come funziona e quali novità in materia sono state portate dalle recenti modifiche finalizzate a ridurre il cronico sovraffollamento delle carceri italiane?
Partiamo dalla fine o meglio da una delle tante modifiche al nostro codice di rito nonché all’ordinamento penitenziario che si stanno susseguendo affannosamente in questi mesi.
Il decreto legge n.146/2013, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10 pubblicata nello stesso giorno in Gazzetta Ufficiale n. 43.La nuova disciplina, tra i vari interventi, modifica anche alcuni articoli del nostro codice di procedura penale ed in particolare la disciplina del cosidetto “braccialetto elettronico”.
In particolare, molto importante appare l’intervento sull’art. 275bis c.p.p.Tale norma prevedeva che “il Giudice, se lo ritiene necessario, in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria.Con lo stesso provvedimento il Giudice prevede l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione dei mezzi e strumenti anzidetti”.
Con la nuova disciplina, invece, viene stabilito che: “il Giudice, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici..”.In termini più semplici e meno atecnici, significa che l’applicabilità del bracialetto elettronico diventa la regola a meno che, a seguito della valutazione del caso concreto, il Giudice non ne escluda la necessità. Tale principio – braccialetto elettronico come regola e non come eccezione – a ben vedere e leggendo in maniera sistematica le varie norme che si sono susseguite nel tempo, dovrebbe essere limitato soltanto in caso di applicazione della misura degli arresti domiciliari e non anche in sede all’applicazione della detenzione domiciliare quale esecuzione della pena dato che il nuovo art. 58quinquies dell’ordinamento penitenziario continua a stabilire che le Autorità Giudiziarie competenti “possono prescrivere procedure di controllo anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici”.
Ma al di là di specificazioni tecniche e giuridiche, l’introduzione del braccialetto elettronico in realtà non è una novità recente.
A dire il vero venne introdotto già nel 2000 quando l’allora Ministro dell’Interno Enzo Bianco diede il via alla sperimentazione di questi dispositivi con la previsione di 400 braccialetti. Ancora una volta venne utilizzato il decreto legge (c.d. decreto antiscarcerazioni) quale strumento d’urgenza e poi la legge 19 gennaio 2001, n. 4 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, recante disposizioni urgenti per l’efficacia e l’efficienza dell’Amministrazione della giustizia” che stabiliva con l’introduzione dell’art. 275 bis cpp che: 1) Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, se lo ritiene necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria. 2) L’imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all’applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all’ufficiale o all’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la misura. 3) L’imputato che ha accettato l’applicazione dei mezzi e strumenti di cui al comma 1 è tenuto ad agevolare le procedure di istallazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.”.
Con il decreto antiscarcerazioni veniva introdotto anche il comma 4 bis all’art.47 ter dell’ordinamento penitenziario.
Successivamente il Ministero dell‘Interno con decreto 2 febbraio 2001 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15 febbraio 2002 ) stabiliva le modalità di installazione ed uso e descrizione dei tipi e delle caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei casi previsti dall’art. 275-bis del codice di procedura penale. In particolare nell’allegato 1 il Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro della Giustizia determinarono le modalità di installazione ed uso e sono stati individuati i tipi e le caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari e dei condannati sottoposti agli arresti domiciliari.Questo disciplinare tecnico, vecchio ormai di 14 anni, detta a tutt’oggi in parte le regole della sorveglianza e prevede l’utilizzo di una linea telefonica fissa, ISDN o analogica, al domicilio; non è previsto l’uso di tecnologie satellitari (GPS) né di reti di telefonia cellulare. Non è neppur nominata l’ADSL.
Venne sottoscritta cosi una Convenzione con la società Telecom spa sia per il noleggio, l’installazione ed assistenza di 2000 apparecchi su tutto il territorio nazionale sia per la predisposizione infrastrutturale e la gestione operativa della piattaforma tecnologica. Dal 2001 al 2003 vi è una prima sperimentazione in 5 province.
Nel 2003 il nuovo Ministro dell’Interno Pisanu firmò una nuova convenzione con la Telecom, stabilendo la stessa quantità di braccialetti fino al 2011, per un costo superiore a dieci milioni di euro.Alla data del 31.12.2011 i braccialetti elettronici attivati sono complessivamente 14 e per questi il Il Ministero ha speso 81,3 milioni di euro .
Nei primi mesi del 2012 però c’è un terzo rinnovo, questa volta a opera del Ministro Cancellieri che conferma la convenzione con la Telecom; un rinnovo finisce che sotto l’occhio attento e vigile della Corte dei Conti che nomina un’apposita commissione per la verifica della situazione.Nel frattempo il Tar del Lazio, su ricorso di Fastweb, dichiara inefficace la convenzione, non essendo giustificata una trattativa diretta senza una gara pubblica, ma il Consiglio di Stato rimette la questione della sorte del contratto annullato alla Corte di Giustizia Europea e dunque a tutt’oggi la gestione dei bracciali rimane in mano a Telecom.
Dopo anni di interesse abbastanza marginale per tale strumento, ecco un rinnovato interesse proprio in questo ultimo periodo forse per la maggiore sollecitazione da parte dell’Europa nei confronti dell’Italia per ridurre la popolazione carceraria.
In ogni caso, al di là di specificazioni strettamente giuridiche e tecniche, tali modifiche rendono evidente la volontà del Legislatore di sfruttare al massimo strumenti di controllo a distanza in modo da aumentare il numero di soggetti al di fuori dell’ambito carcerario e ridurre in questo in modo il sovraffollamento cronico degli istituti penitenziari.
