Le indicazioni geografiche (IGP) delle bevande alcoliche: spetta al giudice valutare l’inganno al consumatore

SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA CHE FA TREMARE I PRODUTTORI ITALIANI NELLA BATTAGLIA CONTRO “L’ITALIAN SOUNDING”

di Avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)

La sentenza emessa il 7/6/2018 dalla Corte di Giustizia Europea nella causa C-44/2017 tra la Scotch Whisky Association e la ditta tedesca Glen Buchenbach, fa tremare i produttori italiani e depotenzia la tutela sulle indicazioni geografiche protette di un prodotto alimentare rispetto agli illegittimi utilizzi “evocativi” da parte di altri prodotti alimentari non rientranti in tale tutela comunitaria.

Per la Corte europea saranno i Giudici chiamati a decidere il caso concreto a dover valutare, sulla base di indicatori di riferimento che prenderemo in esame, se il “Consumatore europeo medio” in presenza della denominazione controversa sia indotto a pensare che quel prodotto che la utilizza impropriamente rientri nei prodotti IGP.

Preoccupazione, dunque, per i produttori italiani di qualità che vedono diminuire le tutele contro il fenomeno del c.d. “Italian sounding”, cioè prodotti europei che utilizzano impropriamente richiami al nostro territorio italiano.

Secondo la Corte CE,  l’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un’«evocazione» di un’indicazione geografica registrata, spetta al giudice del rinvio valutare se il consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in presenza della denominazione controversa sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, la merce che beneficia dell’indicazione geografica protetta.

Nell’ambito di tale valutazione detto giudice, in mancanza, in primo luogo, di una similarità fonetica e/o visiva della denominazione controversa con l’indicazione geografica protetta e, in secondo luogo, di un’incorporazione parziale di tale indicazione in tale denominazione, deve tener conto, se del caso, della somiglianza concettuale fra detta denominazione e detta indicazione.

L’articolo 16, lettera a), del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un «impiego commerciale indiretto» di un’indicazione geografica registrata, occorre che l’elemento controverso sia utilizzato in una forma che sia identica a tale indicazione, oppure simile dal punto di vista fonetico e/o visivo.Non è dunque sufficiente che detto elemento possa suscitare, nella mente del pubblico di riferimento, una qualsivoglia associazione con l’indicazione di cui trattasi o con la relativa zona geografica.

L’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che,per accertare l’esistenza di un’«evocazione» di un’indicazione geografica registrata,non occorre tener conto del contesto in cui si inserisce l’elemento controverso e, in particolare, del fatto che quest’ultimo sia corredato da una precisazione circa la vera origine del prodotto in questione.

L’articolo 16, lettera c), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di una «indicazione falsa o ingannevole», vietata da tale disposizione, non occorre tener conto del contesto nel quale l’elemento controverso è utilizzato.

Il caso all’esame della Corte di Giustizia europea traeva le mosse da un ricorso al Tribunale del Lando tedesco di Amburgo dell’associazione di tutela dei produttori scozzesi di Whisky (Scotch Whisky Association), contro la ditta Glen Buchenbach, che distillava in Germania un whisky  autoctono, utilizzando il termine “Glen” che identifica delle specifiche valli ad U tipiche della Scozia. Il tribunale tedesco decideva di adìre la Corte Europea perché considerava dirimente per risolvere il caso una approfondita interpretazione della normativa europea in materia di protezione delle indicazioni geografiche degli alcolici in particolare.

Proviamo ad analizzare brevemente il quadro normativo:

L’art. 93 del REGOLAMENTO (UE) N. 1308/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2013, detta la disciplina per la denominazione di origine e per l’indicazione geografica: 

a)  “denominazione di origine”,il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali e debitamente giu­stificati, di un paese che serve a designare un prodotto di cui all’articolo 92, paragrafo 1 (cioè i prodotti di cui all’allegato VIII, parte II, punto 1, punti da 3 a 6 e punti 8, 9, 11, 15 e 16)conforme ai seguenti requisiti:

i)  la qualità e le caratteristiche del prodotto sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare am­biente geografico e ai suoi fattori naturali e umani;

ii)  le uve da cui è ottenuto il prodotto provengono esclusi­vamente da tale zona geografica;

iii)  la produzione avviene in detta zona geografica e

iv)  il prodotto è ottenuto da varietà di viti appartenenti alla

specie Vitis vinifera;

b)  “indicazione geografica”, l’indicazione che si riferisce a una regione, a un luogo determinato o, in casi eccezionali e debitamente giustificati, a un paese, che serve a designare un prodotto di cui all’articolo 92, paragrafo 1, conforme ai seguenti requisiti:

i)  possiede qualità, notorietà o altre peculiarità attribuibili a tale origine geografica;

ii)  le uve da cui è ottenuto provengono per almeno l’85 % esclusivamente da tale zona geografica;

iii)  la produzione avviene in detta zona geografica e

iv)  è ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis.

Secondo il T.U. del Vino (PER RILEGGERE IL NSOTRO PRECEDENTE FOCUS CLICCA QUI), la denominazione di origine controllata e garantita (docg) e la denominazione di origine controllata (doc) sono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall’Italia per designare i vini DOP. L’indicazione geografica tipica (igt) costituisce invece la menzione specifica tra dizionale utilizzata per designare i vini igp.

 

Giova ricordare, seppur sommariamente, che a norma del Regolamento n. 1169/2011/CE- che disciplina della «fornitura di informazioni sugli alimenti» commercializzati nei Paesi membri dell’UE-“le informazioni sugli alimenti sono precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore” (Art. 7.2 RFI). Per informazioni sugli alimenti  si devono intendere “le informazioni concernenti un alimento e messe a disposizione del consumatore finale mediante un’etichetta, altri materiali di accompagnamento oqualunque altro mezzo, compresi gli strumenti della tecnologia moderna o la comunicazione verbale”.

