INTERVISTA AD AMER DACHAN, PRESIDENTE ONSUR, IMPEGNATO NELLA MISSIONE UMANITARIA A SOSTEGNO DEL POPOLO SIRIANO
– di Mosè Tinti
Vi consiglio vivamente di leggere sia questa intervista che quella di Tommaso Virgili sull’ Egitto: troverete due punti di vista diversi che vi faranno ragionare.
L’appuntamento è da Rosalba, piccola pizzeria di Angeli di Rosora (AN), paese mio e di Amer Dachan, compagno di giochi senza il bisogno di precisare quanti anni fa. Gli telefono per accordarci sull’orario così ci ritroviamo giovedì sera alle 9:00 davanti al locale. La giornata in studio è stata lunga e ancora non ho cenato, ma per fortuna Amer mi offre un succo di frutta e mangiucchio qualche pezzo di pizza messo lì come aperitivo.
Amer Dachan, italiano e siriano, è il presidente dell’ Onsur Italia (Campagna Mondiale di Sostegno al Popolo Siriano), associazione no profit che persegue fini di solidarietà sociale e di raccolta aiuti per sostenere il popolo siriano. L’organizzazione nasce nell’ambito del gruppo Onsur mondiale, la quale è stata operativa sin dalle prime migrazioni di profughi al confine siriano. Chiunque può prendere parte alla causa e dare il proprio sostegno alla popolazione siriana mediante donazioni di ogni tipo. Per chi fosse interessato, consiglio di dare un occhio al sito www.onsur.it
Amer è da poco ritornato dalla settima missione in Siria, dove ha portato medicinali, viveri e ambulanze. Mi ha detto che il “benvenuto” questa volta gli è stato dato da un gruppo di uomini che trasportavano un cadavere di una donna estratto dalle macerie di una casa, bombardata una settimana prima.
Noi siamo decisamente più fortunati. Ci sediamo al tavolo e iniziamo l’intervista.
“Parliamo della Siria”.
“La Siria è un esempio di come un popolo possa resistere per due anni e mezzo di fronte all’indifferenza del mondo intero e contro delle super potenze militari ed economiche. Infatti, la popolazione siriana, dopo 7 mesi di dimostrazioni pacifiche, si è ritrovata a combattere con armi rudimentali non solo contro il regime di Damasco, ma anche contro la Russia, il Libano, la Cina, l’Iran e anche contro tutte le forze che non hanno dato e non stanno dando una mano. Ed è evidente: abbiamo visto nelle varie primavere arabe che quando si è voluto togliere qualcuno dai posti di potere si è fatto in tempi relativamente brevi, invece per la Siria non è stato così e non sarà così. La nazione si trova in una posizione calda, confina con Paesi intoccabili che hanno interessi in Siria, legati anche ai rapporti con Assad e per questo è stato quasi permesso il massacro del popolo senza che si alzasse concretamente un dito”.
“Russia, Cina, Iran: quale il loro peso in questa situazione?”
“La Russia rifornisce di armamenti l’esercito di Assad. L’ Iran dà un grosso contributo a livello proprio numerico, di persone: ha fornito soldati, generali, intelligenza militare, insieme con la Russia a dire il vero. La Cina ha invece avuto un ruolo più subdolo, nel senso che si è mossa senza apportare un palese contributo sul piano reale, concreto, ma ha sempre sostenuto Assad non approvando le risoluzioni Onu che avrebbero potuto in qualche modo creare disturbi alla repressione”.
“La crudeltà dell’esercito siriano è sempre stata denunciata per l’efferatezza e la crudeltà delle sue azioni, ma Assad ha iniziato ad utilizzare anche le armi chimiche, o meglio negli ultimi giorni ne è stato rilevato l’utilizzo. In un primo momento Damasco non ha fatto entrare gli ispettori, poi c’è stata un’apertura. Il regime sostiene che siano stati i ribelli ad utilizzare le armi chimiche e che presto i terroristi le useranno anche in Europa, ma l’evidenza della responsabilità di Assad rende questo giochetto di scarico e minacce un teatrino ridicolo“.
“L’utilizzo delle armi chimiche da parte dell’esercito è confermato dalle immagini girate immediatamente sul posto da dottori, testimoni, etc., improvvisatisi ormai come freelance: se uno ci fa caso nota che i filmati provenienti dalla Siria sono quasi tutti filmati amatoriali realizzati da ragazzi siriani anche perchè l’accesso per la stampa nei luogh idi guerra non è per niente facile. Si parla di migliaia di vittime: sul corpo non c’è neanche un graffio, quindi la morte è avvenuta per inalazione (si pensa si tratti di gas nervino) in maniera atroce con l’impossibilità di respirare. L’aereo che ha sganciato l’arma è stato visto: il gas non è stato fatto arrivare da tubature o condutture varie, ma c’è stata un’azione chiara e precisa che tutti hanno visto. Le armi chimiche rappresentavano per Obama la “linea rossa”, il limite da non superare, oltre il quale ci sarebbe stato un intervento americano. C’è un pò di ipocrisia in questo: i 100.000 morti trucidati, sgozzati, freddati a bruciapelo, bombardati, torturati sembra che non contino nulla, mentre non appena si usa un’arma chimica si parla di intervento. Assad, però, non ha limiti: sa di avere le spalle coperte ed azzarda mosse molto rischiose, consapevole che un eventuale conflitto non si limiterebbe alla sola Siria. Azzarda e gioca: ha negato per circa una settimana l’ingresso agli ispettori Onu, giusto il tempo per nascondere le tracce e pulire quello che agli ispettori voleva mostrare, poi ha dato il permesso”.
