LA STORIA DI UN GIOCO FINITO NEL SANGUE
Si parla tanto di rapine e di legittima difesa in questi ultimi mesi: della possibilità di difendersi sparando e dei limiti di proporzionalità. Si parla spesso di rapinatori uccisi, di tabaccai e gioiellieri picchiati selvaggiamente o che armano la loro mano.
La mia memoria corre alla storia di Luciano Re Cecconi, il “Re” Cecconi. Una storia che parla di capelli biondi, pantaloni a zampa di elefante, pallone, macchine veloci e belle donne. Una storia che potrebbe avere tutto per essere una bella storia, con un lieto fine fatto di vittorie e scudetti.
Luciano Re Cecconi era figlio di un muratore. Iniziò a tirare calci in un campetto dell’oratorio mentre lavorava come carrozziere. Ma si capiva subito che quel ragazzone biondo era fatto per il pallone. Presto arriva nella Pro Patria, in serie C, dove diventa presto un pilastro del centrocampo. Tommaso Maestrelli allora guidava il Foggia, in serie B. Campionato 1969-.70, il Foggia acquista il giovane Re Cecconi che, presto, ne diventa il regista titolare.
Due stagioni dopo Maestrelli diventa l’allenatore della Lazio, in serie A e porta a Roma Luciano. E’ il salto di qualità, la mitica Lazio di Tommaso Maestrelli che nel 1974 conquista il suo primo scudetto della storia. C’erano Chinaglia, Felice Pulici, Wilson, D’Amico.
Re Cecconi viene convocato da Ferruccio Valcareggi in nazionale per il mondiale della Germania Ovest 1974: ma l’Italia non supera neppure il primo turno.
Erano gli anni ’70, pantaloni a zampa e basettoni: quel ragazzo biondo era l’emblema della Lazio vincente e di una generazione bella, vincente e un po’ fuori dagli schemi, con tanta voglia di divertire e divertirsi.
Campionato 1976-’77: sulla panchina della Lazio arriva Luis Vinicio. Re Cecconi e Bruno Giordano guidano una squadra che ha venduto alcuni dei suoi pezzi pregiati e che la stagione precedente si è salvata per un soffio.
Il debutto in quel campionato la Lazio perde in casa 3-2 contro la Juventus. Luciano Re Cecconi strabilia il pubblico con un gol capolavoro, l’ultimo della sua carriera. Poi un grave infortunio al ginocchio e lo stop che dura diversi mesi.
La luce fuori dal tunnel. Dopo mesi di allenamenti solitario nel campo del Flaminio, Re Cecconi era felice, aveva da poco ricevuto la visita del suo allenatore di sempre Tommaso Maestrelli, consumato da un tumore al fegato che lo porterà via di lì a pochi mesi. Aveva appena finito di giocare una partitella di allenamento, e confidava al medico sociale Ziaco «Va meglio Dottore, mi sento pronto. Domenica a Cesena sono convinto che giocherò, facendo rimanere tutti a bocca aperta».
18 gennaio 1977. Re Cecconi passa la serata in compagni di due amici: il compagno di squadra Pietro Ghedin e Giorgio Fraticcioli, profumiere di Roma. Quest’ultimo deve andare nella gioielleria di Bruno Tabocchini a portare dei prodotti.
I tre entrano nel negozio. Il Re , allegro con i suoi amici, pensa ad uno scherzo. Si alza il bavero del cappotto, mima con la mano la minaccia di una pistola. Tanto il suo visone biondo è conosciutissimo nella Capitale! Esclama con voce da pericoloso malvivente “Datemi tutto, questa è una rapina!”
Maledette parole. Le ultime. Quel gioielliere non amava il calcio, odiava i rapinatori in compenso. Aveva ricevuto due sgradite visite negli ultimi mesi, era arrabbiato e spaventato.
BUM! Il fuoco di una Walther calibro 7,65 si portò via i bei capelli biondi del guascone Luciano, il Re.
Quando cade colpito da un solo proiettile al cuore il Re pronuncia le sue ultime parole: “Era uno scherzo, era solo uno scherzo!”.
Tabocchini fu arrestato: eccesso colposo di legittima difesa. Al processo fu assolto: legittima difesa putativa, aveva creduto in buona fede di trovarsi in una situazione di pericolo reale e aveva per questo fatto fuoco per difendersi. Un bavero alzato, una mano con due dita e il pollice a simulare una pistola e una frase pronunciata con la fatica di chi cerca di non farsi scappare da ridere. Questo era il pericolo.
Aveva 28 anni, Re Cecconi, e lasciava la moglie Cesarina e i due figli Stefano e Francesca. Le sue spoglie furono tumulate nel cimitero della natia Nerviano.
Il Comune di Roma gli intitolò una strada nel quartiere Tuscolano.
Scrisse Giorgio Tosatti: «La morte di Re Cecconi rappresenta un dramma cui nessuno può sentirsi estraneo: è la folgorante testimonianza della nevrosi nella quale viviamo. Di queste nevrosi si trovano prove anche nei commenti della tragedia: il cinismo si sostituisce alla pietà, la riprovazione per la stupidità dello scherzo è superiore allo sdegno per il modo in cui è stata stroncata la vita di un uomo».
TOMMASO ROSSI
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