NUOVE FRONTIERE E DATI DELLA LOTTA AL VIRUS HIV
del dottor Giorgio Rossi (oncologo)
Proprio in concomitanza della Giornata Mondiale per la Lotta all’AIDS, che si celebra come ogni anno il 1° dicembre, giungono notizie piuttosto inquietanti sul fronte della diffusione del contagio da HIV(Human Immunodeficiency Virus).
Se l’età media della maggiore incidenza dell’infezione era quella compresa tra i 35 – 44 anni , dall’anno scorso la media è scesa sensibilmente interessando la fascia tra 25-34 anni ; se poi prendono in considerazione solo le donne l’età va dai 15 ai 49 anni . Proprio gli adolescenti sono diventati a maggior rischio. In tutto il mondo gli adolescenti HIV positivi sono più di due milioni concentrati nei paesi dove l’epidemia è più diffusa come l’Africa. L’Italia non si discosta dal trend di abbassamento dell’età ; in un anno vengono contagiate circa 4000 nuove persone;ciò non vuol dire che queste ammaleranno tutte di AIDS, ma andranno ad infoltire il numero dei sieropositivi, che, grazie a nuovi farmaci, possono convivere con l’HIV anche per molti anni,ma rappresentano il serbatoio per la diffusione del virus.
A proposito dei nuovi farmaci, l’altra notizia inquietante riguarda proprio l’uso sconsiderato di un farmaco che da qualche tempo viene “spacciato” sotto forma di compressa singola da assumere prima di un rapporto sessuale occasionale anche non protetto, in quanto in grado di proteggere dall’infezione da HIV, creando in molti ragazzi e ragazze la falsa convinzione che basti ingerire una pillola miracolosa, dall’accattivante colore azzurro, per essere al riparo dal contagio. La pastiglietta viene ad aggiungersi e a completare i micidiali cocktel di sostanze psicoattive attualmente circolanti tra gli adolescenti per lo sballo, le così dette smart drugs, reperibili a basso costo via internet, che promettono esperienze psichedeliche ed incredibili performance sessuali, favorendo i rapporti occasionali, ma anche abbassando il grado di attenzione verso il rischio dell’AIDS. La pastiglia miracolosa in questione è in realtà un farmaco vero per la terapia antiretrovirale contro l’HIV, nome commerciale Truvada reperibile anche nel nostro Paese, costituito da due principi attivi – emtricitabina e tenofovir disoproxil – entrambi in grado , attraverso vie di attacco differenti, di bloccare la replicazione del virus all’interno della cellula .
Tale farmaco appartiene ad una nuova generazione di farmaci apparsi tra il 2006 ed il 2008 e ben presto disponibili a livello internazionale, costituiti dall’associazione in una sola compressa di due o più sostanze attive contro l’HIV ed indicati non solo per i malati di AIDS conclamata, ma anche per le persone sieropositive. Hanno rappresentato una importante novità per rendere più semplice la cura di questa malattia; si è passati infatti dall’assunzione di 10 o più compresse giornaliere, ad un numero drasticamente inferiore. Nel 2012 uno di tali farmaci, proprio il Truvada, è stato riconosciuto idoneo dalla FDA americana, anche per la prevenzione dell’infezione da HIV. Questa importante decisione dell’Agenzia Americana per la Sicurezza Alimentare e dei Farmaci(FDA), famosa per il suo rigore, è scaturita sulla base di importanti studi clinici condotti dai Centers for Diseases Control and Prevention (CDC) statunitensi e dalla University of Washington che hanno dimostrato che la profilassi farmacologica pre-esposizione riduce il rischio di contrarre il virus del 73%, ovviamente fermo restando tutte le precauzioni standard ormai consolidate, come l’uso del preservativo prima dei rapporti sessuali. Questa indicazione viene riservata ad alcune categorie di persone che comprendono i sex workers,coppie in cui solo uno dei partner sia sieropositivo e le donne nei paesi in via di sviluppo che sono infettate dai loro stessi mariti ai quali non riescono ad imporre l’uso del preservativo, oppure sono vittime di stupri specie nei paesi ove sono in atto conflitti. Il farmaco va assunto alla dose di una compressa al giorno, monodose, in modo continuativo per sempre e sotto controllo medico; prima dell’inizio bisogna essere assolutamente sicuri, mediante l’esecuzione del test sierologico, di essere HIV negativi, test che va ripetuto ogni 3-4 mesi durante il trattamento per sincerarsi che la negatività sia sempre mantenuta, dato che l’eventuale trattamento per i sieropositivi comprende sempre e comunque un’associazione di più farmaci. Pertanto una cosa molto seria, che impiega risorse economiche non indifferenti, ben lungi dall’uso sconsiderato sopra indicato.
L’approvazione della FDA rappresenta una decisione storica che dimostra essenzialmente che sempre di più è necessario spostare la lotta contro l’AIDS nel campo della prevenzione.
