GIORNATA MONDIALE DELLA SALUTE DEDICATA ALLA SICUREZZA ALIMENTARE
del dottor Giorgio Rossi (Medico Oncologo)
Il 7 aprile si è svolta la Giornata Mondiale della Salute e quest’anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha scelto il tema della sicurezza alimentare.
“How safe is your food? From farm to plate, make you food safe” è la campagna lanciata per sottolineare l’importanza di consumare prodotti sicuri lungo tutta la catena alimentare , dalla produzione al trasporto, alla preparazione e al consumo. In un mondo sempre più globalizzato, infatti, capita spesso di mangiare cibi che provengono da molto lontano.
Con quali ingredienti sono preparati? La fase di produzione è stata corretta e il trasporto è avvenuto in sicurezza?
Sono domande legittime visto che dietro molti dei prodotti della catena alimentare globalizzata si nascondono seri rischi per la salute.
Lo dicono i dati OMS: due milioni di persone ogni anno muoiono a causa del cibo poco sicuro, soprattutto bambini, e le malattie di origine alimentare sono molto diffuse.
Alimenti contenenti batteri, virus e sostanze chimiche sono causa di oltre 200 patologie, dalla diarrea al cancro. Per questo l’OMS ha individuato cinque misure-chiave da mettere in pratica per ottenere alimenti sicuri ed evitare le malattie alimentari.
Prima cosa, la pulizia. La prima regola è lavarsi le mani prima di toccare gli alimenti e rilavarle spesso quando si lavora in cucina. Lavare tutte le superfici di lavoro e gli strumenti che entrano in contatto con il cibo e tenere lontani insetti, roditori e altri animali dalla cucina e dagli alimenti.
La seconda indicazione dell’OMS è quella di tenere separati i cibi crudi come carne, pollame e pesce da quelli cotti. Non usare per altri alimenti gli utensili usati per preparare gli alimenti crudi e utilizzare recipienti chiusi per evitare ogni contatto tra cibi crudi e alimenti pronti al consumo.
Terza regola cuocere bene gli alimenti, soprattutto carne, uova, frutti di mare e pollame. Minestre e ragù devono bollire finché non raggiungono i 70 gradi, mentre carne e pollame devono diventare di colore chiaro e non essere rosa.
Inoltre è importante non lasciare gli alimenti cotti a temperatura ambiente per più di due ore , refrigerare subito tutti i cibi cotti e facilmente deperibili, meglio se a una temperatura sotto i 5 gradi, non conservare troppo a lungo il cibo in frigo e non scongelare il cibo a temperatura ambiente.
Ultima regola riguarda l’uso di acqua sicura per lavare e trattare il cibo, lavare sempre frutta e verdura, scegliere il latte pastorizzato ed evitare di mangiare gli alimenti dopo la data di scadenza.
Regole comunque valide anche per chi, come noi italiani, usufruiscono, spesso a chilometro zero, della dieta mediterranea che oltre ad essere salutare risulterebbe anche meno inquinante rispetto ai regimi alimentari più tipici di paesi come Inghilterra e Stati Uniti.
Ricercatori spagnoli, infatti, hanno realizzato uno studio, pubblicato su Journal of Health Services Research and Plicy, in cui sono stati esaminati 400 pranzi e 400 cene con menu tipicamente mediterranei dei quali hanno rilevato il “carbon footprint” ovvero la quantità di anidride carbonica emessa a essi associata, confrontandola con quella di menu di altri paesi.
Il “carbon footprint” relativo alla dieta mediterranea è risultato decisamente inferiore a quelle dei regimi alimentari anglosassoni. Le ragioni alla base del dato sarebbero da ricercare nell’inferiore presenza di carne nell’alimentazione mediterranea ,per produrre la quale vengono emesse maggiori quantità di anidride carbonica.
Come risaputo,frutta e verdura, sempre ben lavata come consigliato dall’OMS, insieme all’olio di oliva rappresentano i fondamenti della dieta mediterranea, ma il famoso detto popolare “ una mela al giorno toglie il medico di torno”, tanto usato per testimoniare l’importanza delle sane abitudini alimentari, sembrerebbe non valga più. E’ quanto sostiene un originale studio condotto alla University of Michigan School of Nursing di Ann Arbor, negli USA, che ha voluto andare a fondo e indagare la veridicità del noto adagio. Lo studio, pubblicato su Jama Internal Medicine, analizza i dati di 8.399 persone, già reclutate per il programma National Health and Nutrition Examination Survey, confrontando i consumatori di mele ( quelli che mangiano almeno una mela al giorno), in tutto 753 pari al 9% del campione , con i non consumatori, ben 7.646, pari al 91% .
Dai risultati emerge che chi magia una mela al giorno o più, non mostra alcuna differenza significativa in merito a visite mediche, ricoveri ospedalieri e ricorso a professionisti della salute mentale rispetto al gruppo dei non consumatori di mele. Piuttosto i consumatori di mele ricorrono meno alle prescrizioni dei farmaci.
Pertanto i ricercatori concludono suggerendo che il vecchio adagio popolare andrebbe modificato: “ una mela al giorno toglie il farmacista di torno” ( è non è comunque poco!!!).