Migranti, accordo UE-Turchia: i punti dell’intesa

VEDIAMO COSA CAMBIERA’ IN TEMA DI IMMIGRAZIONE E ASILO POLITICO

Di Dott.ssa Alice Caporaletti

imagesNel 2015 la Commissione Europea – oltre che alcuni stati membri fra cui Germania e Italia – aveva spinto affinché tutti gli stati membri si facessero carico di una parte dei migranti attraverso un piano di ricollocamento dei richiedenti asilo più in difficoltà. Questo approccio è però fallito, soprattutto per l’opposizione di molti paesi dell’est Europa e in parte per quella del Regno Unito, che si sono rifiutati di ospitare la propria “quota” di richiedenti asilo.

La nuova strategia prevede invece di pagare Turchia e Grecia perché si prendano cura dei migranti sul loro territorio, mentre lo sforzo di accoglienza dei paesi europei è passato in secondo piano.

I capi di Stato e di governo dei Paesi membri dell’Unione Europea, riuniti a Bruxelles, hanno approvato all’unanimità l’accordo sui migranti con la Turchia per fare fronte alla crisi migratoria e per tentare di cambiare notevolmente l’approccio adottato fino ad ora nel gestire le crisi.

A partire da ieri, 20 marzo, pertanto, inizieranno le procedure affinché tornino in Turchia tutti i migranti irregolari in viaggio verso le isole greche; anche se, come chiarito dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, i rientri veri e propri cominceranno dal 4 Aprile.

Ciò in quanto la Grecia non è pronta: ha bisogno di più tempo per attuare il programma di rimpatrio dei migranti così come deciso.

Nelle prossime settimana circa 2.300 funzionari, esperti di immigrazione e traduttori da tutta Europa dovrebbero arrivare nelle isole greche, per rafforzare il personale che si occuperò di gestire gli arrivi di migranti.

Vediamo meglio quelli che sono i punti dell’intesa.

Innanzitutto, la chiave dell’accordo è l’affermazione del principio «uno per uno»: l’Europa rispedirà in Turchia tutti i siriani e gli illegali arrivati in Grecia; in cambio, i Ventotto si impegnano ad accogliere e ridistribuire un siriano per ogni respinto, prendendolo dai campi profughi gestititi da Ankara.

Per il momento, la soglia massima è di 72 mila persone. L’idea è che così si possa scoraggiare i disperati in fuga dalle guerre dall’attraversare l’Egeo; il patto prevede infatti che chi viene fermato sulle isole elleniche e non avrà titolo alla ridistribuzione resterà in Turchia. E ovviamente sarà “data priorità” ai migranti che non abbiano tentato di entrare in modo irregolare nell’Ue.

Per fare in modo che il ritorno dei richiedenti asilo non violi il diritto internazionale, l’accordo garantisce poi che qualsiasi domanda d’asilo sarà esaminata singolarmente sulle isole greche, il che richiederà un allestimento logistico importante.

La cosa più complessa risulta essere infatti quella di conciliare decine di migliaia di rimpatri forzosi con il rispetto dei diritti stabiliti dalla Convenzione di Ginevra. Il meccanismo perciò è stato trasformato. Se inizialmente si era ipotizzato un rimpatrio di massa in Turchia per poi provvedere da lì a stabilire chi doveva tornare in Europa e chi no, il meccanismo ora si è di molto ammorbidito: i “migranti irregolari” arrivati sulla Grecia continentale torneranno in Turchia, ma le domande di asilo per quelli che arrivano sulle isole greche saranno valutate singolarmente, appunto, dalle autorità europee e ad essere immediatamente rimpatriati in Turchia saranno solo quelli che non faranno domanda o che riceveranno una risposta negativa.

L’Unione assicura quindi, proprio per tali motivi, che non ci saranno espulsioni collettive e che ogni singolo caso sarà valutato in quanto tale. 

Gli europei, per legittimare sul piano giuridico l’irricevibilità delle richieste d’asilo che saranno presentate in Grecia, si baseranno essenzialmente sul principio del “Paese terzo sicuro”. Quando la Grecia avrà riconosciuto questo status alla Turchia, l’Ue ritiene che i rinvii saranno legali, nella misura in cui i candidati potranno beneficiare della protezione internazionale che meritano.

Altro punto importante è la liberalizzazione dei visti: Ankara ha richiesto infatti l’accelerazione della tabella di marcia per consentire l’esenzione dei visti per i cittadini turchi in Europa, al più tardi entro la fine di giugno 2016. Ma Ankara dovrà soddisfare i criteri specifici previsti “entro fine aprile”, affinché la Commissione Ue possa fare una proposta in base alla quale Parlamento europeo e Consiglio possano prendere la decisione finale.

Si è parlato anche di assistenza finanziaria. La Ue si è impegnata ad accelerare il versamento dell’aiuto di 3 miliardi di euro già promesso alla Turchia per migliorare le condizioni di vita dei 2,7 milioni di rifugiati che ospita.

Quando queste risorse saranno sul punto di essere completamente esaurite, la Ue mobiliterà un aiuto finanziario aggiuntivo nel limite di 3 miliardi di euro supplementari fino alla fine del 2018.

Da ultimo, il punto più “scomodo” posto da Cipro: la promessa dell’Ue di aprire rapidamente nuovi capitoli di negoziato nel processo di adesione della Turchia. Per aggirare la minaccia di veto di Nicosia, il progetto di accordo è sufficientemente vago da non suscitare malumori: la Commissione Ue “presenterà una proposta” per l’apertura del capitolo 33 “ad aprile”, si legge nella dichiarazione congiunta Ue-Turchia. È concordato che “il lavoro preparatorio per l’apertura di nuovi capitoli continuerà ad un ritmo accelerato, senza pregiudizio per gli Stati membri”, si aggiunge.

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