L’ultimo commovente saluto di Milano a Lea Garofalo,la donna che osò sfidare la mafia

LA CITTA’ CHE L’AVEVA ADOTTATA CELEBRA IL FUNERALE DELLA DONNA SCIOLTA NELL’ACIDO DAL COMPAGNO

di Avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Rossi-Papa-Copparoni)

Milano, 19 ottobre 2013. Funerali civili per Lea Garofalo, una donna, una testimone di giustizia che osò ribellarsi alle cosche. E soprattutto alla Famiglia. Pagò con la vita.Viveva a Milano, Lea, quando fu raggiunta dalla furia cieca e crudele della Famiglia. E uccisa. Oggi Don Luigi Ciotti, dell’associazione antimafia Libera, e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, celebrano il funerale civile di Lea, ma soprattutto celebrano la dignità di una città che si ribella alla mafia, e alle sue infiltrazioni così difficili da fermare. Come un tumore che pian piano si allarga anche al nord.  «E’ Denise che ci ha invitati qui per dire ciao alla sua mamma, e a lei vogliamo dare un forte abbraccio».Queste le prime parole di Don Ciotti,  che spiega anche come le letture e le canzoni della cerimonia siano state scelte da Denise, la figlia di Lea, che oggi ha preso il testimone dalla madre nella battaglia anti-mafia. E che vive sotto protezione, e oggi ha potuto seguire la cerimonia in video da una località protetta e segreta. «Se è successo tutto questo è solo per il mio bene». Così Denise Cosco, la figlia di lea, quel cognome che porta con sé il segno di chi ha ucciso la madre, parla alle centinaia di persone riunite questa mattina in piazza Beccaria.«Ciao a tutti per essere venuti qui oggi. Grazie di cuore -dice nascosta con la voce rotta dalle lacrime- per me questo è un giorno triste la forza me l’hai data tu: se è successo tutto questo l’hai fatto solo per il mio bene e io non smetterò mai di ringraziarti. Ciao mamma».

E’ stata letta anche la lettera che Lea Garofalo scrisse nel 2009 al Presidente della Repubblica Napolitano. Non fece mai in tempo a spedirla. «Sono una mamma disperata, allo stremo delle sue forze. Mi trovo con mia figlia, isolata da tutto e da tutti. Ho perso ogni prospettiva di futuro ma sapevo a cosa andavo incontro con la mia scelta. Non posso cambiare il corso della mia triste storia ma vorrei con questa mia richiesta di aiuto che lei rispondesse alla decine di persone nelle mie stesse condizioni. La prego – concludeva Lea- ci dia un segnale di speranza».

La donna,venne prelevata da Corso Sempione a Milano la sera del 24 novembre 2009. Originaria di Petilia Policastro, nel Crotonese, Lea aveva perso il padre e il fratello da piccola per mano della ‘ndrangheta. A venti anni conosce Carlo Cosco, vicinissimo alla malavita locale, e da lui ha una bambina, Denise. È proprio per garantire una vita diversa a lei che decide di collaborare con la giustizia rivelando dettagli importantissimi su alcuni omicidi firmati dalla ‘ndrangheta a Milano. Proprio nel capoluogo lombardo erano andate a vivere Lea e Denise finché, con l’intenzione di lasciare l’Italia e andare in Australia, la donna decise di lasciare il programma di protezione. Uccisa e sciolta nell’acido.

Per la tragica fine di Lea Garofalo, la Corte d’Assise di Milano ha condannato all’ergastolo l’ex compagno della donna Carlo Cosco, un esponente del clan calabrese di Petilia Policastro e altri cinque imputati: i fratelli del padre Vito Cosco (autore della strage di Rozzano) e Giuseppe “Smith” Cosco, Massimo Sabatino (37enne spacciatore di Quarto Oggiaro), Carmine Venturino e Rosarcio Curcio. Sono tutti accusati di aver sequestrato Lea Garofalo, di averla torturata e uccisa, di aver sciolto il suo corpo in 50 chili di acido in un terreno di San Fruttuoso. Dovranno scontare complessivamente sei ergastoli. Inoltre, i giudici della prima sezione della corte d’Assise hanno stabilito che i sei condannati al carcere a vita dovranno risarcire la figlia della vittima, Denise, 20 anni (testimone chiave della pubblica accusa) di una provvisionale di 200.000 euro; mentre alla madre e alla sorella di Lea Garofalo dovranno andare 50.000 euro a testa. In appello, 4 ergastoli sono stati confermati mentre uno degli altri cinque uomini è andato assolto.

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