“Ipocrisia a parte, fatto sta che in queste ore si sta profilando l’ipotesi dell’intervento. E’ praticamente impossibile immaginare che ciò possa avvenire con l’appoggio dell’Onu perchè Russia e Cina imporranno quasi certamente il loro veto. Cosa potrebbe accadere allora?”
“Un intervento senza l’appoggio dell’ ONU, in cui, detto in maniera povera, chi vuole partire parte. Credo che USA, Inghilterra e Francia si muoveranno e mi pare che anche la Turchia si sia detta pronta a concedere le sue basi. Tuttavia la situazione cambia in continuazione: oggi non è uguale a ieri e domani non sarà uguale ad oggi. Sembrava che l’ora X per l’attacco sarebbe stata oggi (giovedì, ndr), poi in giornata si è detto di valutare la possibilità di un diverso intervento. C’era chi sperava e spera in questa risoluzione, ma il continuo rinviare fa apparire il tutto come una sorta di placebo che serve a dare momentanea tranquillità o sollievo alla popolazione che confida in un forte aiuto esterno. Però non si sa: potrei essere smentito già nelle prossime ore…”
“Torniamo all’inizio: cosa ha spinto la popolazione a ribellarsi dopo 50 anni di regime?”
“La Siria è stato uno degli ultimi paesi a muoversi nella primavera araba. Il tutto è nato da una frase che dei bambini avevano scritto su un muro della città di Dar’a, al confine con la Giordania nel marzo 2011: “Il popolo vuole la caduta del regime”. Questi bambini sono stati catturati e torturati. Questi bambini appartenevano a delle tribù, caratterizzate per essere molto tradizionaliste e legate ai valori della famiglia. I capi tribù si recarono dagli esponenti locali del governo e chiesero dei loro figli. Gli esponenti del governo risposero ai capi di tornare a casa, che i figli forse sarebbero tornati e, nel caso in cui non avessero fatto ritorno, consigliavano di farne altri: “se non sapete come farne altre, portateci le vostre mogli e ci penseremo noi”. A questa frase i capi tribù si tolsero i loro copricapi e li posero a terra, in segno di netta divisione e separazione. Da qui seguirono 7 mesi di manifestazioni pacifiche: ci furono subito repressioni, ma quando le manifestazioni iniziarono ad essere più numerose, veniva subito mandato l’esercito a sparare ad altezza uomo, erano lanciate granate, uccise persone, incarcerate, torturate, stuprate le donne. Da una parte c’è il popolo, dall’altra i soldati di Assad, ai quali è stato inculcato fin dal primo giorno di leva che il loro dio è Assad”.
“Motivi economici?”
“In Siria non si è mai vissuto in estrema povertà, generalmente parlando. Prima della rivoluzione non si era arrivati alla fame, ma c’era un grandissimo ceto basso e poi i ricchissimi siriani. Ogni esercizio che si apriva, apparteneva in parte al regime, o meglio ad Assad o a membri della sua famiglia. Tutte le aziende erano almeno in parte controllate da Assad e sicuramente anche l’impossibilità di avere una propria libera attività economica in Siria, con forti vessazioni di natura anche fiscale, ha avuto il suo peso, anche se non è stato il motivo principale della rivolta. In Siria, non è la rivoluzione del pane, è la rivoluzione della dignità”.
“Se uno vedesse Assad senza sapere chi è, direbbe che si tratta di un uomo europeo e quest’impressione sarebbe confermata se lo vedesse con accanto la bellissima moglie. Assad non appare come il dittatore di una nazione araba, ha un’immagine occidentale“.
