Lo scandalo Volkswagen :analisi tenica

DALLA NASCITA AL “PACCO” DEL COLOSSO TEDESCO DELL’AUTOMOBILE

DI Ing. Giuseppe D ‘Aria *
  Potrà sembrare scontato ma partiamo da un paio di definizioni e da un paio di cenni storici.

Nel 1937 nacque la Volskvagen, su esplicita volontà di Adolf Hitler che, col fine di realizzare una vettura in grado di motorizzare tutto il popolo tedesco, contattò l’Ingegnere Ferninand Porsche, che creò una vettura efficiente, compatta, economica, semplice e robusta: la Typ 1.

Nel 1938 il governo nazionalsocialista pianificò e posò la prima pietra per la costruzione della città di Stadt des KdF (Stadt=Città; des KdF=delle automobili della Kraft durch Fraude Wagen cioè dell’organizzazione ricreativa della Germania nazionalsocialista parte era dell’organizzazione dei lavoratori tedeschi) l’attuale Wolfsburg, allo scopo di costruire una città per i lavoratori della Volkswagen (una sorta di “città di fondazione” ovvero un nucleo urbano e abitativo non nato spontaneamente, ma sulla base di una precisa volontà politica; in Italia sono esempi di città di fondazione “aziendale” Metanopoli, Valdagno, Torviscosa, Colleferro).

Nel 1939 a seguito dello scoppio della seconda guerra mondiale il progetto dell’automobile del popolo venne riconvertito da civile a militare e nacque così la Kübelwagen, destinata agli spostamenti su strada degli ufficiali della Wehrmacht.

Nel 1945 finito il conflitto, su iniziativa di un’ufficiale inglese, la fabbrica della Volkswagen fu riaperta, e fu messo sul mercato, con qualche lieve aggiornamento e modifica, la Volkswagen 1200, meglio conosciuta come Maggiolino Volkswagen, che divenne un successo mondiale (che dura tutt’ora!).

Nel 2014 un team di ricercatori della (pubblica) West Virginia University (http://www.wvu.edu/) mentre in Italia loro omologhi si occupavano principalmente di docenza ed esami, hanno messo in ginocchio il colosso mondiale delle automobili, con un metodo efficace quanto semplice: hanno noleggiato una Jetta ed una Passat ad alimentazione diesel e si sono fatti una “passeggiata” di qualche migliaio di chilometri su e giù per tutta la West Coast, collegando i tubi di scarico delle vetture alla loro centralina di acquisizione dati, ideata esclusivamente per analizzare i livelli di emissione (composizione e quantità di fattori inquinanti) a diverse velocità, riproducendo in pratica quello che avviene in laboratorio in fase di omologazione della vettura (o in fase di revisione del veicolo).

Il gruppo di lavoro statunitense capitanato da Daniel Carder (Direttore ad Interim del CAFEE – Center for alternative fuels, engines and emissions) analizzando i risultati, ha determinato emissioni di ossidi di azoto fino a 35 volte oltre quelle dichiarate dalla casa automobilistica tedesca, con un impatto stimato sull’ambiente, considerando la mole delle autovetture coinvolte, assolutamente non trascurabile e cioè caricando con quasi u-n-m-i-l-i-o-n-e-d-i-t-o-n-n-e-l-l-a-t-e in più di gas tossici la nostra cara atmosfera (fonte: theguardian.com). Tecnicamente questi ossidi di azoto sono il prodotto residuo di tutti i processi di combustione che utilizzano l’aria come camini, vulcani, incendi, centrali termoelettriche, sigarette, ecc nei motori diesel si producono questi fattori inquinanti a causa delle alte temperature in gioco, che vengono raggiunte durante il processo di combustione del carburante, verificandosi di fatto una scissione delle molecole di azoto presenti in atmosfera in virtù della temperatura che sfiora i 1.200°C, che a loro volta si combinano con l’ossigeno, formando monossido e diossido di azoto.

I risultati dell’esperimento condotto, sono poi finiti in mano all’agenzia USA per l’ambiente “United States Environmental Protection Agency” (EPA) di Washington che ha evidenziato che a partire dal 2009 al 2015 su alcuni modelli a carburazione diesel destinate al mercato a stelle e strisce, quei simpaticoni, avevano barato sulle emissioni inquinanti del motore col quale erano equipaggiate, spiegando nel dettaglio che “gli ingegneri del popolo” hanno truccato il software (è protetto sia dalla legge sul copyright che dal segreto industriale e perciò non facilmente intuibile!) delle automobili in questione, programmando la centralina in modo da far capire alla vettura quando si trovava in fase di test, semplicemente analizzando il movimento del volante e delle ruote anteriori che sui rulli del banco di prova in laboratorio restano fermi; regolando così le emissioni del motore in base agli standard legislativi cioè modificando la configurazione della miscela carburante-aria così da diminuire la quantità di ossido di azoto presenti nei gas di scarico risultando in regola con le norme anti inquinamento.

Alla fine degli anni ’90 anche la svedese Volvo e l’americana Caterpillar avevano provato ad “ridimensionare” le emissioni inquinanti dei loro veicoli industriali, per cui gli esperti del settore ipotizzano da tempo che le prestazioni promesse dai sistemi anti inquinamento siano tra loro molto simili e poco efficienti, perciò lo scandalo in questione potrebbe interessare anche altre case automobilistiche, evidenziando una grave inosservanza delle regole (sopratutto quelle etiche!).

Intanto la questione da tecnica-ambientale è divenuta (velocemente) finanziario-politica con fortissime ripercussioni sul comparto borsistico mondiale e sul fronte dei rapporti politici prima europei e poi internazionali.

Per ora, l’unico che si è stato “colpito” è il CEO di Volkswagen il 68 enne Martin Winterkorn che a causa della truffa del software si è dimesso ed alcune fonti riportano che se ne tornerà a casa con una liquidazione di soli t-r-e-n-t-a-t-r-è-m-i-l-i-o-n-i di euro.

Volkswagen, Das auto.

 

* Ing. Giuseppe D’Aria

Progettazione – Consulenze tecniche

60015 Falconara Marittima (AN)

Telefono 329/1744322

Email gda.studiotecnico@gmail.com

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