SUPERMARKET: BENEFICENZA E ANTI-SPRECO
ANCONA – di Giampaolo Milzi (hanno collaborato Silvia Breschi e Irene Coltrinari) – Supermercati addobbati a festa, allegre musiche soft con voci bianche e scampanellii, atmosfere più calde per invitare al consumo, che già di per sé – crisi o non crisi – s’impenna da metà dicembre fino all’Epifania. Ma purtroppo nei market più o meno mega, in questo periodo, continua ad impennarsi anche lo spreco alimentare, con un fiume di prodotti invenduti che finiscono nei bidoni di raccolta dell’organico e solo in parte vengono trattati e riciclati. Accade in tutto il mondo, Italia e Ancona comprese. Tuttavia da qualche anno la tendenza tende a diminuire, soprattutto dall’anno scorso, quando il Parlamento ha approvato una legge, la n°166 “Gadda”, entrata in vigore il 14 settembre 2016, proprio contro lo spreco alimentare, che prevede meno burocrazia e incentivi anche alla grande distribuzione.
Un monitoraggio di Urlo compiuto nei punti vendita del capoluogo regionale conferma il trend positivo: cibo fresco e confezionato rimasto sugli scaffali, il più delle volte prossimo alla scadenza, dirottato a favore di associazioni caritatevoli o mense dei poveri; non mancano promozioni per certi prodotti, con una percentuale del costo devoluta in beneficenza. Ma esistono ancora le pecore nere (ne citiamo più avanti alcuni) ancora sorde alle campagne di sensibilizzazione in merito. Tra le catene più virtuose, ad Ancona, la Coop e quella dei Simply Market e dei Punti Sma.
Si chiama “Brutti ma buoni”, l’iniziativa Coop che – durante tutto l’anno e in particolare nel periodo delle feste di dicembre e inizio gennaio – dirotta prodotti ancora “buoni”, appunto, per il consumo, e di frequente anche “brutti”, perché le confezioni sono ammaccate o un po’ deteriorate, che vengono donati a chi ne ha bisogno. Alla Coop della Montagnola li inviano alla Caritas; dal supermercato di via Giordano Bruno finiscono direttamente nelle cucine della Mensa di Padre Guido, attiva nell’omonima traversa del tratto finale di corso Mazzini. La mensa di Padre Guido viene dotata di prodotti prossimi alla scadenza in arrivo dal supermercato Si con te di Posatora, lo stesso che, tramite l’impegno della parrocchia di Santa Maria Liberatrice, ne invia parte ad alcune famiglie sotto la soglia della povertà che vivono nel quartiere. Purtroppo non segue lo stesso esempio il Si con te di via Piave.
Puntano sopratutto sulla “Maratona Telethon” i Simply Market e i Punti Sma. Che fino al 25 dicembre aderiscono alla campagna volta a sostenere e aiutare le persone colpite da malattie genetiche, con tre tipi di buone pratiche: una donazione in denaro diretta; la devoluzione dell’intero ricavato frutto della vendita di shopper (costo 2,50 euro) e di monete di cioccolato (1 ero l’una) e di una parte degli incassi (una media del 5%) di prodotti vari a base di cacao.
Cibo in scatola, ma anche fresco (come verdure dall’aspetto poco invitante e frutta magari appena bozzata, ma tutto ancora ottimo per la tavola) viene a più riprese nell’arco dell’anno trasferito dal discount Tigre di corso Amendola al vicino istituto delle Pie Venerini di via Filzi. Strano che il punto vendita, sempre Tigre, di via Sacripanti (rione Brecce Bianche) non adotti alcuna azione di questo tipo. Così come stupisce che un grande mercato di distribuzione come quello Socopat di Agugliano (legato alla catena Coal), la cui utenza si allarga anche ad altre frazioni, non si preoccupi affatto di evitare il “poco equo ed eco” passaggio di alimentari dagli scaffali al circuito dello smaltimento.
Infine, da segnalare, l’ipermercato Oasi in via Giulio Pastore (zona Baraccola Est): “Ogni settimana collaboriamo a turno con diverse parrocchie. – spiega il direttore – Inviamo loro sia prodotti freschi che confezionati, come pasta, merendine, barattoli di sottaceti; inoltre attuiamo un nostro programma standard annuale anti-spreco a favore di una onlus nazionale”.
L’Italia, come abbiamo già accennato, ha compiuto grossi passi avanti nella lotta allo spreco di cibo. Secondo i dati resi noti dal Food Sustainability Index, è passata dal 25° al 9° posto nella classifica mondiale dei Paesi più virtuosi. Ma c’è ancora molta strada da compiere. In Italia ammonta a 1.444.189.543 euro il valore dei beni alimentari non recuperati dal comparto distribuzione. Quota che aggiunta ai 946.229.325 euro dello spreco legato direttamente alle coltivazioni e al 1.111.916.133 di euro generato dalla produzione industriale segna un totale di 3,5 miliardi. Una cifra che rappresenta però solo 1/5 dello spreco totale di cibo in Italia, perché sommandola allo spreco alimentare domestico ci porta a oltre 15,5 miliardi di euro gettati ogni anno (lo 0,94% del PIL). Questi dati emergono sulla base dei test “Diari di Famiglia” eseguiti dal Ministero dell’Ambiente con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna e con SWG, nell’ambito del progetto Reduce 2017.
(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)