CONTINUA IN ITALIA IL DIBATTITO SULLE DROGHE LEGGERE
di Alessia Rondelli (praticante avvocato presso lo studio legale RPC)
12 GENNAIO 2014- In Italia si riaccende ad intervalli l’aspro confronto politico sul tema della legalizzazione delle droghe leggere, sulla scia anche delle ultime novità arrivate da Europa e America. Fondamentale è chiarire i termini della questione perché sempre più spesso, per ignoranza o appositamente per creare confusione, vengono usati come sinonimi termini con significati ben diversi. Legalizzare vuol dire concedere la possibilità di utilizzare e commerciare certe droghe individuate come leggere a determinate condizioni stabilite dalla legge, liberalizzare invece significa riconoscere la piena libertà di commercio senza vincoli legislativi che non riguardino anche altri mercati. In realtà le esperienze più durature rientrano tutte nel primo ambito, come nel caso esemplare dell’Olanda (con i suoi famosi coffee-shop), che ormai da 20 anni attua una politica liberale nei confronti di argomenti scottanti come droga e prostituzione. Il tutto però rimane regolamentato e supervisionato da uno stato sì tollerante, ma sempre presente, che ha attuato certe scelte innovative seguendo una precisa logica di fondo. La convinzione che sta alla base del sistema è che esiste una sostanziale differenza tra droghe leggere (hashish e marijuana) e droghe pesanti e che separando i due mercati si riduce il rischio di assunzione delle seconde. Altro scopo perseguito è quello di tentare di togliere dalle mani dei gruppi criminali organizzati il fruttuoso mercato degli stupefacenti, autorizzando certi luoghi alla vendita di determinati quantitativi minimi di droga (rientranti nel cd uso personale) così da poterne gestire meglio la vigilanza. Molte altre sono le esperienze in Europa (Spagna, Svizzera) di legalizzazione tramite questo sistema, riconoscendo dei limiti minimi diversi dai 2-3 ai 10 grammi, pur mantenendo una rigida disciplina legislativa nei confronti dello spaccio superiore a questi quantitativi o di altre sostanze cd pesanti. In Italia la questione si fa molto più complessa a causa della legge Fini-Giovanardi che ha equiparato le due categorie di droghe in un’ottica fortemente proibizionista. La depenalizzazione del cd uso personale non punibile infatti è stabilita in base a delle tabelle in cui per ogni tipo di droga è individuato il limite ‘soglia’ consentito, calcolato in base al cd principio attivo della sostanza. Il primo paese al mondo che si appresta a far cadere in toto il proibizionismo è l’Uruguay, che ha deciso di legalizzare la coltivazione, la vendita e l’uso per un massimo di 40 grammi al mese per abitante. Sicuramente sulla scia di queste esperienze straniere qualcosa in Italia deve cambiare prendendo atto dell’elevato numero di consumatori nei confronti dei quali una politica di proibizionismo non ha alcun effetto deterrente. Ma soprattutto per cercare di abbattere il monopolio del traffico di stupefacenti concentrato nelle mani delle organizzazioni mafiose, per le quali rappresenta una grande risorsa, abbassando così il tasso di criminalità e potendo vigilare più efficacemente. I partiti politici si dividono sulla questione: dal partito storico Radicale di Pannella che da anni fa proposte di legalizzazione ad una apertura dei partiti di sinistra e più di recente addirittura di una parte della Lega. È di pochi giorni fa la presentazione da parte del senatore del Pd Manconi di un ddl sull’argomento, per la non punibilità della coltivazione della marijuana per uso personale e della cessione di piccoli quantitativi dei derivati della cannabis finalizzata all’immediato uso personale. Previsto quindi il ripristino della distinzione del trattamento sanzionatorio tra droghe leggere e droghe pesanti, con una riduzione delle pene per le prime, fino alla completa cancellazione delle sanzioni amministrative per i consumatori dei derivati della cannabis. “In questo modo si potrà ristabilire un solco chiaro tra comportamenti inoffensivi legati al consumo personale di sostanze che non nuocciono gravemente alla salute, non più di quanto faccia l’abuso di tabacco e di alcool, e il traffico di sostanze stupefacenti”. Ma la risposta del Ministero della Salute è più che preoccupata, come afferma nel documento ‘La nostra salute’ pubblicato sul sito: la cannabis è tutt’altro che innocua, troppo spesso la si ritiene tale, invece ha vasti effetti nocivi. Diversa invece la situazione quando si parla del cd uso medico-terapeutico, quasi completamente legale, che prevede l’impiego della cannabis come medicina curativa dei sintomi e dolori di alcune gravi malattie, ovvero sfruttando la sua originaria natura di pianta officinale. In Italia ovviamente è permesso tale uso della cannabis come ogni farmaco dietro prescrizione medica, dovendo quindi fare i conti con ostacoli ideologici ed economici, ma qualcosa si sta muovendo grazie ad alcuni malati che lottano per veder riconosciuta la loro libertà di stare bene. È nato cosi il progetto ‘LapianTiamo cannabis social club Lecce’, la prima associazione che promuove l’uso terapeutico della canapa medicinale attraverso la coltivazione diretta e l’approvvigionamento ai pazienti affetti da gravi patologie, ancora però in attesa di sviluppi sulla questione.