UNA STORIA CHE INIZIA NEL 1934
ANCONA – di Giampaolo Milzi – “Le mie segnalazioni, solo verbali (mi dolgo oggi di questo) presso l’Amministrazione Comunale del tempo (1995, ndr.) per tentare di recuperare la scultura del Maltoni dallo sfasciacarrozze, non suscitarono che scetticismo o effimere curiosità”. Così scrive Di Matteo in “Ankon Borderline”, a proposito dell’aquila rintracciata dai carabinieri solo poco tempo fa. Nella stessa nota del suo saggio, l’autore ricorda anche “di aver intravisto, dopo il terremoto del 1972, attraverso le maglie di una recinzione, un’aquila scolpita che stazionava all’aperto, con altri reperti lapidei, tra le rovine del convento di San Francesco alle Scale”. Un’altra aquila, quindi, molto probabilmente quella gemella (anch’essa buttata da chissà chi in mare?) mai ritrovata. Naturale porsi alcune domande: la gemella giace ancora dimenticata da qualche parte tra le rovine del Convento di San Francesco, di proprietà municipale, ad Ancona? L’attuale Amministrazione comunale avrà voglia di cercarla? La Soprintendenza si adopererà per una sua pubblica e stabile esposizione? O dopo decenni prevarranno ancora scetticismo o effimere curiosità?
Un senso di curiosità affatto effimera e di amore per la bella Ancona, dominavano senz’altro l’atmosfera che si respirava tra la folla che il pomeriggio del 16 settembre 1934 si accalcava all’inizio di via XXIX Settembre per assistere, assieme alle autorità, alla cerimonia di inaugurazione della sistemazione urbanistica del nuovo spazio con cui il Fascismo celebrava il culto della Romanità, come racconta il Corriere Adriatico di quei giorni. Ricorda Di Matteo nel suo saggio: “La statua bronzea di Traiano, donata da Mussolini, collocata sul suo classico basamento di travertino, era contenuta ed esaltata da un alto fondale composito (parte della facciata di un edificio monumentale, ndr.), dello stesso materiale. A mezza altezza, sopra pilastri squadrati, le due aquile imperiali aprivano le possenti ali (…) panchine e aiuole introducevano prospetticamente a questa scenografia architettonica, solenne quanto interessante, ideata dall’ingegner Gino Costanzi”.
Tutto sparito – tranne la statua di Traiano, e l’aquila appena ritrovata – con la edificazione della nuova sede della Banca d’Italia nel 1953.
(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile, dicembre 2016)