LE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE HANNO DECISO PER UN NUOVO PROCESSO DI APPELLO PER LA RIDETERMINAZIONE DELLE PENE DI ALCUNI REATI
di Avv. Valentina Copparoni (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)
27 aprile 2014- E’ arrivata dalle Sezioni unite penali della Cassazione la decisione sul processo Thyssenkrupp con il seguente dispositivo: “Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta esistenza della circostanza aggravante di cui al capoverso dell’art. 437 Cp ed al conseguente assorbimento del reato di cui all’articolo 449 Cp”. Il riferimento dovrebbe essere all’annullamento delle aggravanti per le omesse misure di sicurezza.
“Dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte d’assise d’Appello di Torino per la rideterminazione delle pene in ordine ai reati di cui agli articoli 437, comma 1, 589, commi 1, 2, 3, 61 n.3, 449 in relazione agli art 423 e 61 n.3 Cp. Rigetta nel resto i ricorsi del procuratore generale e degli imputati. Rigetta il ricorso della persona giuridica Thyssenkrupp acciai speciali Terni spa che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna in solido gli imputati ed il responsabile civile Thyssenkrupp acciai speciali Terni spa alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ‘Medicina Democratica’ che liquida in complessivi euro 7 mila oltre accessori come per legge. Infine visto l’art. 624, comma 2 Cpp dichiara irrevocabili le parti della sentenza relative alla responsabilità degli imputati in ordine ai reati sopraindicati”.
A prima lettura è sembrato subito un dispositivo molto criptico tanto che sia la difesa degli imputati che la Procura di Torino con il Dott. Guariniello, che aveva sostenuto l’accusa in primo e secondo grado, sono apparsi subito prudenti nel rilasciare dichiarazioni rimandando più nello specifico alle motivazioni della sentenza. Sarebbero comunque uscite da Piazza Cavour alcune precisazioni sul fatto che le pene inflitte agli imputati in grado di appello dovranno si essere rideterminate ma rispettando il principio del divieto della reformatio in pejus ovvero, in linguaggio meno tecnico, senza aggravamento delle pene stante il rigetto del ricorso della Procura anche se nel dispositivo si legge, in realtà, “rigetta nel resto” il ricorso del Procuratore generale e non rigetta totalmente.
Nel nuovo grado di appello, che si celebrerà sempre a Torino ma in un’altra sezione della Corte di Assise di appello, si procederà in ogni caso per i reati di omicidio colposo, incendio e rimozione volontaria di cautele contro gli incidenti considerati però come tre reati distinti tra loro (senza l’assorbimento del reato di incendio dagli altri come fatto in precedenza) ma quello che è certo è che non si procederà per il reato di omicidio volontario a titolo di dolo eventuale.
Antonio Boccuzzi, l’unico operaio superstite alla tragedia ha commentato: “Quella della Cassazione è una sentenza che ci delude perchè non mette la parola ‘fine’ dopo sei anni e mezzo di processi. Speriamo che nel nuovo processo di appello le pene vengano riconfermate. Intanto vorrei capire a fondo la sentenza e tutti aspettiamo le motivazioni della decisione”
Il sostituto procuratore generale della Cassazione, Carlo Destro, non condividendo la tesi del Pubblico Ministero di Torino Guariniello, che aveva ipotizzato in capo agli imputati il dolo eventuale per la morte degli operai, aveva invece chiesto la conferma delle pene ridotte in appello per i dirigenti e l’amministratore delegato responsabile dello stabilimento
sostenendo che “i manager e i dirigenti chiamati a vario titolo a rispondere della morte dei sette operai nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino facevano affidamento sulla capacità dei lavoratori di bloccare gli incendi che quasi quotidianamente si verificavano: chi agisce nella speranza di evitare un evento evidentemente, se l’evento si verifica, non può averlo voluto”.
La decisione della Corte di Assise di appello di Torino era arrivata a fine febbraio del 2013 ed aveva ridotto la condanna dell’amministratore delegato dell’acciaieria Harald Espenhahn a dieci anni di reclusione, non riconoscendo l’omicidio volontario, con dolo eventuale, ma quello colposo aggravato dalla c.d. colpa cosciente.
Ridotte le pene anche per gli altri imputati: sette anni a Marco Pucci e Gerald Priegnitz, entrambi membri dell’organizzazione esecutiva dell’azienda, nove anni al responsabile tecnico Daniele Moroni, otto anni e mezzo a Raffaele Salerno, direttore dello stabilimento di Torino e otto anni a Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza dell’impianto. Crollato anche il dolo del reato contestato di incendio doloso mentre confermate le condanne sotto il profilo dell’art. 437 del codice penale ossia omissioni dolose di norme anti-infortunistiche.
