Le origini della Mafia- 3 PUNTATA: Mafia e Fascismo: il Prefetto Mori.

Il brigantaggio e la mafia, i sequestri di persona e gli abigeati, gli omicidi compiuti con ritmo ossessionante in Sicilia determinano la dittatura fascista ad avviare una feroce repressione, ignorando i rapporti tessuti negli anni precedenti dai potenti mafiosi con diversi uomini politici che hanno chiesto ed ottenuto i loro voti.
Mussolini può farlo perchè la dittatura governa senza voti. E’ questa la grande occasione persa dallo Stato italiano di sconfiggere la Mafia…Mussolini, recatosi in Sicilia nel 1925, si rese conto della prepotenza e del potere che aveva raggiunto la mafia quando il sindaco di un paesino in provincia di Palermo lo rimproverò di essersi fatto scortare dalla polizia, perchè, fintanto che fosse stato in sua compagnia, non ne avrebbe avuto bisogno. Il Duce decise quindi di inviare in Sicilia Cesare Mori (nella foto), il Prefetto di ferro.
Investito di pieni poteri, Mori effettuò le retate che lo resero famoso e il cui ricordo fu custodito a lungo nella memoria dei mafiosi. Alle retate condotte con metodi terroristici e con ampio dispiegamento di forze militari seguirono numerosi processi in cui le garanzie per gli imputati erano affievolite, per non dire, in molti casi, del tutto assenti.

Mussolini si vantò dell’attività antimafia intrapresa anche nell’aula di Montecitorio il 27 maggio 1927: “Qualcuno mi domanderà: quando finirà la lotta contro la mafia? Finirà non solo quando non ci saranno più mafiosi, ma soltanto quando il ricordo della mafia sarà scomparso definitivamente dalla memoria dei siciliani.

I metodi di Mori sono sbrigativi e discutibili, ma il prefetto ripulisce città, paesi e campagne. Assedia interi centri abitati, stana capimafia bloccando gli acquedotti, assetando la popolazione come accade a Gangi (PA), nella notte tra il 3 e il 4 gennaio 1926.

L’opera di Mori, al di là delle poche vittorie su alcune cosche locali (quelle di Bisacquino, Partinico, Termini Imerese e Mistretta), è però soccombente di fronte all’intreccio tra elite mafiosa ed elite del regime, man mano che la situazione veniva ripulita dagli elementi più violenti. Ecco che appena l’azione di Cesare Mori infastidì sia l’alta mafia, sia l’alta gerarchia fascista, giunge una provvidenziale nomina a senatore.

Mori non distrusse la mafia, né poteva farlo, viste le premesse sociali e culturali del suo agire. Egli soleva dire che lo Stato doveva guadagnarsi il <“rispetto” dimostrandosi più mafioso dei mafiosi> e agendo di conseguenza contro di loro nel modo più brutale, più mafioso possibile.

La mafia non fu debellata perché era un fenomeno molto più complesso che non poteva essere affrontato e risolto con un’azione repressiva sia pure di imponenti dimensioni. I fascisti si illusero di poterlo fare e non ne vennero a capo.

La mafia continuò a vivere anche dopo Mori.

SABRINA SALMERI

(Continua)

Fonti: Archivio Rai, Enzo Ciconte “Storia criminale”, Felice Cavallaro “Mafia. Album di Cosa Nostra“.


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