Sempre a norma del sopra citato regolamento 1169/2011/CE la prima fondamentale informazione da fornire al consumatore finale è la denominazione di vendita, definita come il nome sotto il quale il prodotto alimentare è offerto in vendita ( nel nostro caso “Whiskey” oppure ad es. “pasta di semola di grano duro”)

Occorre a questo punto fare un breve excursus del Regolamento CE 110/2008 (LEGGI PER ESTESO), cui si richiama la sentenza in esame, che fissa le regole relative alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose.

Detto regolamento si applica a tutte le bevande spiritose commercializzate nella Comunità, siano esse prodotte nella Comunità o in paesi terzi, nonché a quelle prodotte nella Comunità e destinate all’esportazione; si applica anche all’uso dell’alcole etilico e/o di distillati di origine agricola nella produzione di bevande alcoliche e all’uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione ed etichettatura di prodotti alimentari.

Ai fini del presente regolamento, per «bevanda spiritosa»si intende la bevanda alcolica:

a)  destinata al consumo umano;

b)  avente caratteristiche organolettiche particolari;

c)  avente un titolo alcolometrico minimo del 15 %;

d)  prodotta:

i) o direttamente:

— mediante distillazione, in presenza o meno di aromi, di prodotti fermentati naturalmente, e/o

mediante macerazione o trattamento simile di materie vegetali in alcole etilico di origine agricola e/o distillati di origine agricola, e/o bevande spiritose ai sensi del presente regola- mento, e/o

mediante aggiunta di aromi, zuccheri o altri prodotti edulcoranti elencati nell’allegato I, punto 3, e/o di altri prodotti agricoli e/o alimentari all’alcole etilico di origine agricola e/o a distillati di origine agricola e/o a bevande spiritose ai sensi del presente regolamento;

ii) o mediante miscelazione di una bevanda spiritosa con una/uno o più:

—  altre bevande spiritose, e/o

—  alcole etilico di origine agricola o distillati di

origine agricola, e/o

—  altre bevande alcoliche, e/o

—  bevande.

L’Articolo 15 disciplina le Indicazioni geografiche:un’indicazione che identifichi una bevanda spiritosa come originaria del territorio di un paese, o di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità, la rinomanza o altra caratteristica della bevanda spiritosa sia essenzialmente attribuibile alla sua origine geografica. Le indicazioni geografiche sono registrate nell’allegato III. Le indicazioni geografiche registrate nell’allegato III non possono diventare generiche.

Le denominazioni divenute generiche non possono essere registrate nell’allegato III. Per «denominazione divenuta generica» si intende il nome di una bevanda spiritosa che, pur collegato al luogo o alla regione in cui il prodotto è stato inizialmente ottenuto o commercializzato, è diventato la denominazione comune di una bevanda spiritosa nella Comunità.

L’articolo 16- che viene in rilievo nella sopracitata sentenza- prevede varie forme di Protezione delle indicazioni geografiche:

Fatto salvo l’articolo 10, le indicazioni geografiche registrate nell’allegato III sono protette da:

a)  qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto per prodotti che non sono oggetto di registrazione, nella misura in cui questi ultimi siano comparabili alla bevanda spiritosa registrata con tale indicazione geografica o nella misura in cui l’uso di tale indicazione consenta di sfruttare indebitamente la rinomanza dell’indicazione geografica registrata;

b)  qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se la vera origine del prodotto è indicata o se l’indicazione geografica è usata in forma tradotta o è accompagnata da espressioni quali «genere», «tipo», «modo», «stile», «marca», «gusto» o altri termini simili;

c)  qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole in relazione alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto nella designazione, nella presenta- zione o nell’etichettatura del medesimo, tale da indurre in errore sull’origine;

d)  qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.

Secondo l’allegato II lo Whisky o whiskey:
a) Il whisky o whiskey è la bevanda spiritosa ottenuta esclusivamente:

i)  mediante distillazione di un mosto di cereali maltati con o senza chicchi interi di altri cereali, che è stato

—  saccarificato dalla diastasi del malto ivi contenuto, con o senza aggiunta di altri enzimi naturali,

—  fermentato per azione di lieviti;

ii)  con una o più distillazioni a meno di 94,8 % vol., cosicché il prodotto della distillazione abbia un aroma e un gusto provenienti dalle materie prime utilizzate;

iii)  mediante invecchiamento del distillato finale per almeno tre anni in fusti di legno di capacità pari o inferiore a 700 l.

Il distillato finale, al quale possono essere aggiunti soltanto acqua e caramello semplice (per la colorazione), conserva il colore, l’aroma e il gusto derivanti dal processo di elaborazione di cui ai punti i), ii) e iii);

b) il titolo alcolometrico volumico minimo del whisky o whiskey è di 40 % vol.;

c) non deve esservi aggiunta di alcole di cui all’allegato I, punto 5, diluito o non diluito;

d) il whisky o whiskey non può essere edulcorato né aromatizzato e non può contenere additivi diversi dal caramello semplice usato come colorante.

 

Secondo l’allegato III le indicazioni geografiche per lo Whisky sono:

Scotch Whisky (REGNO UNITO/SCOZIA)

Irish Whiskey/Uisce Beatha Eireannach/Irish Whisky ( IRLANDA)

Whisky español (SPAGNA)

Whisky breton/Whisky de Bretagne (FRANCIA)

Whisky alsacien/Whisky d’Alsace (FRANCIA)

 

 

DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA C-44/2017 (Scotch Whisky Association c/ Micheal Klotz):

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

7 giugno 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Protezione delle indicazioni geografiche delle bevande alcoliche – Regolamento (CE) n. 110/2008 – Articolo 16, lettere da a) a c) – Allegato III – Indicazione geografica registrata come “Scotch Whisky” – Whisky prodotto in Germania e commercializzato con la denominazione “Glen Buchenbach”»

Nella causa C‑44/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landgericht Hamburg (Tribunale del Land, Amburgo, Germania), con decisione del 19 gennaio 2017, pervenuta in cancelleria il 27 gennaio 2017, nel procedimento

