Il Venditore di Sogni (Racconto di Clarissa Maracci).

1^ PUNTATA–  Oggi e martedì prossimo Fatto&Diritto vuole regalare ai suoi affezionati lettori della rubrica DIRITTO alla CULTURA qualcosa di diverso dal solito. Un racconto delicato ed intensissimo scritto dalla nostra Clarissa Maracci. Buona lettura e buona cultura a tutti. (T.R.)

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IL VENDITORE DI SOGNI- Quella mattina si alzò prima del solito. Scese le scale freneticamente senza respirare. Le mura medievali del palazzo rendevano l’aria lugubre e umida. Questo le restituiva un senso di familiarità. Arrivata al piano terra, notò che i raggi del sole penetravano invadenti tra le fessure del portone. Percorse il Portico dei Servi, cercando di non incontrare altri volti. L’aria curiosa della gente la infastidiva. Camminando a testa bassa avvertiva gli sguardi delle persone farsi più intensi. Il tabaccaio che fumava fuori dal suo negozio. Il pakistano che sistemava le banane in vetrina. Il barbone che chiedeva la solita sigaretta. Gli uomini in giacca e cravatta impegnati a parlare al cellulare, senza risparmiarle un’occhiata. Il bambino rumeno che vendeva giornali. Le vecchiette ciondolanti a causa delle pesanti buste di spesa già alle otto del mattino. I cani sguinzagliati che defecavano in ogni angolo della strada.

Tutte queste immagini, come in un fotogramma, cadenzate dalle colonne del portico. Pensò che non poteva più vivere a Bologna. Spesso arrivava in facoltà così stremata da tutte le persone che aveva a malapena intravisto, che le era impossibile ascoltare anche il delirio di onnipotenza dei suoi professori.

Strisciava le scarpe lungo il granito del portico ed ascoltava la sua musica. Cercava di immaginare il continuo del suo libro, il pensiero che animava quelle giornate umide.

Il mondo, fuori e dentro la città. Fuori e dentro la sua anima. E poi altri mondi, altre persone, altre storie. Li avrebbe dovuti cucire pazientemente nel suo libro perfetto. Ma per questo ci sarebbe voluto molto tempo e grande tecnica narrativa.

Fece ancora pochi passi verso le torri. Il violinista suonava una melodia che le piaceva. Allora tolse una cuffia e rallentò il ritmo dei passi. Pensò che quel musicista aveva avuto un grande coraggio ad abbandonare tutto per suonare in strada. Poi ritenne che forse era stato semplicemente costretto dal destino perché quando non si hanno alternative è più facile scegliere. Infilò la cuffia e proseguì il cammino nella città dei mattoni.

Il bagliore del sole incendiava la città. Le auto lasciavano una scia di petrolio nell’aria e il suolo secco emanava odore di pipì. E’ così la città. Raccoglie gli scarti, li confonde e li restituisce ai passanti.

Girò l’angolo e sentì una mano sulla spalla. Si voltò di scatto e vide il venditore ambulante di fazzoletti. Sbuffò e accelerò il passo verso le torri. Che cavolo me ne faccio di quei fazzoletti, pensò. Ma il ragazzo la seguì. La costeggiava fedelmente lungo la strada, accelerando anche lui il passo.

<< Un euro per un caffè.>>

<< Tu non bevi caffè. E poi il caffè non costa un euro. >>

Elsa non andava mai al bar a bere il caffè perché costava troppo. Preferiva sorseggiarlo a casa assopita dalla tv.

Il ragazzo le porse una confezione di calzini, un accendino con un adesivo manga e infine un pacchetto di fazzoletti blu. Elsa lo afferrò, lo scaraventò a terra e lo fissò negli occhi.

<< Perché non vendi i sogni ? >>

Il ragazzo la guardò perplesso.

<< Come scusa ? >>

<< Ho detto : Perché non vendi i sogni ? >> poi gli sorrise, stupita anche lei di quello che aveva detto.

<< Come faccio a vendere i sogni ? La gente non mi paga neanche i fazzoletti! >> Il viso del ragazzo si illuminò di un sorriso che svelava la storia di un intero mondo. Un mondo, fuori e dentro la città.

<< La gente non ti compra i fazzoletti perché non ne ha bisogno. Ma per un sogno credo che pagherebbe. >> Elsa pensò a tutti i mondi che raccontava, dove la gente vive arrabattandosi per non perdere quel poco che ha. A quei personaggi atti ad apprezzare le piccole cose della vita, perché hanno paura dei sogni. Lei un sogno lo avrebbe comprato.

<< Hai una penna ? >>

Il ragazzo estrasse una penna dal borsone di pvc ed un fazzoletto dal pacchetto di plastica blu. Si appoggiò alla colonna e con fare da cameriere le chiese:

<< Qual è il tuo sogno ? >>

Elsa glielo disse. Il ragazzo lo scrisse, ripiegò il fazzolettino e glielo porse. Poi aspettò il suo euro.

<< Ma se qualcuno non ce l’ha un sogno ? Cosa faccio ? >>

<< Boh, scrivi qualcosa tu. L’importante è che le persone possano avere un sogno. Se è sbagliato se ne accorgeranno e cambieranno il loro fazzolettino con quello di qualcun altro. Oppure te ne compreranno un altro finché non scrivi quello che davvero desiderano. >>

Il ragazzo perplesso, aggrottò le sopracciglia. Se ne andò stordito sotto il sole cocente.

 CONTINUA MARTEDI’ PROSSIMO

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