MOLTI REATI TRA CUI LA COLTIVAZIONE DI CANNABIS PER USO TERAPEUTICO DIVENTANO ILLECITI AMMINISTRATIVI
di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)
Prosegue il cammino iniziato da un paio d’anni dal governo italiano, di deflazionare il carico della giustizia penale, andando a toccare la rilevanza penale di molte fattispecie di reato, di pari passo con il contemporaneo tentativo di svuotare le carceri sovraffollate, perseguito con altri pacchetti che incidono sull’esecuzione penale.
Spariscono dall’alveo del penalmente rilevante tutta una serie di condotte, rispondendo ad un disvalore socio-culturale ormai retaggio di un passato anacronistico, tra cui: ingiuria, furto da parte del comproprietario, contrabbando di tabacchi (nella forma lieve), guida senza patente (tranne in caso di recivida) coltivazione di cannabis per uso terapeutico da parte di istituti di ricerca, sottrazione di cose comuni, appropriazione di cose smarrite, abuso della credulità popolare, atti osceni, pubblicazioni oscene, rifiuto di prestare la propria opera durante un tumulto, omesso versamento Inps entro al somma di 10 mila euro, l’uso discritture private falsificate o la distruzione di scritture private, istallazione di distributori abusivi di carburante, noleggio di materiale coperto da copyright e molti altri reati ancora, presenti all’interno del codice penale e (soprattutto) nella miriade di leggi speciali a volte desuete e sconosciute. Tutto ciò dovrebbe portare ad un “dimagrimento” pari a circa 30 mila processi l’anno del carico penale italiano.
La notizia che ha fatto più “scalpore” è quella, data a volte in modo malizioso, della “depenalizzazione della cannabis a scopo terapeutico”.
Capiamo cosa significa. Non sono più reato le violazioni delle regole compiute da chi è autorizzato dal Ministero (dallo scorso anno sono autorizzati Istituti di Ricerca) a coltivare cannabis per uso terapeutico. Un chiaro “di meno” rispetto all’ipotesi iniziale, che consisteva nell’eliminare in toto la rilevanza penale al mancato rispetto dell’autorizzazione per coltivazione di piante da cui ricavare sostanze stupefacenti. Una prima violazione delle prescrizioni previste comporterà un’ammenda, le successive la revoca dell’autorizzazione.