Scotch Whisky Association, 

contro

Michael Klotz,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da J.L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, E. Levits, A. Borg Barthet, M. Berger (relatore) e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Scotch Whisky Association, da K.H. Reuer e W. Baars, Rechtsanwältinnen;

–        per M. Klotz, da S.J. Mühlberger, Rechtsanwalt;

–        per il governo ellenico, da G. Kanellopoulos, E. Leftheriotou, M. Tassopoulou e E. Chroni, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da D. Colas, S. Horrenberger e E. de Moustier, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Varrone, avvocato dello Stato;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e C. Schillemans, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da B. Eggers, D. Bianchi e I. Naglis, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 febbraio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 16, lettere da a) a c), del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio (GU 2008, L 39, pag. 16).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Scotch Whisky Association e il sig. Michael Klotz, un distributore di whisky online, in merito ad un’azione diretta a far cessare la commercializzazione, da parte di quest’ultimo, di un whisky prodotto in Germania e denominato «Glen Buchenbach».

Contesto normativo 

3        Il considerando 2 del regolamento n. 110/2008 così recita:

«Le bevande spiritose sono importanti per i consumatori, i produttori e per il settore agricolo della [Unione europea]. Le misure che disciplinano il settore delle bevande spiritose dovrebbero contribuire al raggiungimento di un livello elevato di protezione dei consumatori, alla prevenzione delle pratiche ingannevoli e alla realizzazione della trasparenza del mercato e di eque condizioni di concorrenza. (…)».

4        Ai sensi del considerando 4 di tale regolamento:

«Per assicurare un’impostazione più sistematica nella relativa normativa, è opportuno che il presente regolamento stabilisca chiaramente precisi criteri per la produzione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura delle bevande spiritose, nonché la protezione delle indicazioni geografiche».

5        Il considerando 14 di detto regolamento è formulato nei seguenti termini:

«Poiché il regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari [(GU 2006, L 93, pag. 12), come modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU 2006, L 363, pag. 1)] non si applica alle bevande spiritose, è opportuno stabilire nel presente regolamento le regole relative alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose. È opportuno procedere alla registrazione delle indicazioni geografiche, identificando le bevande spiritose come originarie del territorio di un paese, o di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità, la rinomanza o altre caratteristiche della bevanda spiritosa siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica».

6        L’articolo 16 del regolamento n. 110/2008, intitolato «Protezione delle indicazioni geografiche», prevede quanto segue:

«(…) Le indicazioni geografiche registrate nell’allegato III sono protette da:

a)      qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto per prodotti che non sono oggetto di registrazione, nella misura in cui questi ultimi siano comparabili alla bevanda spiritosa registrata con tale indicazione geografica o nella misura in cui l’uso di tale indicazione consenta di sfruttare indebitamente la rinomanza dell’indicazione geografica registrata;

b)      qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se la vera origine del prodotto è indicata o se l’indicazione geografica è usata in forma tradotta o è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, (…) “stile”, “marca”, “gusto” o altri termini simili;

c)      qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole in relazione alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto nella designazione, nella presentazione o nell’etichettatura del medesimo, tale da indurre in errore sull’origine;

d)      qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto».

7        L’allegato III a tale regolamento, intitolato «Indicazioni geografiche», precisa che lo «Scotch Whisky» è stato registrato come indicazione geografica appartenente alla categoria n. 2 di prodotti, ossia «Whisky/Whiskey», aventi come paese d’origine il Regno Unito (Scozia).

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8        La Scotch Whisky Association è un’organizzazione di diritto scozzese che ha lo scopo, in particolare, di garantire la protezione del commercio del whisky scozzese sia in Scozia che all’estero.

9        Il sig. Klotz commercializza, per mezzo di un sito Internet, un whisky denominato «Glen Buchenbach», prodotto dalla distilleria Waldhorn, con sede a Berglen, nella valle di Buchenbach, in Svevia (Germania).

10      L’etichetta apposta sulle bottiglie del whisky in questione riporta, oltre al disegno stilizzato di un corno da caccia (Waldhornin lingua tedesca), le seguenti indicazioni, ossia «Waldhornbrennerei» (distilleria Waldhorn), «Glen Buchenbach», «Swabian Single Malt Whisky» (whisky svevo di malto singolo), «500 ml», «40% vol», «Deutsches Erzeugnis» (prodotto tedesco) e «Hergestellt in den Berglen» (prodotto nel Berglen)».

11      La Scotch Whisky Association ha adito il Landgericht Hamburg (Tribunale del Land, Amburgo, Germania) con un ricorso diretto a far cessare, segnatamente, la commercializzazione di detto whisky, che non è Scotch whisky, sotto la denominazione «Glen Buchenbach», in quanto l’uso di tale denominazione è contrario, in particolare, all’articolo 16, lettere da a) a c), del regolamento n. 110/2008, che protegge le indicazioni geografiche registrate nell’allegato III a tale regolamento, tra cui lo «Scotch Whisky».

12      Secondo la Scotch Whisky Association, tali disposizioni prevedono che l’indicazione geografica registrata per una bevanda alcolica sia protetta non solo contro l’uso di una simile indicazione, ma anche contro qualunque menzione che suggerisca l’origine geografica di tale indicazione. Orbene, la denominazione «Glen», datone l’utilizzo oltremodo esteso in Scozia al posto del termine «valley» e, in particolare, come elemento del marchio nei nomi dei whisky scozzesi, susciterebbe nella mente del pubblico di riferimento un’associazione con la Scozia e lo Scotch Whisky nonostante l’aggiunta di altre indicazioni sull’etichetta, le quali precisano l’origine tedesca del prodotto di cui trattasi. Il sig. Klotz chiede che il ricorso venga respinto.

