COLPA ANCHE DEL BENESSERE E DEL FAI DA TE MEDICINALE
del dottor Giorgio Rossi
Il 18 novembre scorso si è celebrata la settima Giornata Europea degli Antibiotici, una manifestazione internazionale promossa a partire dal 2008 dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC). La manifestazione intende sensibilizzare il pubblico e gli operatori sanitari sull’uso prudente degli antibiotici e sulla resistenza a questi farmaci.
In questa occasione, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) rimarca come il problema dell’antibiotico-resistenza stia assumendo dimensioni globali; lo evidenzia anche l’ultimo Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che parla di una seria minaccia alla salute umana e del rischio che inizi un’era post-antibiotica nella quale verrebbero a mancare farmaci efficaci per curare infezioni gravi che sembravano ormai debellate da quando, meno di un secolo fa, con la scoperta della Penicillina, iniziò l’era degli antibiotici; da allora si sono avvicendati oltre cento principi attivi nella famiglia degli antibiotici, molecole via via più efficaci che hanno contribuito in modo determinante all’aumento globale delle aspettative di vita. Fino ad arrivare all’epilogo dei giorni nostri : la riscossa dei batteri, che rischia di farci fare un salto nel passato.
A oggi il problema dell’antibiotico-resistenza lascia sul campo 25.000 vittime all’anno in Europa e 23.000 negli USA ed è un problema che riguarda tutti , chi è malato e chi oggi è sano, chi si imbottisce di antibiotici per un raffreddore e perfino chi non ha mai preso una pillola in vita sua.
Lo sviluppo della resistenza è un normale processo evolutivo. Già nel 1945, nel suo discorso alla cerimonia del Nobel, Alexander Fleming, scopritore della penicillina, aveva avvertito che i microrganismi avrebbero potuto sviluppare resistenza a questo farmaco meraviglioso.
Esistono diverse vie per lo sviluppo della resistenza ; la più frequente è che nel corso degli anni come in qualsiasi essere vivente, anche nel batterio si verificano delle mutazioni genetiche spontanee le quali lo possono rendere insensibile verso un determinato antibiotico.
Oppure si possono sviluppare degli enzimi all’interno del batterio stesso che inattivano l”antibiotico; ancora, il batterio produce delle sostanze con funzione di trasportatore di membrana che riconosce come estraneo l’antibiotico e lo espelle dalla cellula batterica stessa.
Se pertanto possiamo considerare la resistenza un fenomeno naturale che si è sviluppato da quando esistono gli antibiotici, bisogna far presente che esistono dei comportamenti che ne favoriscono ed accelerano l’insorgenza.
Tra le pratiche considerate più dannose c’è l’abitudine di far uso di antibiotici anche per infezioni virali, come ad esempio l’influenza, dove non hanno nessuna utilità. Spesso a questa si associa il “fai da te”, assumendo il farmaco senza la prescrizione medica, ma su consiglio di amici o parenti. E poi assumere l’antibiotico a dosi non adeguate, troppo basse, o per periodi non adeguatamente prolungati.
Altra pratica che di recente è stata messa sotto accusa è l’abitudine in molti ospedali di prescrivere antibiotici a scopo preventivo, specie in reparti di terapia intensiva e neonatologia.
Una importante fonte di antibiotico-resistenza è rappresentata dagli allevamenti animali per uso alimentare. Negli allevamenti di polli, suini, bovini, pesci è presente un’ altissima densità di soggetti per metro quadro che facilita enormemente lo sviluppo e la diffusione di eventuali infezioni in grado di produrre un’alta mortalità di animali e pertanto conseguenze catastrofiche sulle finanze degli allevatori i quali hanno così cominciato ad usare dosi anche massicce di antibiotici per prevenire tali eventi. In Europa dal 2003 è vietato l’uso di antibiotici a scopo preventivo negli allevamenti, ma è ammesso a scopo terapeutico nel caso in cui un soggetto sviluppi una malattia infettiva. Gli esperti fanno, però, notare che proprio per le condizioni di stress a cui vanno in contro gli animali che vivono in condizioni di sovraffollamento ambientale, essi stessi diventano particolarmente sensibili alle infezioni batteriche e pertanto la probabilità che un animale contragga una malattia infettiva è molto elevata e altrettanto quella di effettuare ripetuti trattamenti di antibiotico terapia a tutti gli animali presenti. Il rischio per l’uomo non proviene dal fatto che consuma carni di animali contenenti antibiotici, anche se circola un aneddoto che dice che con il sushi di salmone ci si potrebbe curare la cistite; è sufficiente, infatti, la cottura per eliminare le eventuali traccie. Il rischio proviene, invece, dal fatto che da questi allevamenti intensivi escono batteri resistenti che vanno poi a contaminare o gli stessi alimenti prodotti o gli operatori che aprono, così, il ciclo vitale.
Negli Stati Uniti, ove non esiste una legislazione specifica, è stato stimato che un 80% degli antibiotici è usato negli allevamenti intensivi, tanto che recentemente è stata criticata la Food and Drug Administration (FDA) per aver autorizzato negli allevamenti intensivi di animali per alimentazione l’uso di 30 diversi tipi di antibiotici, 18 dei quali considerati a rischio di induzione della resistenza antibiotica.
Quali batteri sono diventati resistenti ? I sorvegliati speciali sono l’Escherichia Coli (infezioni del tratto urinario), Klebsiella Pneumoniae (polmoniti),Staphylococcus Aureo (infetta ferite e può trasmettersi al sangue), Enterococchi (infezioni alimentari, diarrea), Pseudomonas aeriginosa (polmonite).
Infezioni comuni come la polmonite, in molte situazioni non rispondono più; per le cistiti, infezioni molto comuni, spesso non bastano più i farmaci orali ed è necessario ricorrere ad antibiotici iniettabili. Per trattare infezioni gravi, è sempre più necessario far ricorso ad antibiotici che sono considerati il massimo dell’efficacia e che costituiscono di fatto un’ultima spiaggia.
In questo scenario, va poi evidenziato un aspetto non certo trascurabile: mancano nuove molecole.
L’età dell’oro dello sviluppo di questi farmaci è stata intorno alla metà del secolo scorso, quando numerose nuove molecole entrarono nel mercato. Da allora il filone si è esaurito. La stragrande maggioranza degli antibiotici oggi a disposizione è stata sviluppata prima del 1968. L’ultima classe di antibiotici scoperta risale agli anni Ottanta.
Naturalmente il mondo scientifico si sta muovendo per cercare una soluzione al problema. Tra le strategie a cui si pensa ci sono quelle di combinare diversi antibiotici tra quelli esistenti, di rinforzare le molecole esistenti con sostanze adiuvanti che rendono i microbi resistenti di nuovo suscettibili e di mettersi alla ricerca di nuovi composti antibatterici e al riguardo ci sono alcune nuove molecole già in sperimentazione.