Morì per evitare un caccia:la verità nascosta per anni.
-di Tommaso Rossi
23 giugno 2013, Mosca – Una manovra di volo sbagliata da parte di un pilota scelto dell’aviazione sovietica. Uno scandalo che la Russia scelse di nascondere sotto i polverosi tappeti di false verità. Si disse che Yuri aveva bevuto qualche vodka di troppo prima del decollo. Impossibile, per un pilota esperto come lui. Il primo uomo nello spazio, il cosmonauta russo che il mondo invidiava.
Quella voce tremante ma ferma che dalla caspula Vostok fece venire la pelle d’oca al mondo intero: «Da qui la Terra è blu. Che meraviglia. È incredibile». Si disse che era stato un attacco di panico durante il volo a provocarne la caduta. Strano, certo, non impossibile. Si disse che era un complotto americano, si disse anche di un certo UFO che avrebbe colliso con Gagarin.
L’immagine dell’aviazione russa conto molto di più del rispetto della verità, di quel doveroso rispetto che si dovrebbe ad un eroe mondiale.
E’ il 27 marzo 1968: Yuri Gagarin stava volando su un caccia Mig-15 sui cieli di Mosca. Una missione di routine, senza particolari rischi. A circa 1000 metri di altezza, un altro aereo di fronte. Non doveva stare lì, non in quel momeno. Gagarin tenta di evitare la collisione, vira bruscamente mettendo tutta la sua forza e l’esperienza sulla cloche. Entra in spin, il terrore di ogni aviatore, la picchiata sempre più giù nei cieli di mosca in un incontrollabile avvitamento.
Yuri ha 34 anni, lo schianto col suolo è inevitabile e fulmineo. Questione di un attimo.
Questa è l’ultima, forsa la più credibile, delle tante ricostruzioni susseguitesi negli anni dell’incidente che provocò la morte di Gagarin.
A ricostruire e riscrivere la storia è Aleksey Leonov, top gun russo grande amico personale di Gagarin, componente della commissione di inchiesta che lo scorso anno chiuse l’indagine sull’incidente e che ora, in una intervista rilasciata al quotidiano “Russia Today” racconta al mondo intero di quell’errore umano che provocò la morte del suo amico cosmonauta.
Una tesi che squarcia il muro di gomma eretto per anni dal governo sovietico a protezione del suo buon nome, e di una verità che era meglio non emergesse.
Fu una violazione delle procedure di volo», racconta Leonov, che però si rifiuta di rivelare il nome del pilota che con il suo errore provocò la morte dell’amico Gagarin.
Restano tante ombre che solo la storia potrà dipanare. Forse. Resta una verità che il Cremlino ancora nega, sposando la versione ufficiale emersa nel 2011: il caccia di Gagarin tentò di schivare un oggetto non meglio identificato, forse addirittura una mongolfiera, e poi entrò in spin fino alla collisione.
Forse un giorno lontano, dallo spazio o dai cieli, qualcuno potrà scrivere con i caratteri cubitali della verità la parole fine su questa tragica vicenda.