LA TENTATA STRAGE DI MACERATA E UN CLIMA DI ODIO SOCIALE SEMPRE PIU’ DIFFUSO
di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni di Ancona)
La cronaca dei fatti di Macerata, 3 febbraio 2018, sono oramai più che noti. E sulla bocca dei politici in campagna elettorale intensiva e permanente si dividono da ambo i lati gli avvelenatori dei pozzi.
La realtà parla di un tal Luca Traini, un Signor Nessuno finora (si era pure candidato con la Lega, lo scorso anno, alle comunali di Corridonia, non prendendo nemmeno una preferenza!), divenuto ormai personaggio pubblico in grado di suscitare odio, riprovazione e perfino raccogliere solidarietà e appoggio da parte di gruppi dell’estrema destra italiana.
Quel che sconvolge è la violenza del dibattito che questi fatti ha scatenato, quel che sconvolge è come non si capisca che nel Paese intero è ora di abbassare i toni per evitare in futuro il ripetersi di fatti del genere. Quel che meraviglia è vedere come la strumentalizzazione politica e lo sciocco gregge dell’opinione pubblica mettano sullo stesso piano le problematiche sociali legati all’immigrazione irregolare con la morte di Pamela Mastropietro, la ragazza 18enne romana fuggita da una comunità di recupero a Corridonia e trovata morta e mutilata nelle campagne di Pollenza pochi giorni prima del folle raid xenofobo di Traini e per la cui morte è stato arrestato un nigeriano, Innocent Osheghale, di professione spacciatore. E in nome di questo parallelismo si arrivi quasi a leggere il raid razzista di traini, schierandosi come in un talk-show tra due punti di vista socio-culturali e politici presenti in Italia. E quel che lascia significativamente meravigliati è come ormai tutto sia diventato un enorme talk show, in cui ciascun Signor Nessuno si sente ospite invitato, e con diritto di parola. Tutti affidano ai social network la propria superficiale opinione, tutti sono opinionisti oramai di fatti che non conoscono. E poi succede che un Signor Nessuno come Traini, che dalla società evidentemente non è stato invitato in trasmissione, senta che la follia omicida e xenofoba sia l’unica strada per diventare noto, anzi addirittura emblema di una presunta idea, bandiera di una certa Italia in nome della quale pensava di agire e parlare (legame sancito con il suo fantasmagorico gesto di ricoprirsi della bandiera italiana al momento dell’arresto, mentre aspettava i Carabinieri sotto al Monumento ai Caduti).
Il racconto dei fatti. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera e da Repubblica, Luca Traini, ascoltato sabato notte per due ore dal comandante provinciale dei carabinieri di Macerata Michele Roberti e dal capo del reparto operativo Walter Fava, ha raccontato la sua giornata di sabato, e questi sarebbero alcuni stralci:
«Mi sono svegliato alle 8.30, avevo preso l’auto per andare in palestra, ma poi lungo il tragitto ho sentito alla radio che parlavano di nuovo del male fatto a Pamela da quel nigeriano e in quel momento non ci ho visto più. Sono tornato a casa di mia nonna Ada a Tolentino, ho aperto la cassaforte, ho estratto la Glock che detengo per uso sportivo, una scatola da 50 colpi e i due caricatori con una decina di pallottole ciascuno. Volevo ucciderli tutti».
I tutti sono, ovviamente, le persone di colore trovate lungo le vie di Macerata, cui ha iniziato a esplodere i colpi della sua pistola semiautomatica, detenuta in forza di un regolare porto d’armi, dall’Alfa Romeo 147 nera lanciata in quella folle corsa di vendetta xenofoba.
Luca Traini ha un diploma da geometra, mai utilizzato per lavorare, e non ha precedenti penali. Sulla tempia destra ha tatuata una runa Wolfsangel, o “dente di lupo”, antico simbolo germanico di stampo e uso nazista.
Durante le perquisizioni successive ai fatti, nella sua casa di Tolentino dove viveva con la madre e l’anziana nonna, i carabinieri hanno trovato una copia del “Mein Kampsf” didi Adolf Hitler, una bandiera con la croce celtica e parecchi testi attinenti al fascismo, al nazismo e all’ estrema destra
I reati. Strage aggravata dalle finalità di razzismo è l’accusa formulata dalla procura di Macerata, oltre al porto abusivo di armi (la sua pistola infatti, considerata arma comune da sparo, può essere detenuta in casa oppure utilizzata per impiego sportivo (al poligono) ma è reato portarla “in giro” senza un giustificato motivo (per esempio, portarla al poligono appunto oppure in armeria per manutenzione).