13      Il Landgericht Hamburg (Tribunale del Land, Amburgo) afferma che l’accoglimento del ricorso dipende dall’interpretazione da fornire all’articolo 16, lettere da a) a c), del regolamento n. 110/2008. Pertanto, esso ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se un “impiego commerciale (…) indiretto [di un’indicazione geografica registrata per bevande spiritose]” ai sensi dell’articolo 16, lettera a), del regolamento (…) n. 110/2008 postuli che l’indicazione geografica registrata sia usata in forma identica o simile sul piano fonetico e/o visivo, ovvero se sia sufficiente che l’elemento controverso del segno susciti nel pubblico di riferimento un’associazione di idee di qualsiasi tipo con l’indicazione geografica registrata ovvero con la zona geografica.

In tale ultimo caso: se ai fini dell’accertamento dell’eventuale esistenza di un “impiego commerciale indiretto” rilevi altresì il contesto in cui sia inserito l’elemento controverso del segno, oppure se detto contesto non possa escludere un impiego commerciale indiretto dell’indicazione geografica registrata neanche qualora all’elemento controverso del segno si aggiunga un’indicazione della provenienza reale del prodotto stesso.

2)      Se un’”evocazione” dell’indicazione geografica registrata di cui all’articolo 16, lettera b), del regolamento (…) n. 110/2008 postuli la sussistenza di una somiglianza fonetica e/o visiva tra l’indicazione geografica registrata e l’elemento controverso del segno, ovvero se sia sufficiente che tale elemento susciti nel pubblico di riferimento un’associazione di idee di qualsiasi tipo con l’indicazione geografica registrata oppure con la zona geografica.

In tale ultimo caso: se ai fini dell’accertamento dell’eventuale esistenza di un’”evocazione” rilevi altresì il contesto in cui sia inserito l’elemento controverso del segno, oppure se detto contesto non possa escludere un’evocazione illegale dell’indicazione geografica registrata neanche qualora all’elemento controverso del segno si aggiunga un’indicazione della provenienza reale del prodotto stesso.

3)      Se, ai fini dell’accertamento dell’eventuale esistenza di un’”altra indicazione falsa o ingannevole” di cui all’articolo 16, lettera c), del regolamento (…) n. 110/2008, rilevi altresì il contesto in cui sia inserito l’elemento controverso del segno, oppure se detto contesto non possa escludere un’indicazione ingannevole neanche qualora all’elemento controverso del segno si aggiunga un’indicazione della provenienza reale del prodotto stesso».

Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

14      A seguito della presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale, la Scotch Whisky Association, con lettera del 15 marzo 2018, ha chiesto che venisse disposta la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte.

15      A sostegno di tale domanda, la Scotch Whisky Association fa valere, in sostanza, che le considerazioni svolte dall’avvocato generale ai paragrafi da 66 a 68 nonché 107 e 108 delle sue conclusioni si basano su un’esposizione incompleta e scorretta del quadro materiale, quale accertato nella decisione di rinvio, di modo che tali considerazioni sono errate. La Scotch Whisky Association vorrebbe poter rispondere, nell’ambito di un’udienza di discussione, a tali considerazioni e, allo stesso tempo, correggere e completare il quadro materiale.

16      A tal proposito si deve ricordare che, in forza dell’articolo 83 del suo regolamento di procedura, la Corte, sentito l’avvocato generale, può disporre in qualsiasi momento l’apertura o la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo determinante la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

17      Non è quanto avviene nel caso di specie. Infatti la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di essere sufficientemente edotta per statuire e che non sia necessario decidere la causa sulla base di argomenti che non sono stati oggetto di discussione in contraddittorio tra le parti o gli interessati.

18      Inoltre, non si è sostenuto che una delle parti nel procedimento principale o uno dei citati interessati abbia prodotto, dopo la chiusura della fase orale del presente procedimento, un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte.

19      Di conseguenza, occorre respingere la domanda della Scotch Whisky Association di riapertura della fase orale del procedimento.

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

20      Nell’ambito della presente causa, le due parti nel procedimento principale hanno formulato censure nei confronti sia del tenore letterale sia del contenuto della decisione di rinvio.

21      Da un lato, la Scotch Whisky Association contesta al giudice del rinvio di non aver correttamente formulato le questioni pregiudiziali e propone, nelle sue osservazioni scritte, di riformulare tali questioni.

22      In proposito è sufficiente ricordare che, secondo costante giurisprudenza, spetta unicamente ai giudici nazionali aditi, che debbono assumersi la responsabilità della decisione giudiziaria, valutare, tenuto conto delle peculiarità di ogni causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere posti in grado di statuire nel merito, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte (sentenza del 4 aprile 2000, Darbo, C‑465/98, EU:C:2000:184, punto 19). In particolare, spetta unicamente al giudice del rinvio determinare e formulare dette questioni. Le parti del procedimento principale non possono modificarne il tenore (sentenze del 18 luglio 2013, Consiglio Nazionale dei Geologi, C‑136/12, EU:C:2013:489, punti 29 e 31 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 6 ottobre 2015, T–Mobile Czech Republic e Vodafone Czech Republic, C‑508/14, EU:C:2015:657, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Conseguentemente, la richiesta di una delle parti nel procedimento principale di riformulare nei termini da essa indicati le questioni sollevate non può essere accolta.

23      Dall’altro lato, il sig. Klotz è del parere che il giudice del rinvio abbia esposto i fatti della controversia principale in forma abbreviata e incompleta, e fornisce indicazioni integrative di tale esposizione.

24      Si deve tuttavia ricordare, da una parte, che, nell’ambito della procedura di cooperazione istituita dall’articolo 267 TFUE, non spetta alla Corte, ma al giudice nazionale accertare i fatti che hanno dato origine alla controversia e trarne le conseguenze ai fini della decisione che esso è chiamato a pronunciare (sentenze del 3 settembre 2015, Costea, C‑110/14, EU:C:2015:538, punto 13, e del 10 marzo 2016, Safe Interenvíos, C‑235/14, EU:C:2016:154, punto 119). Dall’altra, incombe alla Corte prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra i giudici dell’Unione e i giudici nazionali, il contesto materiale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali come definito dal giudice del rinvio (v., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 2001, Ambulanz Glöckner, C‑475/99, EU:C:2001:577, punto 10, e del 28 luglio 2016, Kratzer, C‑423/15, EU:C:2016:604, punto 27).

