NUOVO SAGGIO MUSICALE DI P.TARSI
SENIGALLIA (AN) – di Andrea Mastromarco – Tra le eccellenze della musica marchigiana, la figura di Paolo Tarsi (senigalliese, classe 1984) non può che ricoprire un ruolo di spicco. Compositore di musica elettronica e cameristica, autore per il teatro e la video-arte, si è specializzato nella composizione con il premio Oscar Luis Bacalov (sua la colonna sonora de “Il postino”). Ha in seguito pubblicato diversi lavori, per poi trovarsi a collaborare con musicisti provenienti da gruppi come Kraftwerk, Tangerine Dream, Neul, King Crimson, Afterhours, Henry Cow, Ulan Bator, nonché ha operato con stretti collaboratori di band come Radiohead e Soft Machine per un progetto in itinere. Curatore, inoltre della rassegna di musica ed arte contemporanea “Contemporary Jukeboxe”, ed autore inoltre di scritti di carattere musicologo per diverse testate del settore.
E tra gli scritti che portano la sua firma, va assolutamente annoverata questa interessantissima (ed a suo modo monumentale) opera intitolata “L’algebra delle lampade – Musica colta da culture incolte”, libro di 256 pagine uscito lo scorso gennaio per l’editore Ventura. L’opera nasce nella sua struttura collegandosi ad un evento accaduto nel lontano 1967, quando il quartetto più famoso di Liverpool (i Beatles) si recò presso il parco della Knole House, residenza in stile Tudor della seconda metà del XV secolo, per girare i video di “Strawberry Fields Forever” e “Penny Lane”. Situata nella contea del Kent, questa “calendar house” si compone di 365 stanze, 52 corridoi (come i giorni e le settimane dell’anno) e 7 cortili (come i giorni della settimana). Ed infatti la prima parte (di tre) del libro si compone di 52 schede di dischi di musica colta contemporanea che eviscerano da un punto di vista tecnico davvero ineccepibile le opere di compositori come Messiaen, Mahler, Hersh, Gaslini, Di Sabatino (per fare alcuni esempi), delineando un percorso non del tutto agevole tra capisaldi della musica contemporanea, ma estremamente utile a chiunque voglia approfondire le proprie conoscenze in certi ambiti stlistici.
Molto più interessante, a mio avviso, la seconda parte del libro, in cui l’autore si cimenta autorevolmente in una serie di sette interviste ad alcuni dei più importanti ed influenti autori dei nostri tempi provenienti dai generi più disparati come il progressive, il krautorock, il post-punk, la new-wave, la drone, il nu-jazz e l’hip-hop. Ecco quindi che Tarsi si trova a disquisire, tra gli altri, con personaggi come il chitarrista Eivind Aarset e Emil Schult dei Kraftwerk oltre che su dettagli squisitamente tecnici, ma – soprattutto – su interessanti aneddoti legati al come certe scelte stilistiche hanno portato a far sì che certi album e certe composizioni divenissero ciò che sono diventate, meritando in questo modo di entrare di diritto nell’olimpo della musica dell’ultimo millennio. E mettendo a nudo influenze musicali e non che non si sarebbe mai pensato che tali artisti, veri e propri mostri sacri, potessero avere.
Dopo una folta discografia “essenziale”, che divide la “musica colta” in diversi sottogeneri, utilissima a chi volesse accrescere la sua cultura musicale (ammetto la mia ignoranza, ma di questi titoli ne conoscevo sì e no un terzo), il libro si conclude nella sua terza parte, intitolata “Bonus Tracks” con due lunghe interviste a Luis Bacalov e Paolo Tofani degli Area, in cui i due musicisti raccontano a ruota libera di se stessi e della loro opera.
Un lavoro, questo di Tarsi, impreziosito da una stupenda copertina realizzata da Luca Domeneghetti, dettagliatissimo ed incredibilmente argomentato, rivolto a mio avviso (e consigliato) a chi ha già una certa conoscenza di un certo tipo di musica ed ha il desiderio di ampliare il proprio bagaglio culturale in materia. Che, come è successo al sottoscritto, risulterà essere di ben poco spessore.
(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)