I giudici, infine, avevano disposto il dissequestro della linea 5 dello stabilimento
LA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA
La notte tra il 5 e 6 dicembre 2007 un terribile incendio seguito da una devastante esplosione sconvolgevano la linea 5 della sede torinese della multinazionale dell’acciaio ThyssenKrupp. L’incendio e l’esplosione causavano la morte di sette operai impegnati nel turno di notte Nel terribile incendio sviluppatosi alla Linea 5 della Thyssen persero la vita sette operai: Giuseppe De Masi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino e Antonio Schiavone. Solo uno degli operai, Antonio Boccuzzi, riusciva miracolosamente a sopravvivere.
Dopo 3 anni, nel dicembre 2010, avanti la Corte d’Assise di Torino venivano formulate da parte del Pubblico Ministero Dott. Raffaele Guariniello le richieste di condanna nei confronti dei manager della multinazionale e nei confronti della stessa ThyssenKrupp.
D.: Quali le accuse formulate per la tragedia della Thyssen?
R.: Il 17 novembre 2008 il Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Torino, accogliendo le richieste del PM Dott. Guariniello, ha disposto il rinvio a giudizio di tutti i dirigenti della Thyssen e della stessa società per i reati di:
-omicidio volontario con dolo eventuale (art. 575 codice penale) e incendio con dolo eventuale (art. 423 codice penale) a carico dell’amministratore delegato della Thyssen;
-omicidio colposo con colpa cosciente (art. 589 codice penale) e incendio colposo con colpa cosciente (art. 449 codice penale) a carico di altri cinque dirigenti:
-omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro a carico di tutti gli imputati (art. 437 codice penale)
-illecito amministrativo, dipendente da reato di omicidio colposo aggravato, a carico della ThyssenKrupp (art. 25septies D.lgs. 231/2001).
Il 15 gennaio 2009 iniziava il processo presso la Corte di Assise di Torino.
D.: Cosa si intende per “dolo eventuale” e “colpa cosciente”?
R.: Il “dolo eventuale” è una forma di imputazione del reato consistente, secondo una delle teorie penalistiche più accreditate e seguite, nell’aver agito rappresentandosi la concreta possibilità di realizzazione del fatto di reato e accettando il rischio del verificarsi dello stesso.
La “colpa cosciente” o “con previsione” (che è una aggravante comune che comporta un aumento fino ad un terzo della pena prevista per ipotersi di reato colposo semplice) è una forma della colpa che consiste nell’aver agito con rappresentazione della mera possibilità di realizzazione del fatto di reato senza però accettazione del rischio ossia con convinzione che il fatto medesimo non si sarebbe verificato.
D.: Per quale motivo è stato contestato il reato di omicidio volontario a carico dell’AD della Thyssen?
R.: Per la prima volta in caso di infortunio sul lavoro è stato contestato il reato di omicidio volontario (con dolo eventuale) e nel caso della Thyssen a carico dell’amministratore delegato.
Ciò essenzialmente per 2 motivi: l’AD della Thyssen avrebbe spostato gli investimenti economici previsti per il miglioramento dei sistemi antincendio della sede di Torino dal 2006-2007 al 2007-2008 pur sapendo che quella sede sarebbe stata chiusa a quella data.
Inoltre l’AD avrebbe deciso di dotare la linea 5 (ove si è verificata la tragedia) di sistemi di rilevazione e spegnimento automatico di incendi solo in epoca successiva al trasferimento definitivo della sede a Terni nonostante l’impianto di Torino fosse ancora in piena funzione. E ciò nonostante le indicazioni in senso opposto di un gruppo di tecnici dell’azienda e di una compagnia assicurativa.
Tali condotte costituirebbero l’accettazione del rischio (identificativa del dolo eventuale) da parte dell’amministratore delegato della Thyssen del verificarsi di un grave incidente allo scopo di risparmiare sulle spese necessarie per dotare lo stabilimento di impianti di rilevazione e spegnimento di incendi.
Il risparmio, considerato il c.d. “prezzo del reato”, è stato quantificato dal PM in 800.000,00 euro.
D.: Perché la stessa società ThyssenKrupp è imputata nel processo?
R.: Il Decreto Legislativo n. 231/2001 (“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000 n. 300”), entrato in vigore ormai un decennio fa, ha introdotto nel nostro ordinamento la previsione di una responsabilità amministrativa degli enti collettivi in sede penale che si va a cumulare con la responsabilità penale delle persone fisiche che materialmente hanno commesso l’illecito purchè quest’ultimo sia stato compiuto nell’interesse o vantaggio dell’ente stesso. La responsabilità dell’ente è in ogni caso autonoma in quanto sussiste anche qualora l’autore del reato non sia stato identificato o non sia imputabile.
L’ente diventa quindi responsabile per i reati commessi nel suo interesse o vantaggio sia da soggetti c.d. “apicali” (persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o direzione dell’ente o di una sua unità o che esercitano, anche solamente di fatto, funzioni di gestione) che da soggetti c.d. “sottoposti” (persone sottoposte alla direzione o al controllo dei soggetti apicali).
