SUO INQUADRAMENTO GIURIDICO NELL’ORDINAMENTO ITALIANO
di Dott.ssa Chiara Carioli
Milioni di persone in Italia mettono a disposizione il loro tempo a mero titolo gratuito allo scopo di lenire le sofferenze altrui.
Il volontariato è un’azione meravigliosa, umanitaria e rivolta al prossimo che si può esercitare in diverse e molteplici forme, data la sua natura poliedrica: da un lato funzionale ed assistenziale e dall’altro umana e caritatevole.
Non tutti sanno che, anche l’emergenza extra-ospedaliera viene espletata nel territorio nazionale per lo più da organizzazioni di volontariato.
Una delle figure con il quale ci si rapporta più frequentemente, difatti, è il “ volontario soccorritore” che svolge ordinariamente diverse attività all’interno dell’associazione tra le quali quella del soccorso.
Capita di dover affrontare forti e diverse emozioni, che spaventano o che si ha paura di non saper gestire; ci si trova a dover affrontare situazioni di difficoltà e sofferenza familiare alle quali non si riesce a dare una ragione; ci si trova davanti ad eventi in cui è necessario essere forti. È proprio in queste situazioni che il volontario deve essere prudente.
Molti si chiedono “perché?” o “per chi?” un volontario faccia tutto questo, oppure dove ne trovi il coraggio e la forza necessari o da chi è tutelato.
Per comprendere meglio ciò che si andrà a trattare, cerchiamo di far chiarezza sulle varie figure che intervengono nella fase dell’emergenza extra-ospedaliera.
Innanzitutto, chiunque si trovi casualmente ad intervenire prestando le prime manovre di soccorso viene definito “soccorritore laico occasionale”, mentre il soccorritore qualificato che interviene a bordo di ambulanze o mezzi di soccorso inviati dalla centrale operativa del 118 viene denominato dalle linee guida regionali “personale laico soccorritore” al fine di differenziarlo, a sua volta, dal personale medico e infermieristico che interviene a bordo di mezzi di soccorso avanzato.
La figura del soccorritore in ambito sanitario, qualificabile come colui che esercita attività di soccorso extra-ospedaliero, è stata oggetto di molteplici innovazioni negli ultimi anni ma, nonostante ciò, a tutt’oggi manca una disciplina precisa, dettagliata, e uniforme all’interno del nostro ordinamento giuridico.
Sicuramente rilevante è il D.P.R. del 27 marzo 1992, quale “Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza”, che ha permesso di dare un taglio netto rispetto al passato designando la struttura portante del sistema di emergenza sanitaria avente “carattere di uniformità in tutto il territorio nazionale”(art. 1), nonché istituendo un unico sistema di allarme sanitario fondato sulla chiamata al numero nazionale 118 (art. 3; anche se nella Regione Marche a breve verrà sostituito con il numero unico di emergenza 112).
Alla luce del dettato normativo, però, null’altro emerge in merito alla definizione o all’inquadramento della figura del soccorritore.
Lacuna evidente e allarmante, considerando che nella realtà quotidiana la maggior parte dei soccorsi extra-ospedalieri vengono espletati da “soccorritori volontari qualificati” ma non sanitari e non sempre supportati da personale medico e/o infermieristico.
Le ragioni di tale carenza possono essere molteplici, ma certamente incidente è stata la decisione di demandare alle singole regioni e alle province autonome l’attuazione di quanto disposto dal D.P.R. suindicato (ex artt. 9 e 12 del medesimo). Ciò ha comportato disuguaglianzein termini di qualità nella formazione del soccorritore stesso e ha permesso di adottare alle varie centrali operative 118 di riferimento“regole”, “protocolli” e “linee guida” diverse realizzando, così, un sistema sanitario d’emergenza difforme in tutta la penisola.
Con ciò non si intende contestare la scelta di rispettare la normativa, anzi inequivocabile in quanto adottata in ossequio all’art 117 della Costituzione; a preoccupare è, invece, il modus operandi con il quale ogni regione ha deciso di legiferare apparentemente in contrasto con con il principio di eguaglianza, formale e sostanziale, e discostandosi dall’art. 32 Cost. che tutela il diritto alla salute della collettività.
Le linee guida regionali, ad oggi, non hanno ancora fornito una nozione esauriente di soccorritore individuandolo genericamente come colui che abbia partecipato ad appositi corsi di formazione erogati da centri autorizzati e al cui termine abbia conseguito la relativa certificazione.
Per la Regione Marche, ad esempio, la legge regionale 30 ottobre 1998, n. 36 dedicata al “Sistema di emergenza sanitaria” all’art. 9 prevede che il trasporto sanitario di infermi debba essere effettuato da “personale di soccorso”, demandando alla Giunta Regionale il compito di approvare il regolamento contenente i requisiti “del personale volontario da utilizzare nelle ambulanze, purché sia maggiorenne e in possesso di un attestato di idoneità rilasciato sulla base della frequenza ad uno specifico corso di addestramento con esame finale”.
Le indicazioni che il legislatore dunque ci fornisce sono molto generiche e suscettibili di svariate interpretazioni, a seconda del contesto e del territorio in cui ci troviamo.
L’orientamento dottrinale prevalente, avvallato anche da una vasta giurisprudenza, allo scopo di far chiarezza in materia e al fine di attribuire un profilo normativo a tale figura definisce il volontario soccorritore quale incaricato di un pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 c.p. .
Sta di fatto, però, che tale inquadramento non permette di garantire uniformità alla figura, né permette di definire una serie di mansioni e compiti che ne delineerebbero uno status professionale ad hoc.
Difatti, il riconoscimento professionale di tale figura garantirebbe al soccorritore la possibilità di effettuare tutte quelle attività proprie del soccorso extra-ospedaliero che nella realtà quotidiana vengono svolte da volontari o lavoratori dipendenti, privi però di una qualifica che li tuteli e che definisca al meglio il contenuto del loro operato.
Una criticità del nostro ordinamento in quanto, a fronte della disciplina approntata da altri paesi (quali Regno Unito, Irlanda, USA, Canada, Australia, e Nuova Zelanda) dove, invece, è prevista una figura professionale qualificata, ovverosia il cd paramedico che necessita anche l’iscrizione in un apposito albo di categoria.
In Italia non esiste la figura del paramedico, a dispetto degli erronei riferimenti che vi si fa.
Tali non possono, difatti, essere i nostri soccorritori in assenza della previsione di un iter formativo professionale ad hoc che permetta l’acquisizione della relativa qualifica.