PILLOLE DI SAGGEZZA I VERSI DI SALVATORE MISERA
Ancona – di Giampaolo Milzi –
“Quant’è bella giovinezza/ che si fugge tuttavia!/Chi vuol esser lieto, sia: del doman non c’è certezza”. Ci sono venuti in mente questi antichi ma attualissimi versi di Lorenzo De Medici, nel leggere tutto d’un fiato, e poi rileggere metidandovi a latere più e più volte, questi canti lirici di Salvatore Miseria. Che vi sia chi fugge la giovinezza dell’oggi, rimandando lieti godimenti a un domani quanto mai incerto, è certamente spunto di lavoro per sociologi e psicologi della precarietà post-contemperanea. La poetica raccolta in “Giovane età – Un arco di tempo infinito” (edita l’anno scorso da Albatros) sintetizza efficacemente il messaggio in bottiglia scritto dall’autore: la vita è una sequenza di attimi che sì, proprio in quanto fuggenti, vanno colti, anche d’istinto e soprattutto “di cuore”; per poter poi essere ricomposti e serenamente contemplati in un mosaico il cui collante è quella “mia giovane e tormentosa età” che “non perderò finché teneramente continuerò ad amarti”. Le poesie di Miseria sono scritte con il cuore, con il calore del sangue e delle emozioni, dei sentimenti da condividere e scambiarsi il più possibile pienamente con gli altri, con la donna o la figlia amata, così come con un’alterità non più precisamente definita, con la quale si ha comunque necessità di confronto e interazione.
Ecco, le pulsioni affettive per un altro da noi ma con noi, compresi “gli amori lontani lasciati andare che non ti hanno lasciato andare” sembrano costituire il minimo comun denominatore del con-versare dell’autore con se stesso e con un interlocutore immaginario. Assieme al tema, ricorrentissimo, del tempo. Quello della giovinezza vuol essere concepito come infinito, rivitalizzato, ricostruito nel presente. Attraverso il susseguirsi delle parole, rielaborato dalla coscienza e dal ricordo in modo mai barocco e sempre costruttivo, si rimisura e si ricompone lo scorrere frammentato della vita in una realtà fatta di flussi e riflussi di momenti raccolti nel pacato e maturo contenitore del presente. Immobilizzati in una “Foto ricordo” dove le “rughe del viso” ne “abbiano sottolineato la grazia senza scalfirla”, “le labbra (…) siano ancora pronte a schiudersi al sorriso”. L’esistenza è un continuo mutare, divenire, alternarsi di esperienze, percorsi e ritorni, ricerche, stagioni, mesi in cui si affacciano le paure dell’uomo: per il dolore, la malinconia, il lutto della perdita, e soprattutto per la solitudine. Miseria ha avuto la pazienza, “seduto sul ciglio della vita” di aver visto passare la sua solitudine, “identica alle altre”, di aver potuto riconoscerla, “così smarrita”. “Ma quando le ho preso finalmente la mano/ un pianto ci ha svelato (…) che non saremmo mai stati più soli” .
Salvatore Miseria ha lavorato come oncologo ad Ancona, ma è nato nel 1951 a Raffadali, provincia di Agrigento. Per Albatros aveva già pubblicato il saggio “Pillole di filosofia galenica”. Ed anche “Giovane età” è pregna di micro-pillole di filosofia che ci invitano – come ad esempio in “A mia figlia”e in “Fermati” – a camminare, correre, attraversare, ma ad occhi sempre aperti avanti, intorno, indietro, e dentro; ma anche a fermarci ogni tanto ad ascoltare utilmente “le parole, il fruscio del vento, i silenzi della notte, perfino il frastuono della città”; a fermarci per concederci “l’abbraccio della vita (…), un attimo sospeso dove (…) per un istante, passato e presente si riconosceranno”; per poi poter liberare “dai pugni chiusi un sorriso e riprendere il cammino”.
Per informazioni sul libro: http://www.ilfiloonline.it
(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)