Le sanzioni previste sono:
– pecuniarie (minimo euro 25.800,00 – max euro 1.549.000,00 salvo eventuali riduzioni);
– interdittive (interdizione dall’esercizio dell’attività; sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi);
-confisca;
-pubblicazione della sentenza di condanna.
In ogni caso il D.lgs. 231/2001, nell’ottica di una premiazione e sensibilizzazione di una cultura aziendale improntata alla prevenzione del rischio di reati, prevede per l’ente una sorta di esonero dalla responsabilità qualora, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati previsti dal D.lgs. 231/2001, dimostri una serie di condizioni tra cui, in particolare, l’adozione ed efficace attuazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (i c.d. compliance programs) e la creazione di un organo interno di controllo per verificare il funzionamento, l’attuazione e l’aggiornamento di detti modelli.
Il catalogo dei reati rilevanti ai fini della responsabilità di cui al D.lgs. 231/2001 è espressamente previsto dal Legislatore che nel corso degli anni ha ampliato (e sta ancora ampliando) le ipotesi delittuose rientranti in tale elenco anche in adempimento a specifici obblighi comunitari in tale senso.
In materia di sicurezza sul lavoro, la legge n. 123/2007 ha introdotto nel novero di tali reati-presupposto anche l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies D.lgs. 231/2001).
Il successivo D.lgs. 80/2008 (Testo Unico sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) all’art. 30 ha confermato anche per tale settore la natura esimente dell’adozione ed attuazione di modelli organizzativi purchè conformi a specifiche caratteristiche .
Sulla base di tali previsioni, la ThyssenKrupp quale persona giuridica, ai sensi del D.lgs. 231/2001 e del Testo Unico sulla Sicurezza, è stata chiamata a rispondere dell’illecito amministrativo ai sensi dell’art. 25septies del D.lgs. 231/2001 dipendente dal reato di omicidio colposo aggravato contestato ai dirigenti Thyssen. L’ipotesi di omicidio doloso, infatti, non rientra (ancora?) nel novero dei reati-presupposto della responsabilità ex D.lgs. 231/2001.
D.: Quali sono in concreto le richieste di condanna formulate nel processo Thyssen a carico dei dirigenti?
R.: -16 anni e 6 mesi di reclusione per l’amministratore delegato;
-13 anni e 6 mesi di reclusione, senza attenuanti, per 2 consiglieri delegati, il direttore di stabilimento e il responsabile sicurezza;
-9 anni di reclusione per il responsabile area tecnica.
Il PM ha inoltre richiesto la trasmissione degli atti alla Procura per procedere per falsa testimonianza nei confronti di tre testimoni e per omissione volontaria di cautele antinfortunistiche nei confronti di un’altra persona.
Richiesto il procedimento anche nei confronti del consulente della difesa, autore del documento di valutazione rischi dell’azienda, al quale la Procura di Torino intenderebbe contestare i reati di concorso in omicidio colposo con colpa cosciente, incendio colposo e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche.
D.: E a carico della stessa società Thyssen?
R.: – sanzione pecuniaria di un milione e mezzo di euro;
– esclusione di agevolazione e sussidi e la revoca di quelli già concessi;
– divieto di pubblicizzare i propri prodotti per un anno;
– pubblicazione per intero della eventuale sentenza di condanna sui maggiori giornali di rilievo internazionale.
PROCESSO DI PRIMO GRADO
Nell’aprile 2011, dopo circa novanta udienze, si concludeva in primo grado il processo Thyssen con severe condanne.
La Corte di Assise di Torino accoglieva pienamente le richieste formulate dal Pm Dott.Guariniello condannando a 16 anni e mezzo di reclusione l’amministratore delegato della Thyssen per omicidio volontario con dolo eventuale.
La sentenza veniva definita “storica” perché per la prima volta era stato riconosciuto il dolo, seppur nella forma eventuale, nell’ambito dell’infortuni sul lavoro.
Dure condanne anche per gli altri responsabili e dirigenti della società accusati a vario titolo di omicidio e incendio colposi: pene tra 10 anni e 10 mesi e 13 anni e 6 mesi.
La società Thyssen, chiamata in giudizio in qualità di persona giuridica, veniva stata condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria di 1 milione di euro, all’esclusione di agevolazioni e sussidi per 6 mesi, al divieto di pubblicizzare i propri prodotti per 6 mesi, alla confisca di 80.000 euro con la pubblicazione della sentenza su alcuni quotidiani nazionali nonché presso il Comune di Terni ove la multinazionale tedesca ha la sede italiana.
Riconosciuti anche risarcimenti per le parti civili: 973 mila euro per la Regione Piemonte, 500 mila per la Provincia di Torino, 1 milione di euro al Comune di Torino, nonché risarcimenti anche per alcuni sindacati, associazioni ed ex colleghi degli operai morti nell’incendio.