Quanto hanno speso nel 2016 gli italiani per i giochi d’azzardo?

UN DATO DI DIFFICILE DECRIPTAZIONE

di avv. Osvaldo Asteriti

imagesSecondo i dati pubblicati sul sito dei monopoli, la spesa pro capite nel 2016 è stata di 384 euro, dato ottenuto dividendo la spesa, cioè la raccolta meno le vincite, per i giocatori maggiori di 17 anni (sic), oltre 50 milioni di persone.

Sui più importanti quotidiani nazionali sono stati pubblicati in questi gironi i dati, ripresi da una recente ricerca, della spesa degli italiani per il gioco d’azzardo nel 2016: in media 1.587 euro, 132 euro al mese. Dato ottenuto dalla divisione della raccolta 2016, 96 miliardi di euro, per il numero degli italiani, 60 milioni, quindi con il sistema “neonati compresi”, abbandonato anche dai monopoli.

 

Gli articoli precisano però che la spesa, “l’effettivo danno economico per le vittime”, ammonta a 19,5 miliardi, dato ottenuto, come suggeriscono i monopoli, sottraendo alla raccolta le vincite conseguite dalla massa dei giocatori e quindi, stimano in 325 euro pro capite la spesa 2016, che arriva a 478 se calcolata sui “contribuenti”, meno di 41 milioni (?).

 

Mi chiedo, ma la mia è una domanda retorica, come mai la raccolta non venga più semplicemente divisa per il numero dei giocatori, ormai stimato in modo attendibile e preciso da tutti gli studi di settore, da chiunque realizzati.

 

Dividendo la raccolta per il numero dei giocatori, neonati non compresi e senza scomodare i contribuenti, dato che una parte dei giocatori sono minorenni, si ottiene una spesa media annua superiore ai 5.300 euro, ben diversa da quella ottenuta con i sistemi detti sopra.

 

Ho anche un’altra domanda. E’ evidente che il dato della raccolta è fortemente influenzato dal c.d. rigioco, cioè puntare nuovamente le piccole vincite realizzate, con l’illusoria speranza di centrare un premio vero.

 

Se un giocatore acquista un g&v da cinque euro e nel biglietto trova un “premio” da cinque euro, che naturalmente utilizzerà per acquistare un nuovo biglietto, questa volta senza premi, la domanda è: “quanto avrà speso il giocatore?”.

 

Secondo i monopoli, nell’esempio fatto, la raccolta sarà stata di 10 euro, ma la “spesa”, “l’effettivo danno economico per le vittime”, secondo gli articoli, ammonterà a 5 euro, dato ottenuto sottraendo alla raccolta, 10 euro, le vincite, 5 euro.

 

A mio modo di vedere, invece, il giocatore avrà speso esattamente 10 euro, l’ammontare della raccolta, per la semplice constatazione che i 5 euro del premio, una volta vinti, saranno entrati nel suo patrimonio e se rigiocati concorreranno a determinare la sua spesa per l’azzardo, senza avere alcuna influenza da dove arrivino.

 

Non ha senso, nel caso di un singolo giocatore, distinguere tra raccolta e spesa, ancora meno per tutti i giocatori complessivamente, se si considera che il dato delle vincite è un dato “medio” e ad esempio se un giocatore vince 100.000 euro, secondo la media, 1.000 giocatori avranno vinto 100 euro ciascuno. Ricordate i polli di Trilussa?

 

A meno che non si voglia sostenere che i premi, vinti e rigiocati, non siano soldi dei giocatori, ma prestiti temporanei dei monopoli, effettuati nella certezza di una immediata restituzione, attraverso altre puntate, senza entrare davvero nel patrimonio dei giocatori, ma assegnati con l’unica funzione di alimentare il rigioco, aumentando in tal modo anche la possibilità della comparsa della dipendenza, vero fattore critico del successo del business del gioco d’azzardo.

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