TRENT’ANNI E DELLE SCUSE FUORI TEMPO MASSIMO.
di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)
Trent’anni. Trent’anni ci sono voluti per sentire pronunciare la più semplice delle parole, ma il più difficile dei significati. SCUSA.
Trent’anni fa Diego Marmo era un giovane e promettente pubblico ministero. Letto il suo nome non ci dice nulla, ma se nella storia si staglia un nome, tutto diventa più chiaro: ENZO TORTORA. Diego Marmo, il dr. Marmo era il pubblico ministero del processo costruito contro Enzo Tortora. Il Pubblico Ministero che formulò pesantissime accuse contro Enzo Tortora, poi assolto con formula piena in appello dopo una pesante condanna in primo grado.
Enzo Tortora, il popolarissimo presentatore di Portobello, non era un camorrista.
Ma sotto il peso di quelle accuse Enzo Tortora si ammalò, e morì.
In una intervista al “Il Garantista”, il quotidiano di Piero Sansonetti, Diego Marmo- tornato alla ribalta poche settimane fa in quanto nominato Assessore alla Legalità del Comune di Pompei- ammette di avere sbagliato e chiede scusa alla famiglia di Enzo Tortora: “Adesso dopo trent’anni è arrivato il momento. Mi sono portato dentro questo tormento troppo a lungo. Chiedo scusa alla famiglia Tortora per quello che ho fatto”. Le sue parole come pietre contro Tortora, nella requisitoria del processo costruito sulla base delle sue accuse e indagini.
17 giugno 1983: Enzo Tortora fu prelevato alle 4 del mattino all’Hotel Plaza di Roma.
18 maggio 1988, cancro ai polmoni, Enzo Tortora moriva miseramente nella sua casa milanese di via Piatti 8, tre camere più servizi.
1985, il Pubblico Ministero- forse mosso da un cinico “nomen omen”- scagliò parole dure come il marmo contro il presentatore Rai, definendolo come “un cinico mercante di morte”, riferendosi alla presunta e poi smentita attività di trafficante di cocaina per conto della Camorra di Raffaele Cutolo.
“Mi feci prendere dalla foga”, si spiega ora al quotidiano, con trent’anni di ritardo. E racconta anche di scuse non arrivate prima, per una sorta di verecondia verso la famiglia di Tortora, perché “ho creduto che ogni mia parola non sarebbe servita a niente. Che tutto mi si sarebbe ritorto contro. Ero Diego Marmo, l’assassino morale di Tortora e dovevo tacere”.
La storia di Enzo Tortora è la storia di uno degli errori giudiziari più terribili della storia italiana. Un uomo pubblico, un personaggio televisivo amatissimo, che in un istante vede distrutta la sua vita sotto le macerie di un’accusa infame. La seconda tragica beffa della storia. Il Dr. Marmo sarà ora assessore alla legalità del Comune di Pompei, distrutta e sepolta dalle macerie.
“il più grande esempio di macelleria giudiziaria all’ingrosso del nostro Paese” , come lo definì Giorgio Bocca, deve essere oggi un monito per chi vuol svolgere un lavoro, un compito, così importante e delicato come quello del Magistrato.
Oggi che lanciamo la rubrica “Attenti al Gorilla“, “scimmiottando” il refrain della canzone di Fabrizio De André, il ricordo non poteva che correre a Enzo Tortora.
La prossima settimana racconteremo tutta la sua storia, la storia di una “decapitazione” mediatica e giudiziaria di un uomo. Proprio come la storia del Magistrato della canzone “Il Gorilla” di De André.