La morte di Licio Gelli, il Gran Maestro della loggia massonica P2

CON LUI VANNO PER SEMPRE SOTTO TERRA I PIU’ GRANDI MISTERI D’ITALIA

di avv. Mary Basconi

gelliL’uomo. Licio Gelli è stato un imprenditore toscano. In gioventù prese parte alla guerra civile spagnola arruolandosi nell’esercito del generale Franco per combattere contro la Repubblica di Spagna. Tornato in Italia, collaborò con la federazione fascista di Pistoia e aderì alla Repubblica di Salò. Verso la fine della guerra aiutò i partigiani a fuggire e scampare ai rastrellamenti che erano in corso lungo gli Appennini. Terminata la guerra, Gelli iniziò a lavorare per una nota ditta di materassi, di cui presto gli venne affidata la direzione commerciale. Iniziato alla massoneria nel 1963 con l’adesione alla Loggia P2, ne scalò i vertici tanto da esserne nominato, il 15 giugno 1970, “maestro venerabile”. Negli anni successivi, fu coinvolto in numerose vicende giudiziarie per le quali fu sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari che scontò a Villa Wanda, sua abitazione fino alla morte.

Il Massone. Con la fine della sua vicenda umana, Gelli si porta dietro molti dei segreti che hanno segnato alcuni dei fatti più tremendi e oscuri della storia repubblicana. Non c’è stato grande mistero degli ultimi 50 anni che non lo abbia visto protagonista, diretto o indiretto.

La loggia massonica “Propaganda 2”, nata a fine Ottocento per permettere l’adesione riservata di personaggi pubblici, venne sciolta nel 1974 quando la massoneria ufficiale ne decreta la sua fine. Da quel momento però, l’organizzazione si trasformò. Sotto il totale dominio di Gelli, divenuto da segretario gran maestro, diventò un’entità eversiva occulta ed allargò i suoi confini fin dentro le istituzioni, dalle più alte cariche dello Stato a quelle locali.

Eppure per gli italiani Licio Gelli è un illustre sconosciuto quando, il 17 marzo del 1981, i giudici milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo, che indagano sul finto rapimento del finanziere Sindona (legato al crac del Banco Ambrosiano), arrivano a Villa Wanda e trovano una valigetta: dentro ci sono il Piano di rinascita democratica e una lista di iscritti alla P2.

I documenti rinvenuti elencano le finalità politiche ed istituzionali della Loggia. Tra gli obiettivi la trasformazione del sistema politico attraverso l’istituzione di una dinamica bipartitica, una riforma costituzionale per la modifica delle competenze delle due Camere, un forte controllo sui media e sull’informazione, ed una riforma della magistratura.

La Loggia P2 si delinea così come un potere parallelo forse addirittura in grado di promuovere e gestire la strategia della tensione, mirata a minare la struttura democratica del Paese. Lo Statuto è un documento che lascia trasparire un progetto, a metà strada tra un manifesto ed uno studio di fattibilità, in cui vengono stabilite le fasi per l’inserimento graduale di esponenti della Loggia nei settori chiave dello Stato, con tanto di preventivo dei “costi” per l’acquisizione delle funzioni più importanti.

Ma il ritrovamento più inquietante è rappresentato proprio dalla “lista” degli affiliati, fino ad allora segreta e nota soltanto allo stesso Gelli che la custodiva. Illustri i nominativi in essa contenuti: parlamentari, industriali, giornalisti, e personaggi famosi, oltre all’intero gruppo dirigente dei servizi segreti italiani.

L’inchiesta. A seguito del ritrovamento della lista segreta il 10 novembre 1981 fu istituita, dall’allora Presidente della Camera Nilde Iotti, una Commissione parlamentare d’inchiesta, la cui guida fu affidata alla deputata democristiana Tina Anselmi.

La Commissione, dopo due anni di lavoro, giunse alla conclusione che la Loggia P2 e lo stesso Gelli goderono di una sorta di “cordone sanitario informativo posto dai Servizi a tutela ed a salvaguardia del Gelli e di quanto lo riguarda (…) Tra le varie spiegazioni possibili di tale costante atteggiamento scartata quella della inefficienza dei Servizi perché palesemente non proponibile, non rimane altra conclusione che quella di riconoscere che il Gelli è egli stesso persona di appartenenza ai Servizi, poiché solo ricorrendo a tale logica spiegazione la copertura di questi assicurata al Gelli in modo sia passivo, non assumendo informazioni sull’individuo, sia attivo, non fornendone all’autorità politica che ne fa richiesta”.