Traini ora è stato arrestato e si trova presso il carcere di Ancona-Montacuto (dove è in stato di custodia cautelare in carcere anche Innocent Oseghale), in isolamento in vista della convalida dell’arresto che si svolgerà presumibilmente martedì 6 febbraio.
Molti giornali parlano di accusa per “tentata strage aggravata dal razzismo”.
In realtà è corretto parlare di “strage” e, non di tentata strage, aggravata dalle finalità di odio razziale. Il reato previsto dall’art. 422 codice penale infatti, punisce con l’ergastolo (se deriva la morte anche di una sola persona) ovvero con la reclusione non inferiore a 15 anni, chiunque al fine di uccidere compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità .
Non è richiesto dunque il compiersi effettivo della strage omicidiaria progetta per superare lo stadio del tentativo ed entrare nell’ambito del reato consumati. Trattasi infatti di reato a consumazione anticipata, per cui il mero compimento degli atti considerati idonei a porre in pericolo la pubblica incolumità compiuti con il fine di uccidere sono considerati reato consumato e non tentativo. Tale reato è punibile solo a titolo di dolo (occorre il dolo specifico di volere la morte di altre persone, non necessariamente individuate singolarmente), ovviamente, e non è compatibile invero con la colpa e neppure con il dolo eventuale.
La l. 205 del 1993, c.d. legge Mancino, inoltre, sostituendo l’art. 3 della legge 654/1975, di ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale di New York del 1966 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, prevede poi all’articolo 3 la c.d. aggravante razziale secondo cui per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso ovvero al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, la pena è aumentata fino alla metà.
L’incapacità di intendere e volere. L’avvocato di Traini pare abbia riferito ai giornali che che «la morte di Pamela ha creato un blackout totale nella sua mente che potrebbe configurare l’incapacità di intendere e di volere al momento del gesto». Si vedrà, sarà una perizia psichiatrica che eventualmente verrà disposta, a dover sostenere tale ipotesi.
Ricordiamo, per maggiore facilità di comprensione della vicenda, che nel nostro ordinamento penale gli artt. 88 e 89 del codice penale richiedono, ai fini della esclusione della imputabilità, l’esistenza di una e vera propria malattia mentale, ossia di uno stato patologico che incida sui processi intellettivi e volitivi della persona oppure di anomalie psichiche che, seppur non classificabili secondo precisi schemi medico-legali, risultino tali per la loro intensità ad escludere o scemare grandemente la capacità di intendere e volere dell’autore di un reato.
E’ previsto che in caso di riconoscimento della totale incapacità di intendere e volere al momento in cui l’autore del reato ha agito, lo stesso venga dichiarato non imputabile con la conseguenza che non viene applicata la pena ma la misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario- o in altro luogo di cura- laddove il soggetto sia considerato socialmente pericoloso.
Nel caso, invece, di un riconoscimento di parziale incapacità di intendere e volere il soggetto risponde del reato compiuto, ma la pena viene diminuita.
Il raptus, invece, chiamato anche “reazione a corto circuito” ossia una situazione spesso ricollegata a condizioni di turbamento psichico transitorio non dipendenti da una causa patologica bensì emotiva o passionale, non viene valutato dal nostro sistema penale codicistico e giurisprudenziale quale causa di esclusione o diminuzione della capacità di intendere e volere in quanto non è considerato un fattore in grado di diminuire o limitare la capacità di rappresentazione della realtà e di autodeterminazione di un soggetto. Questo potrebbe essere il caso di Traini
Ma c’è un ma. Qualora le c.d. reazioni a corto circuito risultino manifestazioni di una vera e propria patologia in grado di incidere negativamente sulla capacità di intendere e volere, l’imputabilità del soggetto autore del reato potrà essere esclusa oppure diminuita con le diverse conseguenze sanzionatorie anzidette. Il “Raptus” dunque può diventare patologia, anche se transitoria, e come tale incidere, escludendola, sulla capacità di intendere e volere.
In passato una sentenza delle Sezioni Unite, la n. 9163 del 25.1.2005, ha stabilito che anche i disturbi della personalità, che non sempre sono inquadrabili nel ristretto ambito delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di infermità purchè, però, “siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale”.
Parlare quindi genericamente di “raptus” come causa che esclude la capacità di intendere e volere, e dunque la punibilità, non è corretto, ma altrettanto non corretto è affermare de plano “il raptus non esiste”!