Pur nella buona volontà del Legislatore è rimasta, però, la previsione del comma 1 dell’art 275 bis c.p.p. che, anche a seguito delle nuove modifiche, rimane invariato nella parte in cui stabilisce che il Giudice applica le particolari modalità di controllo “quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria”.Ne consegue che il sistema di utilizzo dello strumento elettronico è condizionato fortemente all’effettiva disponibilità materiale di tali apparecchi. Se si pensa che tale strumenti sono previsti, come visto, anche dall’ordinamento penitenziario per il controllo della detenzione domiciliare nonché dalla nuova disciplina sulla misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare ai sensi del D.L. 93/13 che novella l’art. 282 bis c.p.p., è evidente la necessità di un numero molto elevato di macchinari.
Ed ecco che notizia di queste settimane è proprio la mancanza di disponibilità di tali apparrechi.
La convenzione con la Telecom ne prevedeva 2000 contemporaneamente attivi, di cui in percentuale massima del 10% (ovvero massimo 200) in modalità outdor ovvero come meglio vedremo con il sistema GPS integrato che permette il monotoraggio fuori dall’ambiente domestico o da altro luogo di permanenza.Della fine di tali dispositivi aveva dato notizia a giugno il quotidiano Corriere della Sera attraverso cui il Capo della Polizia Alessandro Pansa chiedeva al Ministero dell’Interno di giungere a nuove convenzioni per ampliarne la disponibilità. Purtroppo, però, l’ipotesi di ampliare il numero dei dispositivi previsti in convenzione con la Telecom non appare percorribile perché questo contratto è stato dichiarato inefficace dal Consiglio di Stato -perchè troppo costoso- che ne ha prorogato la validità fino al 31 dicembre 2014.Anche il Capo di Gabinetto del Ministero della Giustizia, Giovanni Melillo, ha scritto ai Procuratori delle Corti di Appello di tutt’Italia spiegando che se la legge vorrebbe un maggiore uso di questi dispositivi purtroppo però la disponibilità è finita e si dovrà attendere parecchio prima di una nuova produzione.
Il costo del contratto con la Telecom sostenuto dal Ministero della Giustizia è stato di 11 milioni di euro l’anno e già 80 milioni erano stati spesi nel 2001 al tempo della vera e propria introduzione del dispositivo. Un costo elevatissimo che ne aveva limitato – se non impedito – l’uso.
Ora il Ministero dell’Interno dovrebbe aver avviato iniziative per definire di un capitolato tecnico da portare a base di una gara per il nuovo servizio di braccialetto elettronico, ma i tempi che si prospettano sono molto lunghi, forse almeno un anno.
Ma come funziona dal punto di vista tecnico questo particolare dispositivo?
Il braccialetto elettronico è costituito da un trasmettotore applicato di regola alla caviglia, a tenuta stagna, di materiale ipoallergenico e di dimensioni e peso contenuti che sopporta un peso di 40 kg prima di rompersi e fino a 70 gradi di temperatura. Il dispositivo trasmette impulsi radioelettrici a banda di frequenza compresa tra i 433,05 ed i 434,79 MH.
Un’unità di sorveglianza locale (cosidetta SMU), ossia una sorta di piccola centrale, viene istallata presso l’abitazione del soggetto sottoposto al controllo e permette di monitorarlo nell’ambito di un perimentro ben definito grazie ad un segnale che viene emesso dal dispositivo. Il soggetto sotto controllo deve rimanere nel raggio definito altrimenti scatta l’allarme alla centrale operativa delle forze dell’ordine cui è collegata l’unità di sorveglianza locale; lo stesso accade se il dispositivo o l’unità di sorveglianza viene in qualche modo danneggiata o manomessa. In questi casi le forze dell’ordine possono mettersi in contatto direttamente con il soggetto attraverso una linea telefonica dedicata per avere spiegazioni sull’accaduto e decidere se inviare o meno una pattuglia per controllare.
Esiste poi un sistema più evoluto chiamato “outdoor tracking (GPS)” . Il braccialetto è sempre indossato alla caviglia ed in caso di autorizzazione all’allontanamento dall’abitazione o dal luogo di permanenza si attiva un sistema GPS che permette di monitorare ed indicare la posizione del soggetto in tempo reale.
Più nello specifico il sistema offre le seguenti funzionalità di :
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mostrare la posizione del soggetto su mappa, in modalità continua o in periodi specifici;
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mostrare l’ultima posizione nota;
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predisposizione di zone di permanenza obbligata o di non avvicinamento a luoghi predefiniti;
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stampa mappa e storico dei movimenti del soggetto
Si possono distinguere poi due tipologie di applicazione: il controllo diretto di una o più persone nei loro spostamenti sia in tracciamento continuo che inposizionamento periodico programmato; il controllo diretto di una o più persone per non consentirgli di avvicinarsi o stazionare in aree/perimetri interdetti, con attivazione di allarme.
La procedura di attivazione, al pari di quella di disattivazione, prevede una serie di formalità e passaggi tra la magistratura che autorizza l’uso del braccialetto , le forze dell’ordine e una centrale operativa che coordina il tutto anche in caso di permessi di uscita ottenuti dal soggetto “portatore” di braccialetto elettronico.
In particolare una volta raccolto il consenso dell’interessato e verificata l’idoneità del domicilio, le forze di polizia coordinano le operazioni necessarie per dare corso all’effettivo svolgimento della misura e in particolare coordinano con la Telecom la data per l’installazione del dispositivo dandone comunicaaione alla Polizia Penitenziaria per la traduzione sul posto del detenuto.