Il LEGAME IPOGEO TRA UOMO E COLLE
ANCONA – di Giampaolo Milzi –
Affascinanti, sorprendenti, ma ancora quasi tutte da riscoprire, o meglio, da scoprire. Occorrerebbe una di campagna di scavi archeologici per scrivere la storia delle Grotte di Paterno. E per rivelarci il segreto delle loro origini. Che, probabilmente, si perdono nella notte dei tempi. Una storia che, al contrario di ciò che molti pensano, non inizia quando antri, cunicoli e gallerie vennero scavati nel Medioevo, soprattutto per uso militare. La prima costruzione del mitico Castello – ampliato e rinforzato con la sua ampia cinta muraria nei secoli XIII e XIV, e considerato tra i più strategici per la difesa del territorio del capoluogo dorico – “è anteriore certamente al secolo XI, dato che la posizione naturale costituiva per se stessa un potente fortilizio, quasi inaccessibile per l’altezza e la ripidità del colle”. Lo scrive Mario Natalucci ne “I Castelli e i centri moderni del territorio di Ancona”, un estratto del suo celebre saggio “La vita millenaria di Ancona”.
Il Castello, la sua posizione naturale e le grotte. Francesco Prato, nel suo manoscritto del 1888, fa risalire la fondazione di un primo vero e proprio paese denominato Paterno al 400 d.C., “cominciata appena la decadenza dell’Impero Romano”, segnata dalle reiterate invasioni barbariche. “Per far fronte alle luride orde devastatrici si rafforzarono le città, i castelli e le terre”. Nel 400 d.C, non lontano da Paterno, erano molto probabilmente abitate anche le “altre alture che la natura stessa rendeva miti e sicure”. E pure la popolazione insediata sulla rupe-baluardo di Paterno crebbe, perché ad essa si unirono coloro che fuggivano dalle città di mare, come Ancona, martoriate anche dalle scorrerie dei pirati Saraceni. Il Prato, citando concordi fonti antiche, scrive che a Paterno il primo “castello fu fabbricato sulle rovine di un celebre santuario distrutto nelle invasioni dei barbari”. E che “la versione degli antichi trovasi avvalorata dal fatto che sotto il castello esistono diramazioni sotterranee (…) Forse queste vie sotterranee, queste grotte o caverne hanno servito ai primi cristiani per raccogliersi e non disturbati celebrare i Divini misteri e più tardi poi, nel Medio Evo, servivano di rifugio durante la guerra e gli assedi”. Un santuario, i fedeli dell’esordiente religione fondata su Gesù e i Vangeli. La storia ci porta dunque sempre più indietro, al periodo paleocristiano. E oltre.
“I colli interni dell’antico territorio di Ancona, in base alle testimonianze degli oggetti rinvenuti casualmente, erano abitati fin dai tempi lontani della preistoria – sottolinea Natalucci –. Vicino a Paterno, è stato rinvenuto un treppiede di candelabro di bronzo, appartenente all’età dei Piceni (I millennio a.C., ndr.)”. Forte dunque l’ipotesi che i Piceni si fossero insediati anche a Paterno. Del resto a Casine di Paterno sono recentemente emersi i resti di una necropoli e le tracce di un villaggio piceno. Di più. Ad attestare la presenza di nuclei umani organizzati da quelle parti, ci sono le tombe, anche di periodo pre-romano, scavate a valle della Selva di Gallignano.
L’ipotesi della presenza dei Piceni, e ancor prima in genere dell’uomo a Paterno, è presa in considerazione anche dall’esperto speleologo Alberto Recanatini, notissimo in particolare per i suoi studi e le sue ricerche sulle Grotte di Camerano. “Tutti i castelli sui colli dell’Anconetano sorgono su banchi di arenaria derivati da sabbie plioceniche frutto di sedimentazione marina – spiega -. Si tratta di una pietra facilmente scavabile, e anche la gradina di Paterno è di arenaria. Quindi è possibile che gli insediamenti originari di questa gradina replichino nelle caratteristiche soprattutto quelli dell’età del ferro”. Ma già in precedenza, nell’età del bronzo (3500 a.C. – 1200 a.C.), e ancor qualche millennio prima, nel corso della “rivoluzione neolitica” (evoluzione dell’uomo da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore-allevatore), è possibile che a Paterno sorgesse un primo villaggio, con capanne e grotte, grotte forse già in parte scavate nell’arenaria dagli antichissimi cavernicoli. Forte quindi la “madre di tutte le l’ipotesi” – ma ripetiamo, avvalorabile solo se e quando si effettueranno scavi archeologici – che non appena l’uomo primitivo abbia messo piede a Paterno abbia vissuto nelle caverne, e gradualmente convissuto con esse, generandone di nuove, continuando a scavare. Recanatini: “Queste grotte-caverne avevano molti usi: luoghi d’abitazione in alternativa alle capanne, di difesa, di sacralità, di ricerca di risorse”. Risorse idriche, in particolare. “Perché l’acqua sotterranea che vi confluiva risultata di ottima qualità, in quanto depurata dal calcare trattenuto dai sabbioni di arenaria in cui era filtrata”.
FOTO DI SILVIA BRESCHI
(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)