Quel giorno che cambiò l’America:l’assassinio di Kennedy

JFK, DALLAS, DOPO OLTRE MEZZO SECOLO : TANTE DOMANDE E POCHE RISPOSTE

di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Rossi-Papa- Copparoni)

22 novembre 1963, uno di quei giorni che cambiarono la storia del Mondo. Dallas, un Presidente e tanti sogni intorno al suo nome. John Fitzgerald Kennedy, un predestinato, l’uomo che con le sue idee e il volto che bucava lo schermo avrebbe dovuto cambiare gli Stati Uniti. Dopo l’assassinio, quel giorno di Dallas di oltre cinquant’anni fa, si addensano nubi di dubbi e teorie complottiste, per un’evento così drammatico ed inaspettato che la storia non vuole liquidare come “il gesto di un folle”. JFK fu colpito a morte da colpi di arma da fuoco, sparati, come accertato dalla Commissione Warren, dall’operaio, attivista ed ex militare Lee Harvey Oswald, mentre viaggiava con la moglieJacqueline, con il governatore John Connally (ferito gravemente) e sua moglie Nellie, a bordo della limousine presidenziale nella Dealey Plaza. JFK era presidente da poco più di due anni, dopo aver sconfitto il repubblicano Nixon. Per la precisione John F. Kennedy aveva prestato giuramento come 35º presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 1961 a Washington D.C. Nel suo discorso inaugurale[11], in cui parlò del bisogno di tutti gli americani di essere cittadini attivi, disse: « Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese ». In uno dei famosi discorsi della Nuova Frontiera, chiese alle nazioni del mondo di unirsi nella lotta contro ciò che chiamò “i comuni nemici dell’umanità… la tirannia, la povertà, le malattie e la guerra”. Da Dallas, gli ascoltatori locali della KLIF radio ascoltarono il primo bollettino all’incirca verso le 12.39 CST. La canzone “I have a boyfriend” del gruppo musicale The Chiffons fu interrotta e l’operatore radio Gary Delaune fece il seguente annuncio:

« Bollettino KLIF da Dallas: A quanto si dice, tre colpi d’arma da fuoco sono stati indirizzati al corteo del Presidente Kennedy oggi in centro città. Radio KLIF sta appurando le numerose notizie: restate sintonizzati »

I telespettatori della ABC-TV locale di Dallas seguivano una sfilata di abiti femminili quando improvvisamente apparve il giornalista Jay Watson, senza fiato, accorso alla stazione in Dealey Plaza:

« Buon pomeriggio signore e signori. Vogliate scusarmi se sono senza fiato, ma circa 10-15 minuti fa un tragico evento è accaduto nella città di Dallas. Lasciatemi dire questo (diede brevemente un’occhiata al foglio che teneva alla mano sinistra) e io vorrei… vogliate scusarmi se sono senza fiato. Un bollettino, proveniente dalla Sala Stampa di Dallas: il Presidente Kennedy e il governatore John Connally sono stati feriti da colpi d’arma da fuoco nel centro di Dallas »

Quelle annunciate dal giornalista Don Gardner alle 13.36 CST dalla ABC Radio network furono le prime notizie rese pubblicamente alla nazione sulla sparatoria:

« Interrompiamo questo programma per trasmettervi questo rapporto speciale della ABC Radio. C’è un rapporto speciale da Dallas, Texas. Tre colpi d’arma da fuoco hanno colpito il corteo del Presidente Kennedy oggi in centro a Dallas, Texas. Questa è la ABC Radio »

Quattro minuti dopo, il telegiornale della CBS interruppe la soap opera “As the world turns” con il primo rapporto di Walter Cronkite:

« Bollettino della CBS News, A Dallas, Texas, tre colpi d’arma da fuoco hanno colpito il corteo del Presidente Kennedy. Le prime notizie dicono che il Presidente Kennedy ha riportato serie ferite da questa sparatoria. »