“Bashar Al Assad ha studiato a Londra come oculista: probabilmente la sua immagine è un’immagine studiata, magari da chi lo ha voluto lì ad occupare il posto che occupa. Ricordiamo che dopo la morte del padre nel 2000 lui ha preso il potere senza avere l’età, 35 anni, per assumere la carica e che il fratello maggiore, Basel, designato dal padre come successore, è morto nel 1994 in un incidente stradale, alquanto sospetto. Al di là dell’immagine di Assad, tengo però a dire che in Siria c’è l’ Islam di base, quello che dovrebbe essere: la parola Islam deriva da Salam, che vuol dire “pace”. Il fanatismo non è mai stato un problema siriano: gli estremismi nascono dove non c’è la possibilità di proclamare il proprio credo. La Siria è uno dei paesi in cui ha convissuto in pace il maggior numero di etnie e di credi religiosi, in serenità e reciproco sostegno. I miei genitori mi raccontano che quando c’era un evento particolare (laurea, matrimonio, etc…)che coinvolgeva una famiglia vicina tutti gli abitanti (armeni, curdi, musulmani, cristiani, etc.) di quel palazzo o di quel quartiere si riunivano per festeggiare. In Siria c’era partecipazione. Hafiz Al Assad, il padre di Bashar, si circondava di uomini esponenti di un determinato credo a periodi: ad ogni etnia dava un pò di potere per poi toglierglielo e passarlo ad un’altra senza quasi che la prima se ne accorgesse e così facendo dava l’impressione di esser vicino a tutti, garantendosi un appoggio trasversale. Bashar, invece, si è circondato di tutte persone alauite, la sua etnia, che sapeva non lo avrebbero mai tradito ed è per questo che lui mantiene ancora una notevole forza. Dei 400.000 soldati a disposizione, quelli che lo hanno abbandonato sono per la maggior parte non di etnia alauita.”
“Parliamo ora della missione dell’ Onsur“.
“Noi portiamo ambulanze, farmaci, apparecchiature mediche, materiale sanitario (bende, siringhe), scarpe e vestiti, donati anche da aziende marchigiane. Preciso che noi andiamo nelle zone liberate della Siria, ossia quelle zone da dove l’esercito di Assad è stato cacciato, dove non c’è più il regime: si tratta di zone in cui si è combattuto da poco e le conseguenze della guerra sono evidentissime. Sul posto acquistiamo pacchi alimentari, composti da riso, olio, patate, pane, cibi in scatola”.
“Come sono organizzate le zone liberate?”
“Nelle zone liberate si sono formati dei comitati, sotituitisi a quelli che qui equivalgono agli enti pubblici, ai comuni. Ogni paesino ha una lista dove sono indicate le persone che hanno perso il capo famiglia, le vedove dei martiri, gli orfani dei martiri, chi è rimasto solo e non ha più sostentamento. Vi sono punti medici sotterranei, onde evitare che i bombardamenti interessino gli ospedali. Ogni comitato si occupa delle emergenze di ogni singolo paesino. I singoli comitati fanno poi capo al comitato che si trova nella città più grande, come può essere la città di Aleppo”.
“Quale può essere lo scenario dopo la caduta di Assad, in qualunque modo essa avvenga? Cosa vuole il popolo siriano?”
“Ci sarà un periodo di transizione. C’è già la Coalizione Nazionale Siriana che riunisce coloro che erano stati cacciati dalla Siria perchè il loro pensiero non era in linea con la dittatura di Assad, sunniti, laici, oppositori interni che non erano stati scoperti dal regime. Questi tenteranno di portare il paese ad elezioni libere e democratiche: il popolo non vuole controlli esterni, non vuole essere un nuovo Iraq”.
“Molte forze diverse coese contro un “nemico comune”, che è Assad. Una volta che questo nemico sarà sconfitto, non si rischierà un Egitto-bis? Nel senso, le diverse idee che si racchiudono nella Coalizione Nazionale Siriana dovranno confrontarsi e, se si andrà ad elezioni qualcuno vincerà e altri perderanno. Chi perderà accetterà la sconfitta o il vincitore diventerà il nuovo “nemico comune”, che in Egitto prima era Mubarak ed ora è Morsi?”
“Ritengo che in Egitto sia stato commesso uno stupro alla democrazia e si vuole far passare come qualcosa di diverso quello che niente altro è se non un colpo di Stato, in cui è stato deposto dalla piazza e dall’esercito un presidente democraticamente eletto, mentre le televisioni non mostravano i manifestanti pro-Morsi, uccisi a migliaia. Le decisioni di Morsi che sembravano andare verso una nuova dittatura, altro non erano che atti necessari a tagliare definitivamente ogni rapporto col passato, con Mubarak, poichè l’accentramento di potere sarebbe stato momentaneo e sarebbe servito a neutralizzare i filo-Mubarak che ancora rivestivano ruoli di potere. Queste erano le stesse persone che impedivano le riforme e di conseguenza la nascita del nuovo Egitto. Morsi non voleva diventare il nuovo Faraone, voleva solo togliere il potere alla classe politica corrotta, rimasuglio della dittatura di Mubarak. Detto questo, credo che in Siria non accadrà nulla di simile, perchè ciò che la gente vuole è semplice: la caduta di Assad, libertà di opinione, libertà economica e libertà di professare il proprio credo religioso”.
Giovedì sera ad Angeli passano poche macchine. Io e Amer usciamo dalla pizzeria e ci fermiamo a fare quattro chiacchiere prima di salutarci. Mi dice che l’ Onsur sta già preparando una nuova missione e c’è bisogno dell’aiuto di tutti per dare una mano ai profughi e a coloro che sono rimasti senza famiglia, senza casa, anche perchè nel caso di intervento armato le emergenze aumenteranno, ma le associazioni umanitarie non si fermeranno. Aiutarli è semplice: www.onsur.it e lì troverete tutte le informazioni necessarie.