Sulla prima questione

25      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, lettera a), del regolamento n. 110/2008 debba essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un «impiego commerciale indiretto» di un’indicazione geografica registrata, occorra che l’elemento controverso sia utilizzato in una forma che sia identica a tale indicazione, oppure simile dal punto di vista fonetico e/o visivo, o se sia sufficiente che tale elemento susciti, nella mente del pubblico di riferimento, una qualsivoglia associazione con l’indicazione di cui trattasi o con la relativa zona geografica.

26      Nel caso in cui si ritenga che sia sufficiente una qualsivoglia associazione di idee con l’indicazione geografica registrata o la relativa zona geografica per configurare l’esistenza di un «impiego commerciale indiretto» di tale indicazione, ai sensi dell’articolo 16, lettera a), del regolamento n. 110/2008, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la disposizione in esame debba essere interpretata nel senso che, per accertare detta esistenza, occorra tener conto del contesto in cui si inserisce l’elemento controverso e, in particolare, del fatto che quest’ultimo sia accompagnato da una precisazione relativa alla vera origine del prodotto, cosicché le informazioni fornite nell’ambito di tale contesto consentano, in definitiva, di confutare l’asserzione secondo cui si tratterebbe di un impiego commerciale indiretto.

27      Secondo una costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenze del 23 gennaio 2018, Piotrowski, C‑367/16, EU:C:2018:27, punto 40, e del 7 febbraio 2018, American Express, C‑304/16, EU:C:2018:66, punto 54).

28      Per quanto riguarda, in primo luogo, il dettato dell’articolo 16, lettera a), del regolamento n. 110/2008, da esso risulta che tale disposizione protegge le indicazioni geografiche registrate da «qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto per prodotti che non sono oggetto di registrazione, nella misura in cui questi ultimi siano comparabili alla bevanda spiritosa registrata con tale indicazione geografica o nella misura in cui l’uso di tale indicazione consenta di sfruttare indebitamente la rinomanza dell’indicazione geografica registrata».

29      L’utilizzo del termine «impiego», nella disposizione in parola, richiede, per definizione, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 28 delle sue conclusioni, che il segno controverso faccia uso della stessa indicazione geografica protetta, nella forma in cui quest’ultima è stata registrata o, quanto meno, in una forma che presenti collegamenti così stretti con quest’ultima, da un punto di vista fonetico e/o visivo, che il segno controverso risulti evidentemente legato ad essa in modo inscindibile.

30      In proposito la Corte ha già statuito che l’impiego di un marchio contenente un’indicazione geografica, o un termine corrispondente a quest’ultima e alla sua traduzione, per bevande alcoliche non conformi ai requisiti corrispondenti costituisce, di regola, un impiego commerciale diretto di tale indicazione geografica, ai sensi dell’articolo 16, lettera a), del regolamento n. 110/2008 (sentenze del 14 luglio 2011, Bureau national interprofessionnel du Cognac, C‑4/10 e C‑27/10, EU:C:2011:484, punto 55, nonché del 20 dicembre 2017, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, C‑393/16, EU:C:2017:991, punto 34).

31      Pertanto, le situazioni che possono rientrare nell’ambito dell’articolo 16, lettera a), del regolamento n. 110/2008 devono rispondere al requisito di un impiego, da parte del segno controverso, dell’indicazione geografica registrata in modo identico, o quantomeno fortemente simile, da un punto di vista fonetico e/o visivo.

32      Occorre tuttavia distinguere, ai sensi di tale disposizione, tra le situazioni nelle quali l’impiego riveste un carattere «diretto» da quelle in cui esso riveste un carattere «indiretto». Al riguardo, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 30 delle sue conclusioni, contrariamente ad un impiego «diretto», che implica che l’indicazione geografica protetta venga apposta direttamente sul prodotto in questione o sulla sua confezione, un impiego «indiretto» implica che tale indicazione appaia su vettori complementari di marketing o di informazione, quali una pubblicità del prodotto o documenti ad esso relativi.

33      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto in cui si colloca l’articolo 16, lettera a), del regolamento n. 110/2008, occorre rilevare che l’ambito di applicazione di tale disposizione deve essere necessariamente tenuto distinto da quello relativo alle altre norme di protezione delle indicazioni geografiche registrate di cui allo stesso articolo, lettere da b) a d). Detta disposizione deve, in particolare, essere differenziata dalla situazione cui si riferisce la lettera b) del medesimo articolo, che riguarda «qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione», vale a dire situazioni in cui il segno controverso non utilizzi l’indicazione geografica in quanto tale, ma la suggerisca in modo tale che il consumatore sia indotto a stabilire un sufficiente nesso di prossimità tra tale segno e l’indicazione geografica registrata.

34      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, l’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 perderebbe il suo effetto utile se la lettera a) del medesimo articolo fosse interpretata in maniera estensiva, come prospettato dal giudice del rinvio nella prima questione pregiudiziale, nel senso che esso sia applicabile nel caso in cui il segno controverso susciti nella mente del pubblico una qualsiasi associazione di idee con un’indicazione geografica registrata o con la relativa zona geografica.

35      In terzo luogo, si deve constatare che l’interpretazione secondo la quale, per accertare l’esistenza di un impiego commerciale indiretto di un’indicazione geografica registrata, occorre che l’elemento controverso sia utilizzato in una forma che sia identica a tale indicazione, oppure simile dal punto di vista fonetico e/o visivo, è la più idonea a garantire il conseguimento di tutti gli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 110/2008 e, in particolare, dall’articolo 16, lettera a), di quest’ultimo.

36      Al riguardo, si deve ricordare che il sistema di registrazione delle indicazioni geografiche delle bevande alcoliche, previsto dal regolamento n. 110/2008, è preordinato a contribuire, come rammenta il considerando 2 di tale regolamento, al raggiungimento di un livello elevato di protezione dei consumatori, alla prevenzione delle pratiche ingannevoli e alla realizzazione della trasparenza del mercato e di leali condizioni di concorrenza (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punto 24).

