OBIEZIONE DI COSCIENZA STRUTTURALE ANCHE NELLE MARCHE
di Chiara Napoli – Ancona –
Le regole sono codificate da 35 anni, ma il diritto delle donne all’interruzione volontaria della gravidanza è scritto a caratteri divenuti molto labili, troppo spesso illeggibili. Un diritto evanescente, se non negato. Accade in Italia. Ed anche nelle Marche, dove la percentuale media di obiezione di coscienza di medici e personale sanitario è a livelli molto alti, pari al 67,2%. Obiezione legittima, per carità. Ma non è legittimo che, proprio a fronte di tale “handicap”, i responsabili della Sanità marchigiana non abbiano organizzato in modo garantito il servizio dell’aborto legale in tutte le strutture ospedaliere. Le Marche, inoltre, vantano un primato negativo: unica regione italiana in cui non è praticato l’aborto farmacologico. Insomma, “Legge 194. Obiezione senza coscienza”, come recita lo slogan della campagna lanciata proprio nelle Marche dal Collettivo Via Libera 194 (oltre 50 i soggetti organizzati aderenti) per il rispetto della legge 194/78 che detta le “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.
Una legge calpestata, stropicciata, disapplicata. Come suggerisce la grafica del manifesto dell’iniziativa svoltasi il 21 settembre scorso ad Ancona – alla Casa delle Culture, foltissimo il pubblico – per fare il punto sul precario stato di salute della normativa in materia e sulla petizione popolare di Via Libera per il pieno rispetto della 194, forte di quasi 4.000 firme, che sarà presto presentata alla Giunta regionale. Allarmante, ed eclatante nelle Marche, il trend, in crescita, della “obiezione di struttura”. In città come Fermo, Fano (PU) e Jesi (An) ha raggiunto picchi del 100%. Tanto che a Jesi il servizio di interruzione di gravidanza è stato sospeso per più di 9 mesi. Motivo: tutti i ginecologi si dichiaravano obiettori di coscienza. Un deficit strutturale, appunto, responsabile di disservizio sanitario, presente in troppi ospedali marchigiani, per lo più universitari, proprio quelli che dovrebbero essere più aggiornati. Attualmente, per fortuna, il servizio di Jesi è operativo: una ginecologa proveniente da Fabriano esegue 4 interventi ogni 15 giorni; non molti considerando la portata dell’utenza. Ciò obbliga molte donne a rivolgersi ad altre strutture o perfino ad uscire fuori regione per effettuare l’operazione. La testimonianza di Anna Pompili, della Laiga, ha evidenziato come tali “esodi” forzati si riscontrino un po’ in tutta Italia e contraddicano il rapporto annuale dalla ministra della Salute Beatrice Lorenzin sull’applicazione della legge. Nel quale si afferma che il numero di richieste di interventi e quello dei ginecologi non obiettori sono perfettamente adeguati. Senza contare che nella relazione del ministero non viene nemmeno menzionato il fenomeno di “obiezione di struttura”. I dati, riferiti al 2011, della relazione ministeriale sulla 194 indicano che il trend delle interruzioni volontarie della gravidanza in Italia è stato in lieve diminuzione. Mentre l’obiezione di coscienza rimane stabile su percentuali molto alte: 69,3% dei ginecologi, cioè più di 2 su 3, in media. Un terzo delle interruzioni è richiesto da donne con cittadinanza non italiana. A causa della obiezione di struttura le attese per gli interventi sono spesso lunghissime.
Questo non succede in altri paesi come la Svezia, dove se ci si dichiara antiabortisti si deve scegliere una specializzazione in medicina diversa da ginecologia, così come ha ricordato Silvia De Zordo, antropologa e ricercatrice presso l’Università di Barcellona. Altro punto a dir poco dolente in Italia e nelle Marche: l’obiezione di coscienza non si ferma ai ginecologi. Si estende ad anestesisti e personale sanitario. E travalica il settore dell’aborto terapeutico. Come dimostrato da numerose inchieste giornalistiche, tra cui una pubblicata sul nostro Urlo, l’obiezione di struttura riguarda anche la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, un anticoncezionale d’urgenza – e non un mezzo abortivo! – utilissimo per le donne reduci da un rapporto sessuale non protetto. Capita spesso che i medici di base, dei servizi di pronto soccorso e guardia medica neghino la prescrizione della pillola, appellandosi alla clausola di coscienza. Ma in questi casi sono obbligati a garantire soluzioni diverse, fornendo il nome di un collega non obiettore. “Talvolta perfino anche i farmacisti si sentono in diritto di dichiararsi obiettori, rifiutandosi di fornire la pillola del giorno dopo e farmaci contraccettivi. E questo è assolutamente illegale”, ha denunciato Chiara Lalli, filosofa che si occupa di bioetica.
Marche non solo molto indietro se si guarda alle esperienze europee. Sono il fanalino di cosa in Italia per l’assoluta assenza della pratica dell’aborto farmacologico con il Mifepristone (meglio conosciuto come pillola RU486) e le prostaglandine in alternativa all’aborto chirurgico. E pensare che la RU486 è stata definita farmaco essenziale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)! Esiste fin dagli anni ’80, ma il commercio in Italia è stato legalizzato solo nel dicembre 2009. E in Italia questa pillola può essere somministrata solo sotto prescrizione e consiglio del medico in regime di day hospital, mentre nella maggioranza dei casi all’estero l’operazione è svolta in regime ambulatoriale. L’aborto farmacologico ha la stessa efficacia di quello chirurgico. “E’ meno invasivo e quindi meno traumatico per la donna, ed è anche più sicuro dato che evita i rischi dell’anestesia”, come ha spiegato Carlo Flamigni, del Comitato Nazionale Bioetica. Lo hanno capito i responsabili del servizio sanitario di molte enti Regione italiani (in aumento gli interventi di aborto farmacologico nel 2011), prima fra tutte l’Emilia Romagna, dove la RU486 è un’alternativa preferenziale alla sala operatoria. Va da sé che soprattutto nelle regioni dove ciò non accade, Marche in primis, negli ultimi anni è dilagato il pericoloso fenomeno dell’acquisto “fai da te” su Internet. Molte donne ordinano il farmaco e lo assumono senza alcun controllo medico. Basandosi solo sulle istruzioni della confezione. E agendo in tal modo non hanno la garanzia della piena efficacia.
Per ulteriori informazioni: vialibera194.wordpress.com – vialibera194@gmail.com – su Facebook “Collettivo Via Libera”.
(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)
Interruzione volontaria della gravidanza, la petizione
QUASI 4000 FIRME PER IL RISPETTO DELLE NORME
Ecco le principali richieste presentate dal Collettivo Via Libera 194 all’assessore alla Sanità della Regione Marche al termine della campagna di sensibilizzazione alla quale hanno aderito una cinquantina di soggetti collettivi: 1) la piena applicazione della legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza negli ospedali delle Marche; 2) Il potenziamento dei consultori e della rete pubblica dei servizi sanitari; 3) l’affidamento al Difensore civico della Regione Marche dei compiti di raccolta delle segnalazioni di inattuazione della legge e del monitoraggio annuale del numero di obiettori di coscienza per categoria professionale; 4) l’adozione di linee guida regionali per la somministrazione in day hospital della pillola RU486 per l’aborto farmacologico, come previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e attuato in Francia, Germania, Gran Bretagna e nelle regioni Umbria, Toscana ed Emilia Romagna.
(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)