25 ANNI FA IL CROLLO DEL MURO SEGNO’ LA FINE DEL BLOCCO SOVIETICO E LA RIUNIFICAZIONE DELLA GERMANIA
di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)
Diecimila tedeschi dell’est avevano però già lasciato il Paese, per fuggire in occidente, attraverso l’Ungheria, o tentando di varcare quel muro con modi avventurosi e improbabile raccontati oggi dal “Museo della Fuga” a Berlino. E altre decine di migliaia protestavano ogni giorno nelle piazze della città della Repubblica democratica tedesca, per chiedere pace e libertà, con lo slogan “Wir sind das Volk!”, “Noi siamo il popolo!”. Una vera e propria massa umana rivoluzionaria e pacifica.
L’inizio della fina fu annunciato in una conferenza stampa in cui il regime, attraverso il ministro della Propaganda Guenter Schabowski, annunciò improvvisamente un’apertura storica: la libertà di viaggio verso l’ovest per i cittadini della DDR.
Appena si diffuse l’annuncio, il popolo inondò il confine: quel Muro lungo 155 km, eretto in una notte (fra il 12 e il 13 agosto del 1961, per mettere freno all’esodo verso l’ovest), fu cancellato dalla città.
Quel che seguì poi fu la riunificazione tedesca, sancita il 3 ottobre del 1990, grazie alla straordinaria opera politica del Cancelliere Helmut Kohl e che sarà festeggiata e ricordata alla Porta di Brandeburgo, in una Berlino finalmente unita.
ANOTHER BRICK IN THE WALL- Pink Floyd
“Berlino è a questo condannata: sempre e continuamente in divenire e mai a essere”. Karl Scheffler (critico d’arte e scrittore, 1869-1951)
“Questo luogo è parte della mitologia e della memoria dei berlinesi (…)Se Berlino fosse un libro di storia, avrebbe molte pagine strappate” (Renzo Piano all’inaugurazione di Potsdamer Platz, Corriere della Sera 2/10/1998).
Questa frase di Renzo Piano delinea perfettamente la tendenza di Berlino ad essere una città in continua evoluzione e trasformazione, anche a scapito di quelli che sono monumenti alla storia, monito di tempi trascorsi che non debbono più ripetersi. Pare che sia una caratteristica tedesca quella di cancellare per fare posto al nuovo, come se, riducendo in polvere gli edifici o le costruzioni che ricordano un dolente passato (Terzo Reich, Seconda Guerra Mondiale, occupazione sovietica), si potesse demolire anche la realtà storica, risaltando sempre più il riscatto tedesco da periodi in cui per il mondo la Germania non è stata solo un modello di forza e potenza economica, ma anche un pericolo e terra di drammi sociali ed umani.
Un anno fa proteste e sdegno per la rimozione di un altro pezzo di muro, un pezzo di ciò che resta del muro dopo che la gran parte è stato venduto a pezzetto ai turisti di tutto il mondo. La rimozione di una trentina di metri dei resti della East Side Gallery (che con i suoi 1,3 kmcostituisce il tracciato del muro più grande rimasto nella posizione originale) è stata autorizzata per la creazione di un accesso al nuovo condominio e per costruire un ponte pedonale, il quale sarà la ricostruzione di uno distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale.
Si possono riprendere anche le parole, pronunciate nel 1994, di Vittorio Magnago Lampugnani, architetto italiano e direttore del Museo di architettura a Francoforte. In quegli anni, la Germaniaera da poco stata riunificata e c’erano moltissimi progetti per costruire, demolire, reinventare Berlino: “Non ci si libera dai fantasmi del passato eliminandone la vestigia e cancellando un’intera epoca. Ritengo che Albert Speer, l’architetto di Hitler, fosse pessimo. Ma a Berlino dopo la guerra sono riusciti a distruggere quasi tutto quello che aveva costruito. Così non si affronta la realtà, ma si sfugge”.
O forse è solo quell’economia da cui siamo partiti a determinare queste scelte, dove la storia, la memoria e i simboli sono calpestate in nome del frusciante biglietto effigiato con i simboli dell’Europa.