37      Inoltre, la Corte ha già avuto modo di precisare che la protezione conferita dall’articolo 16 del regolamento citato alle indicazioni geografiche deve essere interpretata alla luce dell’obiettivo perseguito dalla registrazione di queste ultime, ossia, come si evince dal considerando 14 del medesimo regolamento, consentire l’identificazione di bevande alcoliche come originarie di un territorio determinato quando una determinata qualità, la rinomanza o altre caratteristiche di tali bevande siano essenzialmente attribuibili alla loro origine geografica (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

38      Pertanto, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 38 delle sue conclusioni, le disposizioni del regolamento n. 110/2008 e, in particolare, dell’articolo 16 di quest’ultimo, mirano a impedire che sia fatto un uso improprio delle indicazioni geografiche protette, e ciò nell’interesse non solo degli acquirenti, ma anche dei produttori che si sono adoperati per garantire le qualità attese dai prodotti recanti legalmente tali indicazioni (v., per analogia, sentenze del 14 settembre 2017, EUIPO/Instituto dos Vinhos do Douro e do Porto, C‑56/16 P, EU:C:2017:693, punto 82, nonché del 20 dicembre 2017, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, C‑393/16, EU:C:2017:991, punto 38). In tale contesto, la lettera a) dell’articolo in esame vieta più specificamente che gli operatori utilizzino per scopi commerciali, per prodotti che non sono oggetto di registrazione, un’indicazione geografica registrata, segnatamente al fine di beneficiare indebitamente di tale indicazione geografica.

39      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 16, lettera a), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un «impiego commerciale indiretto» di un’indicazione geografica registrata, occorre che l’elemento controverso sia utilizzato in una forma che sia identica a tale indicazione, oppure simile dal punto di vista fonetico e/o visivo. Non è dunque sufficiente che detto elemento possa suscitare, nella mente del pubblico di riferimento, una qualsivoglia associazione con l’indicazione di cui trattasi o con la relativa zona geografica.

40      Alla luce della risposta data alla prima parte della prima questione, non è necessario rispondere alla seconda parte della stessa.

Sulla seconda questione 

41      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 debba essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un’«evocazione» di un’indicazione geografica registrata, occorra che l’elemento controverso sia simile dal punto di vista fonetico e/o visivo a tale indicazione, o se sia sufficiente che tale elemento susciti nella mente del pubblico di riferimento una qualsivoglia associazione con detta indicazione o con la relativa zona geografica.

42      Nel caso in cui si ritenga che una qualsivoglia associazione di idee con l’indicazione geografica registrata o con la relativa zona geografica sia sufficiente a configurare l’esistenza di un’«evocazione» di tale indicazione, ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la disposizione in esame debba essere interpretata nel senso che, per accertare detta esistenza, occorra tener conto del contesto in cui si inserisce l’elemento controverso e, in particolare, del fatto che quest’ultimo sia accompagnato da una precisazione relativa alla vera origine del prodotto, cosicché le informazioni fornite nell’ambito di tale contesto consentano, in definitiva, di confutare l’asserzione secondo cui si tratterebbe di un’«evocazione».

43      Per fornire una risposta utile al giudice del rinvio, si deve ricordare che l’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 protegge le indicazioni geografiche da qualsiasi «evocazione», «anche se la vera origine del prodotto è indicata o se l’indicazione geografica è usata in forma tradotta o è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, (…) “stile”, “marca”, “gusto” o altri termini simili».

44      Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di «evocazione» si estende all’ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una indicazione geografica protetta, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto di cui trattasi, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce di detta indicazione (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

45      Pertanto, per accertare l’esistenza di un’«evocazione», ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008, la Corte ha dichiarato che spetta al giudice nazionale verificare, oltre al fatto se una parte di una indicazione geografica protetta sia incorporata in un termine utilizzato per designare il prodotto in questione, se il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto ad avere in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce di tale indicazione. Pertanto, il giudice nazionale deve sostanzialmente fondarsi sulla presunta reazione del consumatore nei confronti del termine utilizzato per designare il prodotto in questione, essendo essenziale che quest’ultimo ricolleghi detto termine all’indicazione geografica protetta (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punto 22).

46      Come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 55 delle sue conclusioni, da quanto precede risulta che la parziale incorporazione di un’indicazione geografica protetta nel segno controverso non costituisce un presupposto essenziale per applicare l’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008. Per valutare l’esistenza di un’«evocazione», ai sensi di tale disposizione, spetta dunque al giudice nazionale verificare se il consumatore, in presenza del nome del prodotto interessato, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che beneficia dell’indicazione geografica protetta.

47      Al riguardo, va precisato che il giudice nazionale, nell’ambito della suddetta valutazione, deve fare riferimento alla percezione di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punti 25 e 28).

48      In aggiunta, la Corte ha già dichiarato legittimo considerare che sussista evocazione di una indicazione geografica protetta allorquando, trattandosi di prodotti di apparenza analoga, le denominazioni di vendita presentano una similarità fonetica e visiva (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

49      Come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 58 delle sue conclusioni, tuttavia, neppure una similarità fonetica e visiva con l’indicazione geografica protetta riscontrata nella denominazione controversa configura un presupposto essenziale per accertare l’esistenza di un’ «evocazione» ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008. Infatti, essa costituisce solo uno dei criteri che il giudice nazionale deve prendere in considerazione allorché valuta se il consumatore, in presenza del nome del prodotto interessato, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che beneficia dell’indicazione geografica protetta. Ne consegue che non è escluso che possa sussistere un’«evocazione» anche in assenza di una siffatta similarità.