Secondo la Commissione Licio Gelli mantenne nel corso della guida della Loggia un atteggiamento ambiguo, che gli permise di legarsi a chiunque avesse avuto le redini del potere in Italia dopo la fine della guerra. Quanto ai motivi per i quali personaggi illustri, già professionalmente affermati, avrebbero deciso di aderire alla Loggia massonica, si prospettò che il Gelli avesse, dalla sua, l’abilità di sollecitare il diffuso desiderio di mantenere, ma soprattutto accrescere, il proprio potere personale.

Le vicende in cui si assume il coinvolgimento di Licio Gelli. È lunga la lista degli avvenimenti più oscuri della storia della Repubblica in cui la Loggia P2 sembrerebbe essere coinvolta. Tra questi: il tentato golpe Borghese, la strategia della tensione, il fallimento del Banco Ambrosiano, la scalata ai grandi gruppi editoriali, il caso Moro, fino ad arrivare alle cronache più recenti con la trattativa Stato-Mafia.

Strage di Bologna. Il 2 agosto 1980 un ordigno venne fatto esplodere alla stazione ferroviaria di Bologna causando 85 morti, 200 feriti. Nonostante Gelli sia stato definitivamente assolto per l’ipotesi di reato formulata a suo carico di associazione eversiva per l’attentato, tuttavia restano dei dubbi sul ruolo assunto in quella vicenda. Gelli è stato infatti condannato a 10 anni di reclusione per calunnia al processo di appello-bis.

Strage dell’Italicus. Il 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro una bomba esplode sul treno Italicus uccidendo 12 persone e ferendone altre 48. Il processo che ne seguì portò all’assoluzione di tutti gli imputati per l’impossibilità di determinare concretamente le personalità dei mandanti e degli esecutori materiali. Venne tuttavia ricostruito il contesto di matrice neonazista in cui l’attentato era maturato. Le dichiarazioni rese dai soggetti coinvolti portarono a sospettare dell’appoggio della Loggia P2 per la quale l’attentato si inquadrava in un disegno di colpo di Stato che doveva avvenire nell’agosto del 1974.

Banco Ambrosiano. Il sospetto coinvolgimento di Licio Gelli nella vicenda deriva dal suo rapporto con il direttore Roberto Calvi, e la presunta protezione che la Loggia avrebbe assicurato alla banca sino al momento della scoperta delle gravissime e sistematiche irregolarità nella sua gestione. Il processo che ne seguì si concluse con la condanna di Calvi (affiliato alla P2) ritrovato cadavere a Londra poco dopo. Secondo dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Mannoia, Calvi si era impossessato di una grande somma di denaro che apparteneva a Licio Gelli ed al boss mafioso Pippo Calò. Secondo la ricostruzione fornita dal pentito, Calò e Gelli erano riusciti a recuperare una parte consistente del denaro, quando decisero di eliminare Calvi anche a causa della sua inaffidabilità. Gelli fu formalmente indagato per la morte del direttore, ma non si giunse ad una condanna.

Il Caso Moro. Il possibile coinvolgimento della Loggia P2 al caso Moro fu più chiara dopo il ritrovamento della lista, in cui spiccavano i nominativi di diversi personaggi che ricoprivano ruoli importanti nelle istituzioni, sia durante il sequestro, che durante le indagini che ne seguirono. Alcuni di questi erano stati promossi ai loro incarico soltanto qualche mese prima o durante il sequestro.

Trattativa Stato-Mafia. Di recente pare che Gelli sia stato ascoltato dalle autorità in merito alla trattativa Stato-Mafia per cercare, in particolare, di fare luce sui rapporti tra Gelli e l’ex generale dei carabinieri Mori ed il loro collegamento con il terrorismo nero. Ulteriori segnali di allarme derivano dal fatto che secondo fonti vicine al Colonnello Mori, per molti anni al servizio del SID (servizi segreti italiani), questo proponeva agli ufficiali di alto rango, l’iscrizione alla Loggia massonica P2. Le indagini non hanno permesso di giungere ad un processo. 

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