MATERNITA’ SURROGATA: E’ ILLEGITTIMO L’ALLONTANAMENTO DEL MINORE NATO ALL’ESTERO, ANCHE QUANDO NON ABBIA ALCUN LEGAME GENETICO CON IL PADRE E LA MADRE COMMITTENTI
di Alessia Rondelli (praticante presso lo Studio legale RPC)
8 FEBBRAIO 2015- L’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sancisce il diritto di ogni persona al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Nell’esercizio di tale diritto non può esservi ingerenza di una autorità pubblica a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.
La sentenza della Corte Edu del 27 gennaio scorso ha condannato l’Italia nell’ambito di un caso di maternità surrogata proprio per la violazione di tale disposto. Nei fatti la vicenda nasce dal ricorso dei coniugi Campanelli alla tecnica della maternità surrogata, cd utero in affitto, in Russia dove la procedura si conclude con successo e, come previsto dalla normativa interna, la madre surrogata presta il consenso all’iscrizione nei registri dello stato civile del neonato come figlio della coppia. Dopo circa due mesi la coppia torna in Italia e chiede la trascrizione del certificato di nascita vedendosi però opporre il rifiuto delle autorità che li indagano per falso e contestualmente aprono un procedimento per la dichiarazione dello stato di abbandono e adottabilità del minore. In corso di causa il test del DNA prova che il bimbo non è figlio dei coniugi così il Tribunale ne dispone l’immediato allontanamento e la cessazione di qualunque relazione con questi. Dopo il rigetto dei ricorsi, la coppia si rivolge alla Corte Edu che ritorna su tale delicato tema, oggetto di un groviglio di normative eterogenee in cui è difficile orientarsi, con una decisione ragionata quanto complessa, senza pregiudizi.
In Italia la tecnica è considerata illegale perciò le coppie interessate si rivolgono ai paesi esteri che riconoscono la gestazione di sostegno con i consistenti oneri economici e soprattutto con il rischio di incorrere in problemi giudiziari al loro rientro. In tale ambito s’inserisce la sentenza in commento che ha ritenuto l’allontanamento del minore una misura del tutto eccessiva da adottare nei soli casi di pericolo immediato, altrimenti ne risulterebbe danneggiato il bambino per il solo fatto che i genitori hanno fatto ricorso alla maternità surrogata. Secondo l’art. 8 l’ingerenza dello stato deve rispondere a precisi requisiti, in particolare deve avere il carattere della necessità in una società democratica a fronte di un giusto bilanciamento tra gli interessi perseguiti dallo Stato e gli interessi del minore direttamente coinvolto. A questo proposito la Corte ha evidenziato che la misura è stata decisa al solo scopo di porre fine ad una situazione di illegalità, richiamandosi perciò alla difesa dell’ordine pubblico interno. Tuttavia tale riferimento “non può essere considerato come una carta in bianco che consente l’adozione di ogni misura in quanto lo Stato deve avere in ogni caso riguardo all’interesse superiore del minore”. E la necessità di tutelare l’interesse del minore prescinde dalla natura del rapporto di parentela, se biologica o di altra genere. In un società moderna il diritto alla vita privata non può non includere anche i legami propri delle famiglie di fatto, riconoscendo la delicatezza e la complessità di ogni situazione concreta.
Di qui la condanna dello Stato che, però, ha disposto il solo risarcimento del danno non patrimoniale e non anche la restituzione del bimbo ai ricorrenti (anche in virtù del già instaurato rapporto con la nuova famiglia). Ovvio che nell’ambito di un così delicato tema non ci si può affidare ai soli giudici i quali comunque sono chiamati a decidere caso per caso, sarebbe invece auspicabile cercare soluzioni legislative condivise che facciano evitare disparità e disagi.