Parco dei Principi, Parigi, 27 giugno 1986. Nei giorni degli Europei di Polonia e Ucraina, il ricordo va ad un uomo elegante con la erre francesce che oggi siede nella poltrona dell’UEFA ma che quasi trent’anni fa guidò la Francia alla conquista dei Campionati Europei di Calcio.
Michel nasce in Francia nel 1955 da genitori di origine italiane. Platini era un numero 10, che all’epoca non si chiamava mezza punta e non veniva fatto giocare in strane zone del campo, ma nel cuore dell’azione. Michel era il regista, il suggeritore, il campione in grado di illuminare con le sue giocate tutta la squadra, quello in grado di saltare l’uomo senza neanche correre, quello di ubriacare l’avversario con finte e tunnel senza sudare. Michel era quello che quando si doveva battere una punizione vicino all’area di rigore era quasi come un rigore.
Nel 1973 fa il suo debutto tra i professionisti in Francia, con il Nancy. Dopo una retrocessione e il successivo campionato vinto in seconda divisione, il ritorno nella Ligue 1 Michel trascina il Nancy al 4° posto, miglior piazzamento di sempre della squadra. Nel 1978 vince la Coppa di Francia realizzando uno straordinario gol, con la fascia da capitano, nella finale di Parco dei Principi a Parigi contro il Nizza.
Michel viene investito di mille attese e speranze nel Mondiale che i bleus di Francia si apprestano a giocare in Argentina. Ma non va come si sperava. La Francia esce al primo turno, Michel viene fischiato e criticato. Forse la stella non è poi così luminosa, si inizia a pensare tra la critica.
Il campionato inizia con un grave infortuno, 6 mesi di assenza. Alla fine della stagione, il passaggio di maglia al Sant’Etienne, la squadra forse più blasonata in Francia in quegli anni. Michel trascina il Sant’Etienne alla vittoria del campionato francese del 1981.
L’anno successivo il passaggio alla Juventus. Gianni Agnelli aveva un debole per i campioni, i numeri dieci. Li punzecchiava ma amava la capacità quasi artistica di disegnare traiettorie col pallone come un pittore del 500, di danzare con la palla tra i piedi tra gli avversari come un ballerino classico. Era l’epoca in cui in serie A si potevano avere in squadra al massimo due stranieri. Arrivarono Boniek e Platini, Agnelli sacrificò Liam Brady. Il primo anno, dopo un inizio di stagione difficile, Platini e la Juventus arrivano in finale di Coppa dei Campioni ad Atene, dove vengono sconfitti dall’Amburgo e conquistano la Coppa Italia contro l’Hellas Verona, grazie ad una doppietta del re di Francia Michel, “Le Roi”.
Platini comunque conquista quell’anno il primo dei tre titoli consecutivi come capocannoniere. Nel 1983 il primo pallone d’oro, replicato per altre due edizioni successive. Nella stagione 1983-1984, la Juventus torna a puntare alla vittoria dello scudetto e in Coppa delle Coppe. Lo scudetto, come l’anno prima, è una sfida a due contro la forte Roma di Falcao, Pruzzo e Bruno Conti con in pachina Nils Liedholm, ma quell’anno il risultato fu diverso e lo scudetto andò alla Juve, che replicò vincendo anche la Coppa della Coppe contro il Porto in finale. 20 gol in campionato su 28 partite, Le Roi è diventato ormai l’anima, il cervello e il piede d’oro di quella squadra magnifica.
La stagione 1984-1985 vede la Juventus nuovamente in cerca della sua prima vittoria in Coppa dei Campioni, e impegnata alla conquista del secondo scudetto consecutivo. Quell’anno la sorpresa Hellas Verona si impone in campionato, ma davanti alla Juventus arrivano anche Torino, Inter, Sampdoria e Milan. Ma la testa quell’anno è alla Coppa Campioni. Dopo aver sconfitto in semifinale il Bordeaux, per la Juventus arriva il momento storico della finale.