Un nuovo rapporto dell’ONU mette in luce i progressi nella lotta all’HIV-AIDS grazie anche all’avvento dei farmaci monodose ai quai hanno avuto accesso un numero di persone mai così elevato anche nei paesi poveri .Globalmente son circa 10 milioni le persone HIV positive che utilizzano farmaci antiretrovirali che consentono di mantenere sotto controllo la malattia per moltissimi anni , evitando che degeneri in AIDS conclamata .
Questi dati sono contenuti nelle linee guida stilate in occasione della International Conference of AIDS Society tenutasi a Kuala Lumpur( Malesia) nel giugno 2013 e pubblicate su “ Global Update on HIV Treatment: Results, Impact and Opportunities” in cui OMS, UNICEF e UNAIDS confermando l’utilità della pillola monodose giornaliera, affermano che la terapia tempestiva a base di farmaci antiretrovirali è in grado di allungare e migliorare la qualità della vita e di ridurre la possibilità del contagio. Inoltre viene ribadito che l’inizio del trattamento deve essere precoce, quando ancora il sistema immunitario è valido, ponendo come indice il numero dei linfociti CD4 ( quelli deputati ad attivare la risposta immunitaria ) che non deve scendere sotto la quota di 500 ( in precedenza era 300) unità per millimetro cubo ( valore facilmente evidenziabile tramite un semplice esame di sangue ).Inoltre il rapporto prevede che l’accesso ai farmaci sia previsto a ogni bambino sieropositivo con meno di 5 anni indipendentemente dal numero dei linfociti CD4 . Si stima che l’anticipare i tempi della cura è in grado di salvare 3 milioni di vite e a prevenire 3,5 milioni di nuove infezioni di qui al 2025.
E’ proprio di questi giorni la notizia relativa ai risultati ottenuti da ricercatori italiani dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che hanno messo a punto un vaccino terapeutico che somministrato contemporaneamente ai farmaci antiretrovirali nei bambini nati infetti riduce in modo significativo il rischio di fallimento terapeutico.
Ancora troppe persone sono siero positive senza saperlo ; stime fornite dai CDC dicono che le nuove infezioni per via sessuale potrebbero essere ridotte del 30% ogni anno se tutte le persone conoscessero il proprio stato sierologico. Ancona troppo spesso un’alta quota di persone, circa un quarto, con HIV non è a conoscenza della propria infezione. L’esecuzione del test sierologico comporta timori e riluttanze sia tra gli adolescenti che tra gli adulti.
Di recente è stato introdotto il test rapido che non necessita del prelievo di sangue,ma viene effettuato sulla saliva e può essere eseguito da se stessi mediante un apparecchietto con il quale si raccoglie accuratamente la saliva nelle varie zone della bocca per cinque minuti e poi si immerge in un un flaconcino contenete il reattivo e quindi dopo dieci minuti si legge la risposta. Il test si basa sul fatto che dopo circa 3 settimane dall’infezione la saliva contiene anticorpi, non mai il virus considerando che la saliva non rappresenta un veicolo di trasmissione. Il test ha un valore qualitativo, non può essere usato per la determinazione quantitativa di HIV ; inoltre in caso di risultato negativo non esclude in modo categorico l’assenza di infezione, poiché gli anticorpi potrebbero essere presenti in quantità non sufficiente per essere rilevati. In caso di positività l’infezione è probabile, ma per fare diagnosi certa è necessario eseguire anche il test sierologico.
Il test rapido è pertanto da considerare un test di screening e i CDC ne raccomandano l’uso universale nelle donne incinta per ridurre la trasmissione dell’HIV alla nascita durante il parto; si stima infatti questa situazione si verifica in una percentuale variabile dal 15 al 40 % e può scendere all’1-2% se dopo test rapido positivo viene iniziato il trattamento atiretrovirale nella donna stessa prima dell’espletamento del parto. Questi dati sono stati evidenziati dallo studio MIRIAD condotto nello stato di New York su 12.00 donne in 17 ospedali ed anche da uno studio simile condotto in Illinois su oltre un milione di partecipanti ; entrambi hanno affermato in modo inequivocabile la fattibilità e l’accuratezza del test rapido. Anche in Italia, dove è aumentata considerevolmente la popolazione delle donne emigrate dai paesi ad alta endemia per l’infezione da HIV, uno studio collaborativo ha evidenziato che lo screening prima del parto con il test rapido ha permesso di prevenire la trasmissione materno-fetale in un numero considerevoli di casi.
L’Unione Europea, dal canto suo, sempre nell’ottica del miglioramento dell’attività di prevenzione, ha attivato nel marzo 2013 con durata di 3 anni la Quality Action , uno strumento unico europeo di valutazione dei programmi di prevenzione , finanziato dalla UE stessa ,che coinvolge 25 stati membri, Italia compresa, con l’obbiettivo generale di incrementare l’efficacia dei programmi e delle attività di prevenzione mediante l’integrazione di strumenti e strategie omogenei e con l’obbiettivo finale della messa a punto di una Carta della qualità per la prevenzione dell’HIV.
Di fondamentale importanza resta, comunque, una corretta e capillare informazione specie verso i giovani, che solo con la conoscenza e la consapevolezza dei rischi tenderanno ad non abbassare la guardia come sembra stia avvenendo attualmente come se il problema dell’AIDS appartenesse già al passato.