UN BIMBO FIGLIO DEL MAR MEDITERRANEO E DELLA SPERANZA IN UN FUTURO MIGLIORE
di dott.ssa Fabiana Latte
In queste feste, vogliamo raccontare una storia di umanità e quotidianetà. Il trascorso Natale ha portato un dono di vita che riflette il problema annoso e sempre attuale del fenomeno dell’immigrazione.
In questa storia non avremo una grotta, non avremo pastorelli, alberi natalizi addobbati, tavole imbandite, regali e pacchetti da scartare in una calda dimora.
Il protagonista è un piccolo fagotto di 2 chili e 700 grammi nato su una delle tante navi che tentano il viaggio di fortuna per arrivare fino alle coste italiane.
La storia della mamma del piccolo Testimony Salvatore (così è stato chiamato) è una storia come tante, tantissime donne che nella Nostra terra vedono una speranza, vedono la salvezza. Kate, giovanissima mamma di 28 anni di origini nigeriane, si trovava come altri 1.400 immigrati nel Canale di Sicilia. La donna è partita dalla Libia il 23 dicembre insieme alla sorella, decidendo così di separarsi dal proprio marito e altri due figli. Ha deciso di partire portando con sé la figlia di appena un anno. Ecco il coraggio di questa donna.
Perché si sa, il mare Mediterraneo non è sempre gentile e accogliente con chi sceglie di attraversarlo.
Ciò che è certo è che non sempre si ha la “fortuna” di arrivare a destinazione. Questa volta però, le operazioni intraprese dalla nave della Marina Militare “Etna” hanno condotto non soltanto al salvataggio dei numerosi uomini e donne presenti a bordo, ma hanno consentito alla coraggiosa Kate di mettere al mondo il suo bambino.
Esattamente la sera di Natale, poco dopo le 23, il piccolo Testimony Salvatore ha visto la luce di una nuova speranza, accendersi nella sua vita. Già coraggioso ancor prima di nascere, un lottatore, anche se quello che si prospetta non potrà sicuramente dirsi un futuro certo. Intanto, però, il piccolo è stato battezzato dal cappellano di bordo e ricoverato con la giovane madre al policlinico. Come in ogni storia a lieto fine che si rispetti.
Ci piacerebbe sentirne ancora e delle altre. Invece, quello che viene spontaneo pensare è che almeno 3.419 migranti, non sono riusciti ad approdare nelle coste italiane. Hanno perso la vita provando a mettersi in fuga da paesi deturpati, stravolti e calpestati dalle guerre, dalla fame e dalla povertà. Facendo un rapido bilancio la cifra dei decessi per tali cause, rispetto al 2011, si è triplicata nel corso di questo anno che volge al termine.
Quello che dovrebbe far riflettere è che gli Stati sono sempre più impegnati a “tenere sull’uscio” dei propri confini i diversi migranti, senza rispettare in alcun modo il loro diritto di asilo.
Idee che trovano conferma anche nei “nuovi orientamenti strategici per lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia”. Difatti, tra le linee guida prospettate per il quinquennio 2015-2020, il Consiglio Europeo si impegnerà ad adottare misure volte ad attuare una “politica comune per la gestione delle migrazioni e al controllo delle frontiere europee” impostandola però come una vera e propria lotta alla migrazione irregolare.
Se da un lato, quindi, si potrà sicuramente far leva su una più pregnante collaborazione tra i diversi stati membri e paesi terzi, dall’altro ci si chiede quale sia, allo stato attuale la reale condizione del migrante. Un giano bifronte: da un lato vittima da tutelare per far fronte all’emergenza umanitaria (con una particolare cautela per i soccorritori, passabili di accusa per favoreggiamento nel delitto di immigrazione clandestina) e dall’altro lato reo.
Vedremo come si evolverà in merito il quadro europeo. Intanto, volevamo solo raccontarvi una semplice storia di Natale.