Obbligo vaccinazione: Si o No? Dipende.

di MATTEO LONGO **

whatsapp-image-2021-01-29-at-14-08-12Oramai da quasi un anno non si parla d’altro! L’emergenza sanitaria ha completamente monopolizzato i centri di discussione e, inevitabilmente, la formazione dell’opinione pubblica. Nell’ultimo mese, in particolare, in seguito all’autorizzazione da parte dell’EMA (European Medicines Agency) e dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) alla immissione in commercio del vaccino anti Covid-19, sono emerse questioni nuove sul tanto temuto “obbligo di vaccinazione”, ipotesi non priva di fondamento ma che deve essere accompagnata da ulteriori considerazioni che non riguardano soltanto il diritto, ma anche la scienza e la politica. Infatti «la commistione tra scienza e società, tra scienza e istituzioni politiche e giuridiche è ormai tale da incidere profondamente sulle strutture e sulle dinamiche istituzionali»(S. Rossi).

In primo luogo, la nostra analisi non può non partire da quanto prevede in merito la Costituzione Italiana che, implicitamente, non esclude un obbligo di vaccinazione. L’art. 32, in prima battuta, tutela la salute in quantofondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”: la prima questione che si pone, quindi, sembrerebbe essere quella di capire se, nel caso di specie, il dibattito sull’obbligo di vaccinazione richiami una tutela individuale ovvero riguardi un più ampio interesse collettivo. Peraltro, alla luce del diritto alla salute così come prospettato dall’art.32 e alla luce dell’eventuale obbligo di vaccinazione, è opportuno rilevare anche una dimensione “negativa” del diritto fondamentale: la Costituzione, infatti, tutela coloro che, per scelta e non per necessità, decidano di non vaccinarsi. Come contemperare allora la dimensione negativa e quella impositiva?

Sul punto, già nel 2018 si è espressa la Corte Costituzionale, la quale nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legge 7 giugno 2017, n. 73 (c.d. decreto Lorenzin) che “estendeva il novero delle vaccinazioni obbligatorie” (da quattro a dieci) per i minori fino ai 16 anni, con l’intraprendente sentenza n. 5/2018 ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità e ha aggiunto nella motivazione un passaggio molto importante che merita la nostra attenzione: “la legge impositiva di un trattamento sanitario – dice la Corte – non è incompatibile con il parametro costituzionale (l’art.32 Cost.) se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”. A tal proposito, la situazione determinata dall’attuale emergenza pandemica è sotto gli occhi di tutti: una pandemia che ha provocato decine di migliaia di morti (solo in Italia) e cristallizzato il Paese dal punto di vista economico e sociale.

Considerando assunto l’interesse collettivo, è compito dello Stato porre in essere un vero e proprio obbligo: infatti, l’art.32 Cost. aggiunge subito dopo che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Solo l’istituzione parlamentare ha il potere di imporre un trattamento sanitario quale, a titolo di esempio, la profilassi vaccinale. Insomma, come dichiarato dal costituzionalista Michele Ainis, «non si può certo procedere attraverso un d.p.c.m, perché in Parlamento ci sono anche le minoranze e può venir fuori un dibattito costruttivo».

Tuttavia, la campagna ha avuto inizio soltanto il 31 Dicembre scorso e una legge risulterebbe prematura se non addirittura controproducente, per diverse ragioni: in primo luogo, l’obbligo di sottoporsi al vaccino implicherebbe un’elevata capacità delle strutture di fornirlo a tutti; in secondo luogo,  il “Report Vaccini Anti COVID-19”, disponibile sul sito del Governo, oltre ad assicurare una più che apprezzata trasparenza a favore dei cittadini, riporta, tra i vari dati statistici, anche il rapporto in percentuale tra le dosi consegnate e quelle somministrate, che in Italia si attesta al 76,4% (aggiornamento del 25 gennaio). Da tali dati emerge con chiarezza che i cittadini – almeno finora – hanno deciso di aderire alla campagna vaccinale senza la necessità di un intervento legislativo.

Pertanto, sembrerebbe che l’ipotesi di un obbligo generalizzato costituisca una sorta di extrema ratio, attivabile soltanto qualora le misure messe in campo attraverso il piano vaccini non dovessero condurre a risultati soddisfacenti. E se quest’ultima prospettiva tranquillizzerebbe gli animi di coloro che in questi ultimi mesi si indignavano contro la “dittatura sanitaria” – le misure di quel tempo implicavano l’uso di mascherine e il distanziamento sociale – non mancano, in realtà, previsioni alternative all’obbligo di vaccinazione.

Appare concepibile, ad esempio, un sistema di oneri e incentivi in virtù del quale la vaccinazione costituirebbe requisito indispensabile per l’esercizio della professione medica ovvero, qualora la scienza dovesse convintamente affermare che chiese e scuole possono costituire luoghi di espansione del contagio, requisito per accedere nei luoghi aperti al pubblico. Quanto agli incentivi, invece, lo stesso premier Conte, in occasione della conferenza stampa di fine anno, ha annunciato alcune proposte tra le quali rileva particolarmente l’abilitazione a una maggiore mobilità per i vaccinati. Volgendo poi lo sguardo al continente europeo,  è all’attenzione dell’OMS e della Commissione Europea la proposta di un “certificato internazionale digitale” che comprovi l’avvenuta somministrazione del vaccino.

Insomma, come abbiamo potuto constatare, l’interconnessione di ambiti disciplinari rievoca l’eterogenea vita dell’uomo e del cittadino: l’obbligo o meno di vaccinazione è una mera scelta politica della maggioranza che ha bisogno del diritto, per tutelare quelle libertà che un obbligo del genere potrebbe comprimere, e di un rapporto costante con la scienza, in quanto il legislatore non può prescindere dai dati scientifici e statistici nella disciplina di una materia così delicata. Tuttavia, a mio avviso, questa interconnessione deve illuminare i cittadini e permettere loro di aspirare a un senso più alto di responsabilità: credo, infatti, sia importante lavorare a livello culturale più che pensare a imposizioni; prendere consapevolezza – senza convincere o essere convinti – che un atto individuale, un sacrificio personale possa comportare soltanto benefici per la comunità. Perché è questo che siamo, Comunità!

 

Sitografia

 

**ARTICOLO SELEZIONATO COME VINCITORE  DELLA CATEGORIA “DIRITTO COSTITUZIONALE” del progetto di Law Review realizzato in collaborazione tra Associazione Culturale Fatto&Diritto e ELSA Macerata

 

 

 

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