PARTE PRIMA- PERPLESSITA’, ESEMPI E DOMANDE
di Barbara Satulli (Doganalista)
Quando si parla di commercio estero “l’internazionalizzazione” viene proposta e suggerita quasi come la panacea di tutti i mali.
Ma quali sono gli ingredienti imprescindibili per un debutto di successo sul mercato estero, magari per vendere ed esportare un prodotto finito o per l’approvvigionamento di materie prime/semilavorati da più vantaggiosi mercati extra-UE?
Se internazionalizzare significa intrecciare rapporti con imprese, consumatori e istituzioni operanti sui mercati esteri, allora tale processo può prescindere da un’adeguata valutazione preventiva di conformità doganale?
Un professionista o un operatore doganale che assista le aziende negli scambi con l’estero non può prescindere dal fornire loro una formazione specifica e fondamentale in materia doganale.
Per l’impresa che produce o che commercializza potrebbe essere persino dannoso affrontare i mercati esteri senza un’approfondita conoscenza doganale circa:
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i beni oggetto dello scambio,
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gli specifici Paesi extra-UE interessati dal traffico (sede di approvvigionamento di prodotti semilavorati o luogo di destinazione della vendita dei prodotti finiti) e
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le responsabilità fiscali che le scelte commerciali e contrattuali di compravendita comportano.
Dopo aver affrontato nel precedente contributo “I quattro errori da non fare sull’origine delle merci”, cerco oggi di fornire qualche altra informazione utile, partendo dacasi concreti.
1° esempio– l’origine preferenziale della merce e i dazi in importazione nel Paese extra-UE
L’azienda IT trova un cliente extra-UE per un suo prodotto, a cui lo vende per un prezzo X.
Il cliente estero, per importare nel suo paese la merce comprata in esenzione dei dazi, potrebbe chiedere all’esportatrice IT di fare una dichiarazione sull’origine preferenziale della merce acquistata.
Se IT realizza di non poter fare questa dichiarazione, perché la sua merce non è di origine preferenziale europea, il cliente extra-UE pagherà in importazione nel suo Paese dazi pieni per la merce (già acquistata) al prezzo X.
A pari qualità di merce, l’acquirente estero sceglierà di comprare da un’azienda che può vendergli un prodotto di origine preferenziale (su cui egli non paga il dazio in importazione) oppure di comprare da un’azienda per cui dovrà pagare, oltre al prezzo del bene, il dazio in importazione nel suo Paese?
Questo è il motivo per cui è utile capire se i propri prodotti hanno agevolazioni fiscali in entrata su alcuni mercati esteri.
Tale aspetto può influire in maniera favorevole sulla contrattazione del prezzo della merce, che risulterà facilitato all’acquisto in quei mercati che sono beneficiati da Accordi di libero scambio(in paesi come Svizzera, Corea del Sud, Messico, Canada, Israele, Marocco, Tunisia e molti altri).
2° esempio– resa EXW, franco fabbrica
La società IT vendeil suo prodotto al cliente extra-UE, pattuendo la resa di vendita EXW, franco fabbrica.
In tal caso, la venditrice IT si occuperà solo di mettere il prodotto a disposizione dell’acquirente estero alla data e nel luogo convenuto, con la documentazione necessaria.
L’acquirente extra-UE dovrà:
– caricare la merce sul mezzo di trasporto alla data e nel luogo convenuto,
– provvedere alle formalità doganali di esportazione,
– scegliere modo e tipo di trasporto, sottoscrivendo eventuale assicurazione.
Dati gli oneri minimi del venditore, quale sarà il prezzo opportuno di vendita da contrattare?
Visto che con la resa EXW gli oneri sono tutti dalla parte di chi compra, la società IT vende facilmente…ma si assume pesanti rischi fiscali.
L’acquirente estero sarà certamente proprietario delle merci ma non può essere considerato esportatore in base alla normativa doganale dell’Unione perché non è residente in UE.
Nella nota 70662 RU del 07/07/2016, l’Agenzia delle Dogane ha chiarito che può considerarsi esportatore, in linea con il regolamento Regolamento Delegato UE 2446/2015, ilcedente italiano, in quanto titolare del contratto di vendita con l’acquirente estero, quindi in grado di decidere che le merci debbano uscire dal territorio doganale dell’UE.
Quando utilizza la clausola EXW, il venditore italiano deve prestare attenzione poiché la cessione all’esportazioneper ottenere la non imponibilità IVA dovrà essere effettuata ai sensi dell’art. 8 comma 1, lett. b) del DPR 633/1972, con trasporto o spedizione fuori dal territorio dell’UE entro 90 giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto.
Dunque entro i 90 giorni il cedente italiano IT dovrà:
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entrare in possesso della dichiarazione doganale di export a suo nome;
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controllare l’uscita effettiva delle merci dalla UE, oggi in via telematica, tramite il numero elettronico di riferimento dell’esportazione MRN, che accompagna la merce alla dogana di esportazione (la prova dell’uscita delle merci è il messaggio “risultati uscita” inviato dall’Ufficio Doganale di uscita nella UE, e registrato sulla base dati del sistema informatico doganale nazionale); quindi
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accertarsi e poter provare adeguatamente l’uscita della merce dalla UE.
Altrimenti il rischio che corre l’esportatore IT è che la merce venduta decada dalla non imponibilità IVA, con recupero da parte dell’Amministrazione finanziaria, dell’IVA e delle relative sanzioni a suo carico.
Spesso accade che l’azienda esportatrice non riesce a trovare la prova dell’avvenuta esportazione, perché con l’EXW è onere dell’acquirente non residente effettuare l’operazione doganale di esportazione, e ciò potrebbe avvenire in qualsiasi altra dogana europea e anche insieme ad altre partite di merce.
Se il trasporto/spedizione al di fuori dell’UE non avviene entro il prescritto termine di 90 giorni, si incorre nella violazione dell’art. 7, comma 1 , D.Lgs 471/97 che prevede la sanzione amministrativa dal 50% al 100% del tributo per chi effettua cessioni di beni senza addebito d’imposta, ai sensi dell’articolo 8, primo comma, lettere b) e b-bis) del D.P.R. 633/1972, fuori daltermine prescritto.
La sanzione non si applica se, nei 30 giorni successivi, viene eseguito, previa regolarizzazione della fattura, il versamento dell’imposta.
Valutare e pattuire un diverso termine di consegna della merce sarebbe già un grande passo avanti, dal punto di vista della consapevolezza doganale e logistica dell’esportatore IT.