50      Oltre ai criteri relativi all’incorporazione parziale di una indicazione geografica protetta nella denominazione controversa e alla similarità fonetica e visiva di detta denominazione con tale indicazione, la Corte ha rilevato che si deve, se del caso, tener conto del criterio della «somiglianza concettuale» esistente tra termini appartenenti a lingue differenti, poiché anche una tale somiglianza, al pari degli altri criteri summenzionati, è idonea a indurre il consumatore ad avere in mente, come immagine di riferimento, il prodotto la cui indicazione geografica è protetta, quando si trovi in presenza di un prodotto simile recante la denominazione controversa (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

51      Da quanto precede risulta che, ai fini della determinazione della nozione di «evocazione» ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008, il criterio determinante è quello di accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa, sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, la merce che beneficia dell’indicazione geografica protetta, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare tenendo conto, se del caso, dell’incorporazione parziale di una indicazione geografica protetta nella denominazione controversa, di una similarità fonetica e/o visiva di tale denominazione con tale indicazione, o ancora di una somiglianza concettuale tra detta denominazione e detta indicazione.

52      Nel procedimento principale spetta dunque al giudice del rinvio verificare se un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, abbia direttamente in mente l’indicazione geografica protetta, ossia «Scotch Whisky», quando si trova in presenza di un prodotto simile recante la denominazione controversa, nella fattispecie «Glen», tenendo conto, in difetto di una similarità fonetica e/o visiva di tale denominazione con l’indicazione geografica protetta e di un’incorporazione parziale della stessa indicazione in detta denominazione, della somiglianza concettuale tra tale indicazione e la medesima denominazione.

53      Invece, il criterio proposto dal giudice del rinvio nell’ambito della sua seconda questione per configurare un’«evocazione» ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008, vale a dire che l’elemento controverso del segno in questione debba suscitare nella mente del pubblico di riferimento una qualsivoglia associazione con l’indicazione geografica protetta o con la relativa zona geografica, non può essere accolto, in quanto esso non attesta un nesso sufficientemente diretto ed univoco tra tale elemento e tale indicazione.

54      Inoltre, come l’avvocato generale ha rilevato ai paragrafi da 61 a 63 delle sue conclusioni, se per configurare una siffatta evocazione fosse sufficiente che, nella mente del consumatore, sia suscitata un’associazione di qualsivoglia natura con un’indicazione geografica protetta, ciò comporterebbe, in primo luogo, un’interferenza della lettera b) dell’articolo 16 del regolamento n. 110/2008 con l’ambito di applicazione delle disposizioni che seguono nel medesimo articolo, vale a dire le lettere c) e d) di questo, le quali riguardano fattispecie in cui il riferimento a un’indicazione geografica protetta è ancor più tenue rispetto ad un’«evocazione» della stessa.

55      In secondo luogo, l’impiego di un criterio del genere equivarrebbe ad estendere in modo imprevedibile l’ambito di applicazione di tale regolamento e comporterebbe notevoli rischi, in particolare per quanto riguarda la certezza del diritto degli operatori economici interessati. Infatti, conformemente al considerando 4 del regolamento n. 110/2008, il legislatore dell’Unione europea mira ad «assicurare un’impostazione più sistematica nella normativa [in materia di bevande alcoliche]», stabilendo «precisi criteri», in particolare per «la protezione delle indicazioni geografiche». Ebbene, adottare un criterio così vago ed esteso come quello prospettato dal giudice del rinvio nell’ambito della seconda questione non sarebbe conforme a tale finalità.

56      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima parte della seconda questione dichiarando che l’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un’«evocazione» di un’indicazione geografica registrata, spetta al giudice del rinvio valutare se il consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in presenza della denominazione controversa sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, la merce che beneficia dell’indicazione geografica protetta. Nell’ambito di tale valutazione detto giudice, in mancanza, in primo luogo, di una similarità fonetica e/o visiva della denominazione controversa con l’indicazione geografica protetta e, in secondo luogo, di un’incorporazione parziale di tale indicazione in tale denominazione, deve tener conto, se del caso, della somiglianza concettuale fra detta denominazione e detta indicazione.

57      Per quanto riguarda la seconda parte della seconda questione, relativa al ruolo del contesto nel quale si inserisce la denominazione controversa nella valutazione, da parte del giudice nazionale, della sussistenza di un’«evocazione» ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008, si deve rilevare che dal dettato della disposizione citata si evince che può esservi «evocazione» anche se è indicata la vera origine del prodotto (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

58      Dalla decisione di rinvio risulta che il sig. Klotz, convenuto nel procedimento principale, sostiene che la denominazione «Glen Buchenbach» costituisce un gioco di parole basato sul nome del luogo di origine della bevanda di cui al procedimento principale, vale a dire «Berglen», e del nome di un fiume locale, vale a dire «Buchenbach». Tuttavia, la Corte ha già statuito che è irrilevante, ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008, il fatto che la denominazione controversa corrisponda al nome della società e/o del luogo in cui il prodotto è fabbricato (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punti da 42 a 45).

59      Inoltre, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 81 delle sue conclusioni, la Corte ha anche precisato che il fatto che la denominazione controversa faccia riferimento ad un luogo di produzione noto ai consumatori dello Stato membro in cui è fabbricato il prodotto non costituisce un fattore rilevante ai fini della valutazione della nozione di «evocazione», ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008, in quanto tale disposizione protegge le indicazioni geografiche registrate da qualsiasi evocazione in tutto il territorio dell’Unione e, vista la necessità di garantire una protezione effettiva e uniforme delle medesime indicazioni nell’intero territorio, sono coinvolti tutti i consumatori dell’Unione (sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla, C‑75/15, EU:C:2016:35, punto 27).

60      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda parte della seconda questione dichiarando che l’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un’«evocazione» di un’indicazione geografica registrata, non occorre tener conto del contesto in cui si inserisce l’elemento controverso e, in particolare, del fatto che quest’ultimo sia corredato da una precisazione circa la vera origine del prodotto in questione.

Sulla terza questione

61      Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, lettera c), del regolamento n. 110/2008 debba essere interpretato nel senso che, per accertare la sussistenza di una «indicazione falsa o ingannevole», vietata da tale disposizione, si deve tenere conto del contesto nel quale l’elemento controverso è utilizzato, in particolare quando quest’ultimo sia accompagnato da un’indicazione relativa alla vera origine del prodotto interessato.