E’ il 29 maggio 1985, Bruxelles, Stadio Heysel: dall’altra parte del campo il Liverpool. Fu una notte di delirio, follia, indimenticabile trionfo della violenza degli Hooligans. Trentanove persone morirono nelle tribune dello stadio. La partita si giocò lo stesso in un clima surreale, la morte aleggiava sul campo di gioco e il pallone sembrava di piombo, anziché di cuoio. La Juventus vinse 1-0, con un goal su rigore realizzato proprio da Platini. Ma non ci fu gioia per quella vittoria, troppo forte il sapore acre della tragedia.
L’anno successivo la Juventus conquista la Coppa Intercontinentale a Tokyo contro l’Argentinos Juniors. Per la Juventus è ancora scudetto, il 22°, per Platini è ancora Pallone d’Oro.
L’anno successivo fu il Napoli di Diego Armando Maradona a imporsi dopo un campionato strepitoso. Le magie di Platini scemavano partita dopo partita, il nuovo genio del campionato italiano era Dieguito: molta più sregolatezza di Michel “Le Roi”, meno portamento, meno eleganza, grandissima tecnica e tanta follia.
Michel conclude il campionato 1986-87 realizzando soltanto due reti e annunciando il suo ritiro dal calcio giocato, a soli 32 anni. Voleva finire da Re, Michel, senza passare attraverso il lungo viale del declino di una carriera bellissima.
Ma torniamo da dove eravamo partiti. Parco dei Principi, Parigi, 27 giugno 1986. In campo per la finale dell’Europeo di Francia 1984, a contendersi la vittoria finale, i padroni di casa galletti e la Spagna.
La Francia guidata da Hidalgo in panchina e da Re Michel in campo, sconfigge la Danimarca nella prima partita, grazie ad un gol del suo campione con la maglia numero 10. Poi fu la volta del Belgio, 5-0 senza replica con tripletta di Platini; ancora una tripletta nel 3-2 contro la Jugoslavia. In semifinale c’è il Portogallo. Partita bellissima, emozioni e classe. I tempi regolamentari terminano 1-1. Si va ai supplementari, il Portogallo segna ancora con Jordão e la Francia, che vede profilarsi la possibilità della sconfitta davanti al pubblico di casa, si porta in avanti. Al termine di un’azione convulsa in area portoghese, Platini viene atterrato in area; la palla giunge al difensore Domergue che realizza la sua doppietta. Si va verso i calci di rigore, ma al 119° minuto di gioco, a 60 secondi dal fischio finale, la palla arriva tra i piedi di “Le Roi” che, a pochi metri dalla porta, insacca lasciando senza scampo il portiere e senza fiato i tantissimi tifosi francesi.
E’ il momento della finale: la Spagna è forte, ma non fortissima. Camacho, Santillana e un giovanissimo Emilio Butragueno in panchina. La Francia non è solo Platini. Tigana, Bellone, Battiston e il portiere Bats, tante sono le frecce all’arco di Hidalgo.
Al minuto 57′ calcio di punizione: il pubblico trattiene il fiato, il portiere spagnolo Arconada forse chiude gli occhi, o forse le gambe gli tremano di fronte al Parco dei Principi e ad un Re di Francia che va sul pallone con fare sicuro e quasi arrogante. La palla passa sotto la pancia dell’estremo difensore, Platini ha segnato ancora, il suo nono gol in quello strepitoso europeo, la Francia è in vantaggio, la vittoria vicina.
Al 90′ Bellone raddoppia con la Spagna tutta in avanti nella disperata ricerca del pareggio.
E’ la festa, la consacrazione di un campione diventato l’emblema di una Nazione. Elegante, con quei suoi ricci neri ed un cervello veloce tanto quanto i piedi, mai una parola di troppo ma sempre una stilettata pronta per tutti. Classe sopraffina in campo e nella vita, e la capacità di prendere per mano una squadra ed una Nazione alla conquista della Grandéur anche nel calcio.
TOMMASO ROSSI