L’8 aprile 2013 i resti del poeta cileno Pablo Neruda (Parrai 1904- Santiago 1973) sono stati riesumati; serpeggia nei più l’idea che non sia stato vittima del cancro alla prostata ma della dittatura di Pinochet che ha voluto eliminare un potenziale oppositore di prestigio.
Ha proprio ragione chi dice che gli “eroi”, quelli veri…che si prodigano per gli altrui diritti e che si attivano di fronte al “male”, non sempre hanno una tutina scintillante e poteri fantastici. Spesso gli eroi, quelli davvero super, vestono i panni di uomini normali ed esercitano il potere attraverso un modo di essere, un modo di pensare, perfino attraverso una penna.
Al cospetto di una personalità di prestigio, sia letterario (Premio Nobel per la letteratura 1971) che politico mondiale (console in Birmania, Sri Lanca, Francia, Messico e Cile), come Neruda-vero nome Neftalì Ricardo Reyes Basalto- come al cospetto di un potente mago, viene da domandarsi quale sia il segreto, la fonte ultima della sua forza.
Magica la risposta. Il segreto della sua forza sono le emozioni…è l’Amore.
Considerato e ricordato da tutti come poeta dell’impegno (cit. “scrivo per il popolo anche se non potrà leggere la mia poesia con i suoi occhi rurali”), Neruda è prima di tutto e per tutta la vita un incisivo, quasi brutale, narratore dei sentimenti.
Rivendica i diritti del cuore, il Diritto del cuore di vivere le emozioni. Prima fra tutte l’Amore,“l’amore senza fine”.
E lo fa tramite una stile letterario anticonformista…libero da ogni forma di codificazione della comune narrazione dei sentimenti.
Entra nel terreno del cuore con l’impeto del suo istinto sfrenato e barbaro tanto che Garzia Lorca (suo amico ed estimatore) lo definisce “poeta più vicino al sangue che all’inchiostro”.
In Neruda il Diritto del Cuore…l’Amore…non è mai quello etereo dei poeti romantici dell’800…è un amore reale e non per questo meno sublime.
Il cuore, come lui stesso dice, è un “interminabile carciofo” dove vi sono foglie numerose per donne che sono donne fatte di carne ed ossa.
Come è scritto nella nota di presentazione di Todo El Amor (raccolta 1964) “con passione e tenerezza, con il sentimento più delicato ed un erotismo impetuoso come una forza della natura, Neruda ha cantato la donna e ha potuto idealizzarla senza spogliarla della sua presenza carnale.[…]”.
Con orgogliosa prepotenza rivendica la validità del desiderio sessuale.
“Corpo di donna bianche colline, cosce bianche/tu rassomigli al mondo nel tuo atteggiamento di abbandono. Il mio corpo di contadino ti scava/e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.”
Ma senza rinunciare al romanticismo, al sentire dell’anima, perché l’Amore…quello Vero…è anche e comunque sempre sublimazione dell’Io più intimo.
E’ miglioramento continuo. E’ salvezza.
E così il suo Amore…la sua Matilde…è donna di carne che lo accende di vita, la vita di cui l’Amore è la forza maggiore.
“Lasciami libere le mani/e il cuore, lasciami libero!/Lascia che le mie dita scorrano/per le strade del tuo corpo./La passione-sangue, fuoco,baci-/m’accende con tremule fiammate./ahi, tu non sai cos’è questo!/è la tempesta dei miei sensi/che piega la selva sensibile dei miei nervi./ E’ la carne che grida con le sue lingue ardenti!/E’ l’incendio![…]”
In Matilde Neruda trova se stesso..anche nei momenti più bui. Matilde è la sua aria. E’ presenza di cui non può fare a meno.
“[…] come per avvicinarla il mio sguardo la cerca./il mio cuore la cerca e lei non è con me”[…]
Matilde è la sua liberazione “[…]Liberami di me. Voglio uscire dalla mia anima[…]”.
Davanti a questa libertà di pensiero del cuore, oltre che politico e sociale, non si può che restare basiti ed ammirati.
Troppo abituati ai tempi attuali in cui il sentimento viene nascosto per sembrare “più forti” come se “sentire”..amare..fosse una malattia, è sorprendente scoprire che un Personaggio come Neruda che al mondo ha mandato un immagine davvero forte di sé non abbia nascosto, anzi abbia sempre mostrato le sue emozioni e cercato di insegnare agli altri che la prima vera forza di ogni uomo è proprio averne.
Dato l’importante pulpito da cui viene questa lezione, io per sta sera esco dai miei tempi e imparo da Neruda…mi permetto di emozionarmi con alcune righe di una delle sue poesie più belle, Barcarola.
“Barcarola
Se solamente mi toccassi il cuore,
se solamente mettessi la tua bocca sul mio cuore,
la tua bocca sottile, i tuoi denti,
se mettessi la tua lingua come una freccia rossa
lì dove il mio cuore polveroso martella,
se soffiassi nel mio cuore, vicino al mare, piangendo,
suonerebbe con rumore scuro, con suono di ruote di treno assonnate,
come acque vacillanti,
come l’autunno in foglie,
come sangue,
con un rumore di fiamme umide che bruciano il cielo,
suonando come sogni o rami o piogge
o sirene di un porto triste,
se tu soffiassi nel mio cuore vicino al mare,
come un fantasma bianco,
al bordo della schiuma,
in mezzo al vento,
come un fantasma scatenato, in riva al mare,
piangendo.
[…] qualcuno verrebbe forse,
qualcuno verrebbe,
dalle cime delle isole, dal fondo rosso del mare,
qualcuno verrebbe, qualcuno verrebbe. […]”
M. A. R.