62      Occorre ricordare che, in forza dell’articolo 16, lettera c), del regolamento n. 110/2008, un’indicazione geografica registrata è protetta da «qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole in relazione alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto nella designazione, nella presentazione o nell’etichettatura del medesimo, tale da indurre in errore sull’origine».

63      Si deve innanzitutto constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione europea, nulla, nel tenore letterale di tale disposizione, indica che fosse intenzione del legislatore dell’Unione tenere conto del contesto in cui l’elemento controverso è utilizzato per caratterizzare una «indicazione falsa o ingannevole in relazione alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto».

64      Infatti, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 92 delle sue conclusioni, l’espressione «indicazione falsa o ingannevole (…) nella designazione, nella presentazione o nell’etichettatura [del prodotto]» costituisce un elenco di vari supporti sui quali può apparire l’indicazione sospettata di essere falsa o ingannevole. Da ciò non può dedursi che tale indicazione debba essere esaminata in combinazione con le altre informazioni eventualmente presenti nella designazione, nella presentazione o nell’etichettatura del prodotto interessato.

65      Poi, come del pari rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 96 delle sue conclusioni, occorre precisare che l’articolo 16 del regolamento n. 110/2008 elenca una serie graduata di comportamenti vietati in virtù della quale la lettera c) di detto articolo deve essere tenuta distinta dalle lettere a) e b) che la precedono. Mentre la lettera a) di tale articolo si limita agli atti di impiego di un’indicazione geografica protetta e la lettera b) del medesimo agli atti di usurpazione, imitazione o evocazione, la lettera c) dello stesso articolo estende il perimetro protetto, incorporandovi «qualsiasi altra indicazione», vale a dire le informazioni fornite ai consumatori, contenute nella designazione, nella presentazione o nell’etichettatura del prodotto in questione, le quali, pur non evocando l’indicazione geografica protetta, siano qualificabili come «fals[e] o ingannevol[i]» in considerazione dei collegamenti del prodotto con quest’ultima.

66      A tale riguardo occorre precisare, in primo luogo, che l’espressione «qualsiasi altra indicazione», utilizzata all’articolo 16, lettera c), del regolamento n. 110/2008, si estende a informazioni che possono apparire in qualsivoglia forma nella designazione, nella presentazione o nell’etichettatura del prodotto di cui trattasi, in particolare sotto forma di un testo, di un’immagine o di un contenitore idoneo a fornire informazioni in merito alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto.

67      In secondo luogo, è sufficiente che un’indicazione falsa o ingannevole figuri in uno dei tre supporti menzionati da questa disposizione, ossia «nella designazione, nella presentazione o nell’etichettatura» del prodotto di cui trattasi, per considerare che essa sia «tale da indurre in errore sull’origine», ai sensi di detta disposizione.

68      Da quanto precede emerge che l’articolo 16, lettera c), del regolamento n. 110/2008 prevede un’ampia protezione delle indicazioni geografiche registrate. Orbene, se un’indicazione falsa o ingannevole potesse nondimeno essere autorizzata in funzione di informazioni supplementari poste a corredo di tale indicazione e vertenti, in particolare, sulla vera origine del prodotto in questione, tale disposizione perderebbe il suo effetto utile.

69      Infine, come già evidenziato al punto 38 della presente sentenza, il regolamento n. 110/2008 e, in particolare, il suo articolo 16, hanno lo scopo di proteggere le indicazioni geografiche registrate, sia nell’interesse dei consumatori, che non devono essere indotti in errore da indicazioni improprie, sia nell’interesse degli operatori economici che sopportano costi più elevati per garantire la qualità dei prodotti che dispongono legalmente di indicazioni geografiche protette. Difatti, tali operatori devono essere tutelati contro atti di concorrenza sleale.

70      Orbene, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 101 delle sue conclusioni, la realizzazione degli obiettivi appena illustrati sarebbe messa a repentaglio se la protezione delle indicazioni geografiche potesse essere limitata dal fatto che, accanto ad un’indicazione falsa o ingannevole ai sensi dell’articolo 16, lettera c), del regolamento n. 110/2008, compaiano informazioni complementari, giacché adottare un’interpretazione del genere equivarrebbe ad ammettere l’impiego di una simile indicazione purché accompagnata da informazioni esatte.

71      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 16, lettera c), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di una «indicazione falsa o ingannevole», vietata da tale disposizione, non occorre tener conto del contesto nel quale l’elemento controverso è utilizzato.

Sulle spese

72      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 16, lettera a), del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un «impiego commerciale indiretto» di un’indicazione geografica registrata, occorre che l’elemento controverso sia utilizzato in una forma che sia identica a tale indicazione, oppure simile dal punto di vista fonetico e/o visivo. Non è dunque sufficiente che detto elemento possa suscitare, nella mente del pubblico di riferimento, una qualsivoglia associazione con l’indicazione di cui trattasi o con la relativa zona geografica.

2)      L’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un’«evocazione» di un’indicazione geografica registrata, spetta al giudice del rinvio valutare se il consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in presenza della denominazione controversa sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, la merce che beneficia dell’indicazione geografica protetta. Nell’ambito di tale valutazione detto giudice, in mancanza, in primo luogo, di una similarità fonetica e/o visiva della denominazione controversa con l’indicazione geografica protetta e, in secondo luogo, di un’incorporazione parziale di tale indicazione in tale denominazione, deve tener conto, se del caso, della somiglianza concettuale fra detta denominazione e detta indicazione.

L’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un’«evocazione» di un’indicazione geografica registrata, non occorre tener conto del contesto in cui si inserisce l’elemento controverso e, in particolare, del fatto che quest’ultimo sia corredato da una precisazione circa la vera origine del prodotto in questione.

3)      L’articolo 16, lettera c), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di una «indicazione falsa o ingannevole», vietata da tale disposizione, non occorre tener conto del contesto nel quale l’elemento controverso è utilizzato.

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