Nel contempo, la ABC e la NBC interruppero le trasmissioni. Dal quartier generale a New York, la WABC-TV, diramò la sua prima notizia alle 13.42, interrompendo “Father knows best”. Tre minuti dopo, l’annunciatore televisivo Don Pardo, interruppe la sit-com “Bachelor Father” della WNBC-TV con la notizia. Intorno alle 14.00, tutti i network avevano sospeso la regolare programmazione televisiva per aggiornamenti con i maggiori dettagli che arrivavano da Dallas. L’annuncio ufficiale della morte del Presidente fu dato circa 40 minuti dopo; nessun programma regolare o commerciale fu mandato in onda fino al martedì seguente. La televisione, per la prima volta nella storia, seguì una diretta non-stop per quattro giorni. Lo stesso giorno alcune testate giornalistiche uscirono in edizione straordinaria per dare la notizia. Uno fra tanti il The Goshen News datato 22 novembre 1963 con il titolo “JFK IS DEAD!!” pubblicando quanto ancora poco si sapeva. Secondo le conclusioni dell’indagine governativa della Commissione Warren del 1963-1964, Kennedy fu colpito da un unico cecchino . Ma la versione non era poi così convincente, tanto che nel 1976, il presidente Gerald Ford si vide costretto a nominare una seconda commissione d’indagine, la United States House Select Committee on Assassinations HSCA, che presentò il risultato del suo lavoro nel 1979. La HSCA, basandosi in parte su prove acustiche, ipotizzò che vi fossero stati quattro spari concludendo che lo psicolabile Lee Harvey Oswald, due giorni dopo ucciso senza pertanto poter essere processato (e senza aver mai confessato l’omicidio di Kennedy) dal criminale con turbe psichiche Jack Ruby, potrebbe avere agito assieme ad altri. A JFK succedette il vice presidente, compagno di aprtito sconfitto alle primarie democratiche,  Lyndon B. Johnson, e fu proprio lui a formare la Commissione Warren per svolgere le indagini sul caso, con il supporto dell’FBI. Le indagini dell’FBI fornirono alla Commissione oltre 25.000 interviste, 2.300 rapporti, 553 interrogatori, e nel settembre 1964 la Commissione Warren presentò il suo rapporto finale: “Lee Harvey Oswald ha ucciso da solo il Presidente; Jack Ruby ha ucciso da solo Lee Oswald”. Ma le certezze nel corso degli anni lasciarono spazio ai dubbi su quella versione, troppo chiara e semplicistica. Centinaia di libri e film alimentarono anno dopo anno differenti teorie complottiste. Uno dei casi più celebri è quello di «JFK», il film di Oliver Stone del 1991 secondo cui il Presidente venne assassinato per volontà di un «complesso militare-industriale» che vede in lui un pacifista desideroso di chiudere quanto prima la guerra del Vietnam. Teoria questa avversata tra gli altri da Noam Chomsky, pensatore e scrittore della sinistra più radicale americana, secondo cui  al contrario Kennedy era un guerrafondaio tanto quanto i suoi predecessori. In Vietnam come a Cuba con il fallito sbarco alla Baia dei Porci, fino ai tentativi della Cia di organizzare colpi di stato in America Latina JFK ha sempre manifestato una visione imperialista e militarista. A Cuba, infatti, l’intervento degli Stati Uniti del Presidente JFK fu controverso e di rilevante impatto sugli equilibri mondiali. Il 17 aprile 1961, l’amministrazione Kennedy mise in atto una versione modificata del piano- studiato sotto l’amministrazione del suo predecessore  Eisenhower- per deporre Fidel Castro, leader socialista del governo di Cuba. Con i fratelli Kennedy, John e Robert e la supervisione di Allen Dulles della CIA, oltre al famoso tentato sbarco nella Baia dei Porci, in cui 1.500 cubani anticastristi vennero sconfitti dalle forze regolari cubane supportate dagli americani, si realizzò l’Operazione Mongoose (“piano mangusta”), nella quale terroristi di diversa estrazione effettuarono in 14 mesi 5.780 azioni terroristiche e 716 sabotaggi ad infrastrutture economiche cubane. Questi eventi portarono alla crisi dei missili di Cuba, che iniziò il 14 ottobre 1962, quando gli aerei-spia U-2 americani fotografarono un sito cubano dove era in costruzione una base missilistica sovietica. Kennedy si trovò di fronte un grosso dilemma: attaccare, col rischio di scatenare una guerra nucleare con l’URSS; non fare nulla, e sperare che non attaccassero mai da così vicino i sovietici. Kennedy scelse la strada del negoziato: dopo una settimana raggiunse un accordo con il Segretario Generale del partito comunista sovietico, Nikita Khruščёv. Questi si accordò segretamente per ritirare i missili in cambio dell’impegno degli Stati Uniti di non invadere Cuba e di ritirare i propri missili nucleari dalla Turchia. La crisi dei missili ebbe poi effetti positivi sulle trattative USA-URSS circa la limitazione dei test nucleari. Sia Kennedy che Khruščёv, consapevoli di essersi trovati sull’orlo di una guerra atomica, cercarono di diminuire le tensioni attraverso una fitta rete diplomatica e di trattative culminate con la firma del Partial Test Ban Treaty, il 5 agosto 1963. Il trattato proibiva agli Stati aderenti qualsiasi esperimento nucleare nell’atmosfera, nello spazio e sott’acqua, lasciando possibili solo i test sotterranei. E poi Kennedy fu il Presidente che volle più d’ogni altro spingere l’uomo a varcare i confini della Terra, a scoprire lo spazio. E volle che a farlo per primi fossero gli Americani. L’Unione Sovietica era più avanti degli Stati Uniti nella conoscenza dei viaggi spaziali e Kennedy era convinto che gli Stati Uniti avrebbero potuto colmare il divario. Secondo lui “nessuna nazione che aspiri ad essere alla guida delle altre può attendersi di rimanere indietro nella corsa per lo spazio” Kennedy chiese al Congresso di finanziare il Programma Apollo per oltre 22 miliardi di dollari, con lo scopo di portare un uomo statunitense sulla Luna entro la fine della decade. “Abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili”, disse Kennedy. Purtroppo non riuscì a vedere con i suoi occhi lo sbarco del primo uomo sulla Luna. 1969, ma questa è un’altra storia che JFK non poté mai scrivere né leggere.

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